Il Merge di Ethereum, ovvero il tanto atteso aggiornamento della creazione di Vitalik Butherin, è ormai alle porte e obbliga quindi molti ad interrogarsi su cosa potrebbe accadere dopo l’evento. Tra le tante domande che girano in questi giorni, ce n’è una che potrebbe avere implicazioni di grande portata, ovvero quella relativa alle conseguenze che potrebbe avere sul prezzo di Bitcoin.

Si tratta in effetti di un quesito di notevole rilevanza. Sinora abbiamo infatti guardato alle criptovalute come una sorta di estensione dell’icona attribuita a Satoshi Nakamoto, tanto che abitualmente si usa suddividere il comparto tra Bitcoin e Altcoin, ovvero coin alternativi. Con il Merge la narrazione potrebbe mutare in maniera considerevole e aprire la strada ad una fase del tutto nuova.

Se molti sembrano puntare sul cosiddetto flippening, ovvero il sorpasso al vertice della classifica di capitalizzazione da parte di ETH, addirittura alcuni osservatori si spingono a prevedere una vera e propria eclissi di BTC. Un fatto realmente clamoroso, alla luce delle tante previsioni recenti, e tale da aprire scenari di cui è difficile prevedere le possibili ricadute, anche a livello finanziario.

Merge di Ethereum: di cosa si tratta e cosa comporta

Per Merge si intende l’aggiornamento della rete Ethereum, con conseguente passaggio dall’algoritmo di consenso Proof-of-Work (PoW) al meccanismo noto come come Proof-of-Stake (PoS). Per effetto di questo evento, la blockchain di ETH diventerà molto più veloce e conveniente, anche se resta da capire se non ci saranno invece conseguenze di largo raggio sui suoi livelli di sicurezza. Se dall’interno di Ethereum si afferma che non dovrebbero esserci pericoli, più di un esperto afferma al contrario che proprio la sicurezza rappresenta il punto debole del PoS.

A questi due primi vantaggi, se ne andrà ad aggiungere un altro di grande importanza, ovvero la riduzione dei consumi di energia elettrica pari al 99,95%, almeno stando alle dichiarazioni provenienti dall’interno dell’azienda. Proprio la questione dei consumi energetici ha assunto con il trascorrere del tempo una rilevanza sempre maggiore, soprattutto dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina che ha visto l’elevazione di sanzioni nei confronti di Mosca e delle sue risorse energetiche.

Basta in effetti leggere le cronache delle ultime settimane, con le crescenti preoccupazioni su una risposta russa sotto forma di blocco ai rifornimento verso l’Europa, per iniziare a capire il legame sempre più evidente tra i consumi energetici delle criptovalute e la necessità di trovare nuovi meccanismi per fare in modo che il funzionamento della blockchain sia non solo negativo per l’ambiente, ma anche talmente costoso da scavare un solco tra un progetto e l’altro. Una differenza di costi la quale potrebbe, in ultima analisi, buttare addirittura fuori dal mercato le valute virtuali che si fondano sull’attività di calcolo per il mining, invece che sul deposito di token.

Proprio alla luce di quanto sta accadendo, il Merge di Ethereum, che pure era stato preventivato molto prima dello scoppio delle ostilità in Ucraina, si sta rivelando ancora più dirompente di quanto il gruppo di sviluppo del progetto aveva messo in preventivo. Le sue conseguenze, infatti, rischiano di rivelarsi addirittura disastrose per il Bitcoin e per tutti coloro che pure avevano puntato sull’icona crypto in qualità di oro digitale.

Il Merge di Ethereum potrebbe realmente eclissare Bitcoin?

Come abbiamo visto, quindi, i primi vantaggi delineati dal Merge si sostanzierebbero sotto forma di maggiore velocità e, soprattutto, aumento esponenziale in termini di convenienza. Già questo fatto potrebbe regalare a Ethereum una vera e propria rendita di posizione, in particolare in quel settore della DeFi (Decentralized Finance) cui la blockchain di Vitalik Butherin si rivolge espressamente.

La valutazione di questo fattore, infatti, potrebbe spingere un gran numero di investitori a dismettere un Bitcoin in caduta libera ormai da mesi per abbracciare ETH, anche in considerazione dell’accelerazione al suo prezzo che il Merge potrebbe favorire. In pratica comprare oggi per guadagnare dal previsto aumento della quotazione da parte di molti trader interessati all’affare potrebbe rivelarsi un primo duro colpo al tradizionale predominio di BTC.

C’è però un altro aspetto ancora più pericoloso, in margine al Merge. È stato un ricercatore indipendente, Kyle McDonald ad appuntare l’attenzione su questo aspetto. Secondo lui, infatti, proprio il passaggio ad un metodo di convalida delle transazioni in grado di tagliare in maniera drastica le emissioni nocive, potrebbe infine spingere le autorità di regolamentazione di ogni parte del globo a bloccare tutte le criptovalute che sono basate sul Proof-of-Work.

Una ipotesi peregrina? Non proprio, se si pensa che ormai da mesi il blocco dei Paesi nordici, capeggiato dalla Svezia, propone il bando al meccanismo di consenso su cui si basa il Bitcoin sul territorio europeo. Bitcoin il cui mining del resto è stato già espulso dalla Cina, preoccupata per le ripercussioni sul proprio piano di risanamento ambientale. Se è vero che alcuni recenti rapporti cercano di sminuire tale impatto, sembra difficile che questa ipotesi possa prevalere sulla narrazione sempre più mainstream di un BTC energivoro e pericoloso in termini ambientali.

Secondo Arcane, Bitcoin non crollerà

A smentire queste ipotesi nere, c’è però uno studio appena pubblicato da Arcane, secondo il quale la flessibilità in fase di gestione delle mining farm di Bitcoin può essere usata nel preciso intento di andare a risolvere una serie di problemi irrisolti nell’industria energetica: a partire dal gas flaring (il processo di combustione del gas naturale legato all’estrazione del petrolio) al riuso del calore generato dal mining in modo tale da poter garantire riscaldamento a imprese, uffici e abitazioni nel corso dei mesi invernali.

Una tesi la quale va ad aggiungersi a quella recentemente espressa da Daniel Batten in uno studio pubblicato di recente, secondo il quale Bitcoin potrebbe trasformarsi in un network a impatto zero. Un’ipotesi estremamente sorprendente alla luce del fatto che proprio la presenza dell’algoritmo di consenso Proof-of-Work sembrerebbe sbarrare la strada in maniera pressoché irrimediabile al suo realizzarsi.

Secondo Batten, il modo migliore per poter conseguire un obiettivo così ambizioso consiste nell’utilizzare il gas metano di scarto il quale verrebbe altrimenti rilasciato nell’atmosfera. Il processo in questione, il quale vanta già realizzazioni significative in ogni parte del mondo, riuscirebbe infatti ad abbattere l’emissione di sostanze nocive espresse dal mining di Bitcoin per un buon 63%.

Proprio di fronte a quanto sostenuto da Kyle McDonald e alla luce della sempre più evidente ostilità di una parte del mondo ambientalista nei confronti del mining basato sul PoW, balza comunque in evidenza la necessità di trovare nuove strade per il Bitcoin. Non farlo potrebbe infatti spingere i governi ad ostracizzare definitivamente l’icona crypto, con conseguenze tali da potersi rivelare disastrose per molti, a partire da quei fondi di investimento che pure hanno puntato grandi risorse sul token, pregustando un affare clamoroso. Un sogno che dopo il Merge potrebbe tramutarsi in un vero e proprio incubo.

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