La discussione sull’impatto ambientale del Bitcoin impazza ormai da anni. Com’è noto, infatti, le attività che avvengono sulla blockchain di BTC comportano l’impiego di quantitativi di energia estremamente rilevanti, con un impatto non proprio trascurabile sull’ecosistema. Se i pareri sui dati reali tendono a divergere, per la maggior parte degli osservatori tale impatto resta comunque difficile da ignorare.

Sul tema arriva ora un rapporto che sembra delineare un futuro diverso, per l’icona crypto creata da Satoshi Nakamoto. Secondo Daniel Batten, infatti, Bitcoin potrebbe trasformarsi in un network a impatto zero, ipotesi che pure sembrava impraticabile per una blockchain imperniata sull’algoritmo di consenso Proof-of-Work (PoW), notoriamente energivoro. Ipotesi la quale è peraltro suffragata dai dati del Bitcoin Mining Council, l’organismo sorto su iniziativa di Elon Musk per cercare di dare una risposta ai problemi sollevati dall’attività collegata con BTC. Andiamo quindi a vedere quanto sostenuto da Batten, per cercare di capire meglio i termini della questione.

Bitcoin a emissioni zero? In futuro potrebbe essere un’ipotesi praticabile

Azzerare le emissioni a carico dell’atmosfera collegate alle attività del Bitcoin è possibile. Questa è la tesi esplicitata da Daniel Batten in uno studio pubblicato di recente. Una tesi abbastanza sorprendente alla luce delle grandi polemiche che ormai da tempo caratterizzano la discussione sui consumi di BTC, con alcuni governi i quali sembrano intenzionati a dare seguito alle parole.

Secondo l’estensore dello studio, per riuscire nell’intento occorre utilizzare il gas metano di scarto che verrebbe altrimenti rilasciato nell’atmosfera. Il processo in questione, il quale ha già realizzazioni significative in ogni parte del mondo, abbatterebbe l’emissione di sostanze nocive espresse dal mining di Bitcoin per un buon 63%.

Per arrivare a questa conclusione, per molti versi sorprendente, Batten è andato ad analizzare i dati resi noti da alcuni vari miner di BTC i quali sono soliti utilizzare principalmente l’eccesso di gas al fine di alimentare le proprie operazioni. In particolare i dati utilizzati nella ricerca sono quelli di Crusoe Energy in Colorado, Jai Energy nel Wyoming e Arthur Mining in Brasile. Ad essi ha poi aggiunto i dati forniti da minatori i quali sfruttano i gas di scarico derivanti dai rifiuti animali, in particolare quelli operanti lungo il territorio slovacco. Proprio grazie a tali dati il risultato che ne consegue attesta in maniera inequivocabile che il Bitcoin potrebbe addirittura sfociare in un impatto positivo sull’ambiente prevenendo l’emissione di gas metano nocivo.

La tesi dello studio è in effetti sorprendente, soprattutto alla luce del modo in cui si è orientata la discussione pubblica nel corso degli ultimi mesi. L’ostracismo nei confronti del mining di Bitcoin ha avuto come punta di lancio la Svezia e gli altri Paesi del blocco nordico, ove si fa sempre più concreta l’ipotesi di un bando all’attività di estrazione dei blocchi portata avanti con il Proof-of-Work. Con un corollario di non poco conto: estendere il bando all’intera eurozona.

Una tesi sorprendente, ma non certo campata per aria

Il punto di partenza per la dimostrazione della tesi di Daniel Batten è rappresentato da un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite, secondo il quale “l’eliminazione del metano è lo strumento migliore a nostra disposizione per rallentare il cambiamento climatico nei prossimi 25 anni.” Ne consegue che utilizzando la tecnica nota come gas flaring e il consumo di biogas derivanti dai rifiuti animali, i miner in realtà stanno già fornendo un notevole contributo nella trasformazione di Bitcoin in un network a emissioni zero.

A dimostrare da un punto di vista pratico la tesi di fondo è la collaborazione instaurata da una società irlandese, Scilling Digital Mining, con gli agricoltori del Paese, tesa a minare Bitcoin utilizzando all’uopo le emissioni di biogas prodotte dai rifiuti agricoli. Proprio l’amministratore delegato dell’azienda, Mark Morton, ha lodato il lavoro portato avanti da Batten per dimostrare la capacità di BTC nella cattura di metano in eccesso.

Occorre anche ricordare un altro dato che fa capire la fondatezza della tesi in questione: un terzo delle emissioni serra prodotte in Irlanda deriva proprio dai lavori agricoli. Nel caso in cui si riuscisse a elevare al massimo lo sfruttamento dei gas in questione, non solo si darebbe un contributo nel ridurre lo stress ambientale del pianeta, ma si consentirebbe agli agricoltori interessati a generare ulteriori e preziose entrate.

Consumo della rete Bitcoin: il dato è comunque in calo

Se la tesi di Daniel Batten è non solo sorprendente, ma anche tale da indicare sviluppi inattesi, occorre al tempo stesso sottolineare come i consumi collegati alla rete Bitcoin siano comunque in calo. A rilevare questo dato è stato il Cambridge Center for Alternative Finance il quale, nel corso di due settimane di rilevazione nel passato mese di giugno ha stabilito in 10,65 gigawatt il consumo effettivo, contro il 16,09 del suo apice.

Un calo che sarebbe da attribuire alla flessione dell’hash rate, il parametro al quale spetta il compito di indicare la potenza di calcolo complessiva del network, e di conseguenza anche il suo grado di sicurezza. Dopo aver raggiunto un massimo storico di 231,428 EH/s il 13 giugno, si è verificato un calo del 13,9% nelle successive due settimane, proprio sotto questo punto di vista.

Al tempo stesso andrebbe comunque ricordato come secondo alcuni analisti, la discussione sul consumo di Bitcoin sia viziata da un vero e proprio pregiudizio nei confronti dell’icona crypto. I dati registrati a suo carico, infatti, sono comunque inferiori di ben 56 volte rispetto a quelli collezionati dal sistema bancario. Per BTC da più parti si pretende lo stop alle operazioni, mentre nel caso delle banche nessuno osa sostenere tesi così estreme. Resta da capire il motivo di questa strana miopia.

Bitcoin ha toccato il fondo?

Nel frattempo, sul fronte del prezzo di mercato, Bitcoin sembra ormai aver toccato il punto minimo, dopo le ormai famose parole pronunciate dal Presidente della Federal Reserve (FED), Jerome Powell. Dopo aver inaugurato una politica molto aggressiva nei confronti dell’inflazione, questi ha affermato il 26 agosto la sua intenzione di completare il lavoro per riportarla sotto controllo.

Parole le quali hanno naturalmente avuto riflessi notevoli sui mercati finanziari. L’intenzione di Powell è in effetti quella di agire sui tassi di interesse, anche se ciò, come da lui stesso ammesso, potrebbe causare problemi di non poco conto a famiglie e imprese.

Parole le quali, al contrario, potrebbero dare una notevole base per una prossima risalita di BTC, che potrebbe tornare ad essere considerato un bene rifugio, dopo aver perso questa reputazione nel corso dei mesi precedenti, quando ha seguito praticamente il decorso del Nasdaq 100. A confortare questo giudizio è la constatazione che i trader di asset digitali, a partire proprio dal Bitcoin, non sono solitamente abituati a resistere con freddezza ad eventuali cali dei listini. Ove questi iniziassero a flettere vistosamente, molti potrebbero tornare ad investire in criptovaluta.

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