Apple e la satira non sembrano andare molto d’accordo. Pare infatti che l’azienda di Cupertino abbia deciso di non rilasciare il nuovo album di un cantautore britannico su Apple Music perché il video di una traccia del disco contiene una parodia al da poco annunciato Vision Pro.

Il cantante in questione è Tim Arnold che, assieme all’attore Stephen Fry, ha registrato una pubblicità-parodia di un visore VR chiamato iHead per la sua canzone “Start with the Sound”, inclusa nel suo nuovo album. Apple, che a quanto pare non accetta questo tipo di pubblicità fasulle, ha deciso di bannare l’album dalla libreria di Apple Music.

Il video incriminato che ha infastidito Apple

Per l’occasione sono stati registrati due video. Il primo, visibile qui sopra e chiamato “A Commercial Break”, è una specie di pubblicità fittizia di un visore per la realtà virtuale, in cui l’attore Stephen Fry descrive le funzionalità e i vantaggi di questo prodotto futuristico che funge poi da concept principale per l’album di Tim Arnold.

Il secondo è invece il videoclip della canzone inserita nell’album, in cui il fantomatico visore iHead gioca un ruolo chiave nella narrazione. Questo tipo di parodia ha colpito un nervo scoperto per Apple, che sembra infastidita più dalla pubblicità fasulla che dai rimandi di iHead al suo Apple Vision Pro.

L’azienda ha quindi bannato l’album di Tim Arnold dal suo Apple Music, nonostante sia stato regolarmente rilasciato su altri servizi in streaming come Spotify, proponendo a Tim di pubblicare l’album sulla sua piattaforma soltanto rimuovendo la canzone incriminata. Il cantautore si è rifiutato poiché reputa la canzone essenziale nell’insieme del suo lavoro.

Questo fittizio visore chiamato iHead è stato mostrato per la prima volta nel 2019, quindi parecchio tempo prima dell’annuncio di Apple Vision Pro, ed esteticamente non ha alcuna somiglianza con il visore presentato durante la WWDC 2023. Interpellato al riguardo, il cantante ha poi riferito che in passato Apple ha approvato album che contenevano parodie al suo interno, e ha aggiunto che “le aziende tecnologiche non hanno senso dell’umorismo”.

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