La crisi in atto nel settore delle criptovalute, non a caso indicata come crypto winter, preoccupa non poco i sostenitori dell’innovazione finanziaria e le imprese del settore. Una preoccupazione del tutto logica, considerato come i vari crac che la stanno contrassegnando, a partire da quelli di Terra (LUNA) e Celsius, stanno prosciugando il portafogli di coloro che avevano investito il proprio denaro in queste strutture credendo di trarne notevole profitto.

Come è già accaduto con quella delle dot.com all’inizio del millennio, la gelata potrebbe però rivelarsi anche un notevole contributo alla chiarificazione del quadro, spazzando via gli anelli deboli della catena e lasciando sul campo solo le realtà in grado di muoversi sulle proprie gambe.

Se all’epoca fu Amazon a giovarsi dello scoppio di quella che era a tutti gli effetti una bolla, da questa crisi è lecito pensare che emergeranno trionfanti il Bitcoin e le Altcoin le quali hanno una reale validità progettuale e non si limitano a rappresentare un asset speculativo.

Oltre a questo, c’è però un altro aspetto da prendere in considerazione nella crisi in atto: le pessime notizie che ormai ogni giorno (o quasi) arrivano dai mercati stanno allontanando i trader più ingenui, quelli abituati a pensare che l’investimento sulle criptovalute o su altri asset finanziari sia in fondo un gioco, in cui basta la fortuna per diventare miliardari. Com’è noto alle persone più accorte, non è assolutamente così e soltanto il sapersi muovere sul mercato rende possibile guadagnare soldi.

Proprio questa errata percezione di quello che è il trading di asset digitali, peraltro, va a riflettersi sul comportamento di queste persone, rendendole più vulnerabili per coloro che fanno del raggiro una vera e propria arte. Il distacco di questi trader, quindi, sta prosciugando il bacino su cui hanno potuto contare a lungo i truffatori per le loro ormai proverbiali scorrerie. A rivelarlo è un recente rapporto pubblicato da Chainalysis, azienda che si occupa di analisi sul settore crypto e di sicurezza informatica. Andiamo quindi a guardare più da vicino cosa sostiene lo studio in questione.

Crisi criptovalute e truffe: lo studio di Chainalysis

Il passato 16 agosto Chainalysis ha pubblicato un rapporto intitolato “Mid-year Crypto Crime Update: Illicit Activity Falls With Rest of Market, With Some Notable Exceptions”. Tra i dati riportati occorre sottolineare quello relativo al fatto che nel corso dei primi sei mesi dell’anno in corso il bottino collezionato dai truffatori in ambito crypo è calato addirittura del 65%. In pratica, il calo riscontrato è analogo a quello fatto registrare dalla quotazione del Bitcoin.

A rendere possibile questo parallelismo è stato in particolare l’abbandono del mercato da parte degli utenti inesperti, i quali hanno percepito l’enorme aumento dei pericoli collegati all’investimento in asset virtuali, già molto elevati in momenti normali. È stato l’autore del rapporto, Eric Jardine, responsabile della ricerca sui crimini informatici di Chainalysis, a spiegare che gli investitori in criptovalute hanno maggiori probabilità di incappare nei raggiri quando i mercati si trovano in fase di rialzo. In quei momenti, infatti, i rendimenti elevati ingolosiscono chi è alla ricerca di opportunità d’investimento, fungendo da veri e propri specchietti per le allodole.

Lo stesso Jardine ha poi affermato che a falsare parzialmente i risultati sono le truffe di PlusToken e Finiko, le quali hanno caratterizzato in negativo il 2021, fruttando ai loro autori 3,5 miliardi di dollari in totale. Nel corso di quest’anno, invece, la truffa di maggior rilievo, almeno sino a questo momento, è quella legata a JuicyFields.io, la quale ha fruttato “appena” 273 milioni di dollari.

Aumentano invece gli attacchi di pirateria informatica

Se le truffe sono in sensibile calo, vanno invece nella direzione esattamente opposta gli attacchi portati avanti dagli hacker. I raid informatici, infatti, nello stesso periodo preso in considerazione hanno dato luogo ad un balzo in avanti del 58,3%, fruttando agli attaccanti un bottino pari a 1,9 miliardi di dollari. Un dato nel quale, peraltro, non sono compresi i 190 milioni di dollari fruttati dall’attacco al bridge Nomad.

A rendere possibile questo dato sarebbe in particolare, sempre a detta di Jardine, l’incremento delle applicazioni DeFi, il cui numero è cresciuto in maniera esponenziale nel corso degli ultimi mesi. I protocolli in questione, infatti, sono particolarmente vulnerabili in quanto il loro codice è open source, quindi in grado di essere analizzato per filo e per segno dagli hacker alla ricerca di possibili varchi in cui infiltrarsi.

In diminuzione sono invece i ricavi dei mercati darknet, ovvero quelli aperti nel Dark Web in cui sono portati avanti i traffici di stupefacenti, esseri umani e dati sottratti nelle scorrerie. Il dato risente in maniera molto forte della chiusura dei server della darknet russa Hydra Marketplace, operata dalle forze dell’ordine tedesche il passato 5 aprile. Non resta ora che attendere i risultati relativi alla seconda parte dell’anno per capire se le tendenze in atto saranno confermate, o meno.

Leggi ancheSicurezza informatica: attacchi hacker quasi raddoppiati secondo il Viminale