La questione relativa alla sicurezza informatica torna a far capolino nel nostro Paese, dove gli attacchi della pirateria informatica sono in forte aumento. Basta in effetti dare una rapida occhiata all’ultimo rapporto diffuso dal Viminale per capire i contorni sempre più preoccupanti del fenomeno. Nel periodo compreso tra i 31 luglio del 2021 e il primo agosto di quest’anno, infatti, gli hacker hanno inscenato 8814 raid, con una crescita nell’ordine del 78,5% rispetto ai dodici mesi precedenti.

I dati in questione sono stati pubblicati sotto forma di Dossier sui reati in Italia, a margine dell’ormai tradizionale incontro ferragostano del Comitato nazionale per l’Ordine e la sicurezza pubblica, presieduto naturalmente dal Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

Secondo l’indagine, dopo la stasi conseguente alla pandemia di Covid, i reati sono tornati a crescere in maniera significativa, come dimostrato dall’aumento di omicidi, furti e rapine nell’ordine del 12,8%. Se, naturalmente, il dato che desta maggiore preoccupazione è quello relativo all’aumento dei femminicidi, anche il dato relativo agli attacchi informatici desta non poca inquietudine. Tra di essi, infatti, rientrano anche i raid a danno di infrastrutture informatiche fondamentali, ad esempio quelle degli ospedali, che potrebbero seminare danni di grande rilievo in un momento sociale ed economico sempre più contrastato.

I dati sulla sicurezza informatica

Osservando più da vicino i dati relativi alla sicurezza informatica, il numero degli attacchi alle infrastrutture digitali che hanno provocato un alert è passato da 102.517 a 114.939, nel periodo preso in considerazione. Particolarmente intensa è stata poi l’attività di contrasto al terrorismo internazionale, in cui sono inclusi i dati relativi alle operazioni condotte da organizzazioni estremiste politiche e religiose. A fronte di un monitoraggio che ha riguardato 67.167 contenuti web, si è verificato l’oscuramento di 258 di essi.

Su un altro fronte estremamente delicato, quello della pedopornografia online, un fenomeno destinato a provocare logicamente un grande allarme sociale, le autorità preposte sono riuscite a individuare 2.595 siti, dando vita a 1.386 perquisizioni, 150 arresti e 1.212 denunce.

Sin qui i dati relativi ai reati connessi all’utilizzo di infrastrutture digitali, che possono essere considerati estremamente preoccupanti, anche alla luce del recente attacco condotto dagli hacker di Killnet a danno dei siti del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero degli Esteri. Ad aumentare l’allarme è anche un dato emerso nel corso dei mesi precedenti, ovvero quello relativo alla mancanza nel nostro Paese di figure in grado di opporsi validamente all’attività degli hacker e delle organizzazioni criminali che prosperano sul web.

In Italia mancano 100 mila esperti di sicurezza informatica

Secondo l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, struttura la quale è stata istituita nel nostro Paese nell’estate del 2021, in Italia servono almeno 100mila figure specializzate per riuscire a dare vita ad una efficace opera di contrasto all’attività dispiegata dalla pirateria informatica.

Il dato deriva da una constatazione ben precisa: l’Italia è il terzo Paese al mondo più colpito da attacchi ransomware. Mixando questo dato a quelli che sono stati diffusi dal Viminale, emerge un quadro molto preoccupante, reso ancora più evidente dalla latitanza di specialisti in grado di contrastare le attività criminali online.

In questo quadro, le aziende italiane fanno molta fatica a reperire figure in grado di ricoprire i ruoli di cybersecurity effettivamente offerti. Anche se, in definitiva, il problema non riguarda soltanto il Belpaese, se si considera che nel corso dello scorso autunno l’Agenzia per la cybersicurezza dell’Unione europea (ENISA) all’interno di un suo rapporto aveva ricordato come “nel mercato del lavoro manca personale qualificato per svolgere ruoli di sicurezza informatica e in grado di affrontare in modo sufficiente la gamma di minacce informatiche poste”.

Si tratta peraltro di un problema non facilmente risolvibile in quanto non solo latitano gli specialisti, ma quelli disponibili sono oggetto di una concorrenza spietata. Nella lotta per accaparrarsi quelli migliori, peraltro, le istituzioni pubbliche, come i governi e le banche centrali, non possono competere con il settore finanziario nel reperimento delle persone più indicate, per ovvi motivi collegati alle dinamiche salariali.

Non resta quindi che attendere i dati relativi al prossimo anno per capire se il problema sia destinato ad aggravarsi, come è facilmente prevedibile in assenza di una politica tesa a formare specialisti in un settore chiave come quello rappresentato dalle infrastrutture digitali. Alla luce della capacità di programmazione dei nostri governi e di politiche salariali costantemente al ribasso, le speranze nell’inversione della tendenza in atto sembrano destinate a restare tali.

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