Una notizia che, inevitabilmente, fa rumore nel mondo della tecnologia di consumo e della robotica domestica: iRobot, storica azienda statunitense nota soprattutto per gli aspirapolvere Roomba, ha presentato istanza di protezione fallimentare ai sensi del Capitolo 11 negli Stati Uniti e si prepara a diventare una società privata, dopo l’acquisizione da parte di Picea Robotics, suo principale produttore.

iRobot è fallita dopo un lungo calvario

La procedura è stata avviata presso il tribunale fallimentare del Delaware e rappresenta l’epilogo di un periodo particolarmente complesso per l’azienda, che già nei mesi scorsi aveva espresso forti preoccupazioni sulla continuità operativa. Alla base della crisi ci sono diversi fattori che, combinati, hanno messo sotto pressione i conti di iRobot in modo sempre più evidente.

Da un lato, la concorrenza dei produttori a basso costo, in particolare dei marchi cinesi, ha eroso progressivamente i margini, costringendo l’azienda ad abbassare i prezzi e ad aumentare gli investimenti in aggiornamenti tecnologici per rimanere competitiva. Dall’altro, i nuovi dazi statunitensi hanno avuto un impatto diretto e significativo: l’imposta del 46% sulle importazioni dal Vietnam, dove iRobot produce i modelli destinati al mercato USA, ha incrementato i costi di circa 23 milioni di dollari nel solo 2025, rendendo sempre più difficile pianificare il futuro.

I numeri raccontano bene la portata del ridimensionamento, nel 2024 iRobot ha generato ricavi per circa 682 milioni di dollari, ma il peso della concorrenza e dei costi ha compromesso la redditività; l’azienda, che nel 2021 era arrivata a una valutazione di 3,56 miliardi di dollari spinta dalla domanda esplosa durante la pandemia, oggi vale circa 140 milioni di dollari, secondo i dati di mercato.

A complicare ulteriormente la situazione c’è il debito, pari a circa 190 milioni di dollari, derivante in gran parte da un prestito acceso nel 2023 per rifinanziare le operazioni, mentre l’indagine europea sulla concorrenza bloccava la maxi acquisizione da 1,4 miliardi di dollari da parte di Amazon; dopo il naufragio dell’accordo con il colosso di Seattle e i ritardi nei pagamenti verso Picea, il produttore cinese ha rilevato il debito da un gruppo di fondi gestiti dal Carlyle Group.

Il piano fallimentare presentato da iRobot prevede ora che Picea Robotics acquisisca il 100% del capitale della società, cancellando sia i 190 milioni di dollari residui del prestito del 2023, sia ulteriori 74 milioni di dollari di debiti legati agli accordi di produzione; secondo la documentazione depositata in tribunale, tutti gli altri creditori e fornitori dovrebbero essere pagati integralmente.

Dal punto di vista degli utenti, almeno sulla carta, non dovrebbero esserci conseguenze immediate, iRobot ha dichiarato che il processo di ristrutturazione non dovrebbe compromettere il funzionamento delle app, i programmi per i clienti, i rapporti con i partner globali, la catena di fornitura né il supporto ai prodotti già in commercio, un aspetto ovviamente cruciale per chi possiede già un Roomba.

Resta comunque il peso simbolico di questa vicenda, fondata nel 1990 da tre ricercatori del MIT, iRobot aveva inizialmente operato in settori della difesa e dello spazio, prima di rivoluzionare il mercato domestico con il lancio del primo Roomba nel 2002; un successo immediato che ha portato l’azienda a detenere, ancora oggi, circa il 42% della quota di mercato statunitense e il 65% di quella giapponese nel segmento degli aspirapolvere robot.

Con sede a Bedford, nel Massachusetts, e circa 274 dipendenti, iRobot si trova ora davanti a una nuova fase della propria storia sotto il controllo di Picea Robotics. Resta da capire se questa operazione riuscirà davvero a rilanciare uno dei marchi più iconici della robotica domestica o se rappresenterà semplicemente l’inizio di un profondo cambio di identità, in un mercato sempre più affollato e competitivo.