Il futuro di iRobot, storica azienda statunitense che ha praticamente definito il concetto stesso di robot aspirapolvere con la famiglia Roomba, appare ormai appeso a un filo; dopo la rottura con Amazon e mesi di trattative dietro le quinte, l’azienda ha comunicato ufficialmente alla SEC (l’autorità statunitense che vigila sui mercati finanziari) che anche l’ultimo potenziale acquirente si è ritirato. Una notizia che segna un punto di non ritorno per un marchio che, fino a pochi anni fa, era sinonimo di innovazione domestica e leadership tecnologica.
Tempi bui all’orizzonte per iRobot
Secondo quanto riportato, l’offerta dell’ultimo compratore sarebbe stata significativamente inferiore rispetto al valore medio delle azioni iRobot registrato negli ultimi mesi, un dato che già di per sé racconta il crollo di fiducia degli investitori. Subito dopo l’annuncio, il titolo ha perso circa il 33% in una sola giornata, portando il calo complessivo del 2025 a oltre il 50%.
Si tratta di una caduta verticale per un’azienda che, nel giro di poco più di un decennio, era riuscita a portare la robotica nelle case di milioni di persone in tutto il mondo.
Il momento di svolta, in negativo, è arrivato nel gennaio dello scorso anno, quando Amazon ha definitivamente abbandonato il piano di acquisizione da 1,7 miliardi di dollari, dopo le obiezioni sollevate dalle autorità antitrust europee e statunitensi.
Il CEO di Amazon, Andy Jassy, aveva definito la decisione una storia triste, sostenendo che l’acquisizione avrebbe permesso a iRobot di rilanciarsi e competere meglio con marchi sempre più agguerriti come Ecovacs, Roborock e Anker, che negli ultimi anni hanno saputo unire qualità costruttiva, funzioni smart e prezzi accessibili.
Da allora però, per iRobot è iniziata una lenta discesa, nel tentativo di mantenere operative le linee produttive l’azienda aveva ottenuto un prestito da 200 milioni di dollari dal Carlyle Group, convinta che la fusione con Amazon si sarebbe concretizzata entro pochi mesi; ma la rottura dell’accordo ha costretto il gruppo a rinviare più volte le scadenze del credito, ben sei volte secondo i documenti ufficiali, con l’ultima proroga valida solo fino al 1° dicembre 2025.
Il problema però non è solo finanziario, nel frattempo il mercato della robotica domestica è profondamente cambiato, i nuovi modelli dei competitor integrano mappatura laser, lavaggio automatico, auto svuotamento e perfino sistemi di intelligenza artificiale per riconoscere oggetti e ostacoli.
iRobot dal canto suo, ha continuato a puntare sull’affidabilità e sul nome Roomba, ma ha faticato ad aggiornare rapidamente il proprio catalogo, finendo con il trovarsi schiacciata tra startup innovative e giganti cinesi dall’enorme capacità produttiva.
Un tempo simbolo di prestigio tecnologico, il brand oggi rischia di diventare una reliquia di un’epoca in cui i robot aspirapolvere erano ancora una novità.
Nelle ultime comunicazioni alla SEC, l’azienda ha parlato esplicitamente di serie incertezze sulla capacità di mantenere la continuità operativa oltre i prossimi 12 mesi, ammettendo che senza nuovi finanziamenti o una cessione rapida, potrebbe essere costretta a ridurre drasticamente la produzione o a ricorrere alla protezione fallimentare.
Un epilogo difficile da immaginare fino a qualche anno fa, ma oggi sempre più probabile; se non dovessero arrivare nuovi investitori (e a questo punto sembra che nessuno voglia farsi avanti) iRobot potrebbe chiudere i battenti entro la fine dell’anno.
I più nostalgici ricorderanno che Roomba non è stato solo un prodotto, ma il simbolo dell’ingresso della robotica nella vita quotidiana, un oggetto che nel suo piccolo ha cambiato il modo in cui le persone pensavano alle faccende domestiche. Ma nel mondo tech l’innovazione non aspetta, e se un tempo bastava un aspirapolvere intelligente per stupire il mercato, oggi serve molto di più, serve evolversi con la stessa rapidità con cui si muovono gli algoritmi e le tecnologie che alimentano la concorrenza.
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