Amazon continua a investire molto nella pubblicità su Prime Video, e lo fa in maniera tutt’altro che silenziosa agli occhi degli addetti ai lavori; secondo quanto emerso nelle scorse ore infatti, il colosso dell’e-commerce avrebbe raddoppiato il carico pubblicitario del suo servizio di streaming, portandolo a ben 6 minuti di spot ogni ora.
Una scelta che, come spesso accade nel mondo dell’advertising digitale, mira a massimizzare l’inventario disponibile, ma che rischia di compromettere l’esperienza utente.
Da 3 a 6 minuti, il doppio degli spot su Amazon Prime Video
Quando Amazon ha introdotto la pubblicità su Prime Video lo scorso anno, lo aveva fatto con un approccio non troppo marcato, solo 2-3 minuti e mezzo di annunci all’ora, una cifra nettamente inferiore rispetto a quella dei principali concorrenti del settore AVOD (Advertising-based Video On Demand). Ma meno di un anno e mezzo dopo il quadro è cambiato, fonti pubblicitarie e documenti interni trapelati confermano che il carico è ora salito tra i 4 e i 6 minuti ogni ora di visione.
In particolare, una comunicazione interna trapelata conferma che “il carico pubblicitario di Prime Video è gradualmente aumentato da 4 a 6 minuti all’ora“, un dettaglio rilevante considerato che questo aumento è stato condiviso con gli inserzionisti, ma mai comunicato pubblicamente agli utenti finali.
L’obbiettivo di Amazon, come spiegano diversi operatori del settore, è duplice: aumentare l’inventario pubblicitario disponibile (cioè il numero di spazi pubblicitari vendibili) e adeguare Prime Video agli standard di mercato, dove servizi concorrenti si attestano su volumi di spot comparabili.
Un’offerta più ampia consente ad Amazon di offrire prezzi CPM (costo per mille impressioni) potenzialmente più bassi agli inserzionisti, rendendo la piattaforma più appetibile per chi cerca visibilità a buon prezzo; tuttavia, la controparte del discorso riguarda ovviamente gli utenti, più spot equivalgono a un’esperienza di visione più frammentata, che potrebbe portare a una diminuzione del gradimento, della tolleranza agli annunci e, nel peggiore dei casi, all’abbandono della piattaforma.
Come evidenziano alcune agenzie, gli attuali CPM di Prime Video si posizionano a metà strada tra quelli delle piattaforme AVOD premium e quelli più popolari, un compromesso che potrebbe diventare interessante per molte aziende, soprattutto in un periodo in cui i budget pubblicitari tendono a ridursi e l’efficienza è più importante della portata.
Ma c’è anche il rovescio della medaglia, misurare le performance degli annunci su Prime Video non è semplice perché Amazon effettua misurazioni solo all’interno del proprio ecosistema, rendendo difficile per gli inserzionisti confrontare i dati con altre piattaforme come YouTube, Netflix o Disney+.
È chiaro dunque che Amazon ha una strategia ben definita, allargare l’inventario pubblicitario, potenziare gli strumenti per marketer e posizionare Prime Video come una piattaforma pubblicitaria di alto livello all’interno del suo vasto ecosistema; ma come sempre accade nel mondo dello streaming, soprattutto quando entra in gioco la pubblicità, il vero punto critico sarà trovare il giusto equilibrio tra la monetizzazione e l’esperienza utente.
Finché il carico pubblicitario rimarrà sotto controllo e finché le performance reggeranno, gli investimenti pubblicitari continueranno ad arrivare; ma se la tolleranza degli spettatori inizierà a vacillare e i risultati caleranno, la reazione del mercato sarà immediata.
Vale la pena ricordare che, nonostante il recente aumento, Prime Video resta ancora molto lontana dai livelli della televisione tradizionale, dove gli spot arrivano anche a 13-16 minuti ogni ora; tuttavia, Prime Video è un servizio a pagamento e bisognerà attendere per scoprire se Amazon continuerà a testare quanto è possibile spingersi oltre, senza far perdere appeal alla propria piattaforma.
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