Tra i creatori di Zcash, una delle più note (e controverse) privacy coin, c’è anche Edward Snowden. La notizia, che è effettivamente clamorosa, sta circolando in queste ore dopo il rilascio di un video il quale spiega in maniera dettagliata cos’è accaduto nel 2016, anno in cui il token è stato ideato.

Per farlo, l’informatico, attivista e whistleblower statunitense noto per aver denunciato pubblicamente i dettagli relativi ad una serie di programmi segreti messi in atto dalla NSA (National Security Agency) al fine di operare una sorveglianza di massa sui governi di Stati Uniti e Gran Bretagna, ha usato lo pseudonimo di John Dobbertin.

Andiamo però a esaminare con attenzione le dichiarazioni dei protagonisti della vicenda, proprio alla luce della sua ormai riconosciuta importanza ricoperta da Snowden agli occhi dell’opinione pubblica globale.

Il ruolo di Edward Snowden nella creazione di Zcash

Edward Snowden, l’ex appaltatore della difesa statunitense che ha contribuito con le sue denunce a portare all’esame dell’opinione pubblica mondiale il problema relativo alla sorveglianza portata avanti su Internet, ha svolto un ruolo chiave e segreto nella creazione di Zcash (ZEC), una delle principali monete virtuali orientate alla riservatezza degli utenti.

È stato lo stesso Snowden a renderlo pubblico, in un video che sta circolando e destando grande curiosità. Il documento è opera di Zcash Media, l’azienda cui è stato affidato il compito di produrre materiale relativo al progetto in modo da aumentarne la popolarità.

A rendere possibile la divulgazione della notizia è stato un accordo con Zooko Wilcox, uno dei creatori della privacy coin, in cui Snowden ha chiesto anche che fosse reso pubblico il fatto che per partecipare al varo di Zcash non ha avuto alcun beneficio di tipo economico.

Anche Julian Assange avrebbe dato il suo contributo

Peter Todd ha raccontato le fasi convulse che hanno condotto alla creazione del protocollo, tali da assomigliare ad un vero e proprio spy movie. A renderlo tale anche l’accenno alla partecipazione al procedimento di un’altra figura di grande rilievo agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, ovvero quel Julian Assange che gli Stati Uniti stanno cercando di estradare dalla Gran Bretagna, nonostante la formazione di un vastissimo fronte di oppositori.

Proprio Assange, in quei giorni del 2016 asserragliato all’interno dell’ambasciata ecuadoriana a Londra, sarebbe stato interpellato da Zooco Wilcox fornendo i suoi consigli per cercare di implementare al massimo i livelli di privacy del progetto.

Un dettaglio destinato naturalmente a rendere ancora più affascinante il resoconto dettagliato fornito da Todd, il quale sembra tratto di peso da un romanzo di John Le Carrè o Tom Clancy, ma che non dovrebbe stupire eccessivamente, se solo si pensa alle dichiarazioni rilasciate qualche anno fa da Natalya Kaspersky.

La cofondatrice dell’omonima casa di cyber-security russa, infatti, nel corso di una presentazione alla ITMO University di San Pietroburgo, in Russia tenuta nel 2018, affermò che il Bitcoin non sarebbe altro che un progetto delle agenzie di sicurezza statunitensi, a partire dalla CIA, per poter finanziare le proprie attività estere senza dover necessariamente passare per il potere politico. Una interpretazione tale da spiegare peraltro la pratica scomparsa del suo ormai leggendario (o mitico?) fondatore, Satoshi Nakamoto.

A proposito di Zcash

Zcash, come abbiamo già ricordato, è una delle più note privacy coin, insieme a Monero e Dash. In pratica, il protocollo prevede la possibilità di eseguire due tipologie di transazioni, ovvero:

  • transparent, la quale ne consente la visualizzazione sulla blockchain pubblica, come quelle che vengono eseguite tramite utilizzo di Bitcoin;
  • shielded, con la pratica schermatura effettuata grazie al passaggio in un privacy pool tale da rendere praticamente impossibile impossibile riuscire a risalire al mittente e al destinatario del movimento di denaro effettuato.

Proprio questa caratteristica rende Zcash particolarmente adatto alle operazioni illegali che avvengono ogni giorno sul Dark Web, ovvero la parte più nascosta di Internet. I traffici di armi, stupefacenti ed esseri umani necessitano infatti di elevatissimi livelli di riservatezza, per impedire l’intervento delle forze dell’ordine e Zcash sembra rispondere perfettamente ai requisiti necessari per lo scopo.

Resta naturalmente da capire se anche per il token in questione le stesse autorità di pubblica sicurezza non decideranno di adottare la tattica già utilizzata con successo per contrastare Monero e infrangerne il funzionamento. Nel caso di XMR, infatti, le agenzie statunitensi delegate al contrasto delle attività criminali che avvengono sul web hanno deciso di garantire una ricompensa a favore di chiunque sia in grado di distruggerne i meccanismi orientati alla privacy.

In particolare è stato l’Internal Revenue Service (IRS) a offrire ben 625mila dollari a chi è in grado di violarne la privacy e a tracciare le transazioni sul Lightning Network di Bitcoin. Dopo l’offerta si è scatenata una vera e propria corsa alla taglia, cui hanno preso parte decine di società impegnate nel settore della cyber-sicurezza.

Una gara vinta da una società del Texas, la Integra FEC, la quale è riuscita a risolvere il “codice Monero” in concorso con Chainalysis, l’azienda nota per il suo operato teso ad analizzare i dati provenienti dalle svariate blockchain attive in ogni parte del globo.

Ora, quindi, non resta che cercare di capire se lo stesso schema sarà adottato nei confronti di Zcash. Ove ciò accadesse, non stupirebbe eccessivamente, soprattutto alla luce dell’aperta avversione delle agenzie statunitensi nei confronti di Snowden (e di Assange).

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