Quasi un cittadino britannico ogni cinque possiede criptovalute. Ad attestare il dato è l’ultimo rapporto elaborato a cura dell’exchange Gemini, dal quale scaturirebbe un altro dato molto interessante, quello relativo alle donne le quali avrebbero investito in denaro virtuale, con un raddoppio nei confronti della precedente rilevazione.
L’indagine ha avuto come base un campione formato da circa 2mila persone e il 18% ha risposto positivamente alla domanda relativa al possesso di cryptocurrencies. Si tratta in effetti di una notevole crescita rispetto all’anno precedente, quando solo la metà degli stessi interpellati che lo hanno fatto deteneva Bitcoin o Altcoin.
Dati tali da spingere Blair Halliday, responsabile di Gemini per il mercato del Regno Unito a dichiarare il 2021 come un vero e proprio anno di svolta, dal quale l’intero settore esce indubbiamente più forte.
I risultati dello studio
Tra i tanti dati contenuti all’interno dello studio condotto da Gemini spicca quello relativo al fatto che il 37,1% di coloro che hanno investito detiene tra i 1.000 e i 5mila euro in asset criptati, mentre il 40,9% detiene in media meno di 1.000 euro di investimenti.
Nel primo segmento sono proprio le donne a costituire più della metà del totale (53,4%). Mentre è ancora limitato il numero di coloro che hanno deciso di dare luogo ad investimenti più corposi: il 22,1% di tutti gli investitori in dichiara infatti di avere più di 10mila euro investiti in asset virtuali.
Altro motivo di interesse è quello relativo al dato suddiviso per classi d’età. Il 27,5% è formato da persone tra i 18 e i 24 anni, il 33,1% tra i 25-34 e il 24,2% sarebbe compreso nella fascia tra 35 e 44 anni.
Il dato decresce con l’avanzare dell’età, tanto che il 20% rappresenta coloro che sono interessati agli investimenti in criptovalute nella fascia d’età 45-54, mentre appena il 16,7% ha più di 55 anni. A conferma di quanto era prevedibile: a optare per l’innovazione finanziaria è la fascia più dinamica dei consumatori, quella più avvezza alle nuove tecnologie e, di conseguenza più ricettiva verso tutto ciò che sa di nuovo.
Cresce anche il resto del globo
Una analoga ricerca è stata poi condotta da Gemini nel resto del mondo, con risultati i quali vanno in fondo a confermare il dato britannico. Quasi la metà di coloro che investono in criptovaluta ha iniziato a farlo nel corso degli ultimi dodici mesi. In questo caso l’analisi ha avuto come base un campione formato da 30mila persone residenti in ogni parte del globo, nel periodo compreso tra novembre 2021 e febbraio 2022.
A fare da traino nei confronti del resto del mondo sono il Brasile e l’Indonesia. In questi due Paesi, infatti, addirittura il 41% degli interpellati ha risposto positivamente al quesito riguardante il possesso di asset digitali. Un dato pressoché doppio se paragonato al 20% riscontrato negli Stati Uniti e al 18% del Regno Unito.
Sembra quindi che, almeno a giudicare da questi dati, siano i Paesi in via di sviluppo a dimostrarsi più ricettivi in tema di innovazione finanziaria. Un dato sul quale anche le aziende operanti nel settore dovranno riflettere nell’immediato futuro.
Criptovalute e inflazione
Un dato molto interessante del rapporto è poi quello relativo al convincimento che le criptovalute possano essere uno strumento contro l’inflazione. Come tali, infatti, le stesse sono da tempo state individuate in Paesi come l’Argentina, il Venezuela o la Colombia, dai lavoratori a reddito fisso intenzionati a non vedersi mangiare le già scarne risorse dalla subitanea caduta del valore di acquisto delle valute fiat che affligge gli stessi.
Gli stessi indonesiani, stavolta in concorso con gli indiani, guidano il drappello di coloro i quali individuano nelle criptovalute un modo efficace di tenere botta nei riguardi nell’inflazione, un fenomeno che torna a fare paura in presenza del conflitto tra Russia e Ucraina.
Addirittura il 64% degli interpellati in questi due Paesi asiatici afferma di avere fiducia nel fatto che Bitcoin a Altcoin possano aiutare non poco a preservare il proprio denaro, anche se virtuale, dalla svalutazione che torna a colpire anche in economie solide come quelle occidentali. Un convincimento il quale sconfigge anche il timore per le ormai proverbiali oscillazioni delle quotazioni che caratterizzano le monete virtuali.
Lo stesso convincimento il quale, però, non sembra però penetrare negli Stati Uniti e nell’eurozona. In questi casi solo il 16 e il 15% affermano la propria convinzione nell’efficacia deflattiva degli asset virtuali. Proprio questo dato contribuisce a spiegare come mai appena il 17% degli europei dichiari il possesso di criptovalute. Un dato che sembra destinato a migliorare di poco nell’immediato futuro, considerato come solo il 7% degli stessi afferma l’intenzione di dotarsene prossimamente.
In definitiva, sembra proprio che la sospirata adozione di massa del denaro digitale sia destinato a passare da altri lidi.
Leggi anche: Criptovalute e dichiarazione dei redditi: quello che occorre sapere
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