Nel dibattito sempre più forte sulle criptovalute si vanno ad inserire ora anche Environmental Working Group (EWG) e Greenpeace USA, che hanno deciso di rendere noto il loro orientamento sul tema. Lo hanno fatto peraltro in maniera molto articolata, destinata quindi ad incidere in maniera rilevante sulla discussione.

In particolare, il loro parere è favorevole agli asset digitali, ma non all’algoritmo di consenso Proof-of-Work, ovvero il modello decisionale su cui si fondano Bitcoin a molti altri progetti crypto, indicato come potenziale base di problemi ambientali di grande portata.

Il parere delle due associazioni è stato espresso in un appello rivolto al Presidente statunitense Joe Biden e ai componenti del Congresso. Andiamo quindi a vedere più da vicino il succo del documento e perché non va considerato come un attacco tout court all’innovazione finanziaria, ma solo ad una ben precisa parte, reputata con tutta evidenza pericolosa a livello ambientale.

L’appello di EWG e Greenpeace USA

Parere positivo sulle criptovalute, con l’eccezione del meccanismo di consenso Proof-of-Work: questo è il punto di vista di Environmental Working Group e Greenpeace USA sul tema dell’innovazione monetaria e finanziaria.

Il punto chiave dell’appello in questione è da ravvisare in particolare all’interno di questo breve passaggio: ” La catastrofe climatica affligge ogni aspetto della nostra vita. EWG intende parlare di criptovalute perché il modo in cui le andiamo a creare ha un impatto significativo sul clima.”

EWG è quindi estremamente chiara nella sua analisi. L’intento non è quello di proporre un bando nei confronti delle criptovalute, quanto invece di mettere in campo una sorta di moral suasion relativa proprio al “proof-of-work“ (PoW), il sistema di convalida da parte dei nodi della blockchain che è attualmente utilizzato non solo da Bitcoin, ma da gran parte delle valute virtuali esistenti.

Un assist al Proof-of-Stake

Dalla posizione esplicitata nell’appello a Biden e Congresso discende quindi una implicazione di non poco conto: il parere negativo non riguarda i progetti incentrati sull’algoritmo “Proof of Stake” il quale distingue alcuni nuovi progetti e verso il quale si sta indirizzando Ethereum, che dovrebbe convertirsi ad esso entro l’anno in corso.

Un distinguo il quale si sta facendo sempre più largo a livello globale, se si pensa come anche nella discussione sul MiCA (Markets in Crypto Assets), il nuovo regolamento sulle criptovalute cui si dovrebbe adeguare nel corso dei prossimi anni l’eurozona, sia emerso un emendamento contrario al mining portato avanti in questo modo, per poi essere espulso in sede di dibattito.

Un orientamento destinato però a restare sulla scena nella classica veste di convitato di pietra, alla luce delle richieste dei Paesi nordici relativa alla messa al bando di un modo di produrre asset virtuali considerato con tutta evidenza nocivo nei confronti dell’ambiente, anche sulla base dei report disponibili.

Perché la contrarietà al Proof-of-Work?

La differenza in termini di consumi energetici tra le crypto di nuova generazione basate sul Proof-of-Stake e quelle che hanno preso a modello BTC e il suo PoW sono troppo marcate. Tanto da indurre EWG e Greenpeace a chiedere a gran voce che gli oltre 130TWh annui consumati con il mining del Bitcoin possano essere sfruttati per progetti reputati più utili per la società.

Si tratta di una presa di posizione destinata a pesare non poco, nell’immediato futuro. Non solo per quanto riguarda gli orientamenti della politica, ma anche in relazione alle quotazioni di mercato. Se dovesse formarsi una consapevolezza contraria ad un Bitcoin reputato nocivo per l’ambiente e favorevole a un Ethereum ecofriendly, non sarebbe difficile immaginare un vero e proprio terremoto in termini di prezzi.

Proprio le due associazioni, peraltro, non si nascondono dietro al non detto. Anzi, invitano gli investitori a virare verso le nuove criptovalute, in grado di garantire un impatto ambientale immensamente meno pesante rispetto a quello che attualmente caratterizza il PoW. Una scelta indicata come premiante non solo in termini etici, ma anche di puro e semplice profitto.

Ove ciò avvenisse, si verrebbe a formare un quadro del tutto nuovo rispetto all’attuale, che vede il valore di mercato di Bitcoin attestato intorno ai 907 miliardi di dollari, contro i circa 414 di ETH. Un nuovo panorama nel quale non sarebbe più impossibile il sorpasso in vetta alla classifica, il quale sembrava una ipotesi semplicemente scolastica sino a qualche tempo fa.

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