L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha approvato nuove linee guida che cambiano radicalmente l’organizzazione delle interfacce Smart TV, set-top-box e dongle connessi a Internet. L’intenzione di queste è concedere maggiore “prominenza” ai servizi di interesse generale (SIG), ovvero ai tradizionali canali televisivi e radiofonici italiani, in un contesto ormai sempre più dominato dalle piattaforme di streaming.

In altre parole, l’icona “Canali TV” nella schermata principale delle smart TV non basterà più ma i produttori dovranno integrare un carosello con link diretti ai principali network nazionali e locali, oltre che nuove sezioni dedicate alle radio. Scopriamo le nuove linee guida in dettaglio.

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AGCOM e le nuove linee guida per tutelare la TV tradizionale

AGCOM descrive questa decisione come un passo necessario per “assicurare la visibilità dei servizi radiotelevisivi di interesse generale”, ma la scelta viene già interpretata come una risposta alle piattaforme di streaming, che oggi dominano le schermate iniziali dei televisori connessi.

Già nel 2024, con la delibera n. 390/24/CONS, l’Autorità aveva introdotto l’obbligo di includere un accesso visibile ai canali del digitale terrestre. Tuttavia, quella misura si limitava a un’unica icona, “Canali TV”, e a un telecomando secondario con tastierino numerico per la selezione diretta. Le nuove linee guida vanno ben oltre e richiedono la presenza esplicita dei loghi dei principali broadcaster italiani direttamente nella home screen dei dispositivi.

I nuovi obblighi per Smart TV e dispositivi connessi

Secondo il comunicato ufficiale dell’AGCOM, le interfacce dei dispositivi dovranno ora includere un’apposita sezione o “rail” con:

  • le icone dei cinque fornitori nazionali dei SIG distribuiti online: RAI, RTI (Mediaset), La7, Sky Italia e Warner Bros. Discovery Italia;
  • un’icona “TV locali” per accedere ai servizi distribuiti a livello regionale;
  • un’icona “Nazionali” che raccolga altri SIG di ambito nazionale;
  • un’icona “Radio” per accedere ai servizi radiofonici online e fruibili sugli schermi TV.

In sostanza, gli Smart TV dovranno riservare un blocco visibile e navigabile in cui compariranno i principali network e una serie di scorciatoie per le emittenti minori.

Le nuove regole riformulano e ampliano gli obblighi introdotti nel 2024, specificando con chiarezza quali canali fanno parte dei SIG. Tuttavia, resta ancora da chiarire quando entreranno effettivamente in vigore, poiché l’elenco ufficiale dei SIG non è ancora stato pubblicato sul sito di AGCOM.

In base al testo originario, gli obblighi sarebbero dovuti scattare dodici mesi dopo la pubblicazione dell’elenco, ma al momento non esiste una data certa.

AGCOM ha inoltre deciso di classificare come SIG anche tutte le radio italiane trasmesse in FM e DAB+, sottolineando il loro ruolo “di servizio pubblico universale, robusto e gratuito, utile anche in situazioni di emergenza o crisi”.

La decisione di AGCOM mira a impedire che i contenuti televisivi lineari perdano completamente spazio sulle schermate d’avvio, oggi dominate da Netflix, Prime Video, Disney+ e YouTube.

Secondo l’Autorità, la presenza di scorciatoie dedicate ai canali nazionali e locali garantirà agli utenti una maggior facilità di accesso ai contenuti di pubblico interesse, preservando il pluralismo dell’offerta mediatica.

Tuttavia, la misura non manca di suscitare perplessità tra gli osservatori del settore, che la considerano una “battaglia di retroguardia” in un contesto in cui lo streaming è ormai la principale forma di consumo audiovisivo del pubblico. Alcuni produttori temono anche un impatto negativo sull’esperienza utente, dovendo adattare le interfacce a vincoli imposti per legge.

Il nuovo comunicato AGCOM parla di “nuove modalità di implementazione delle misure per garantire rilievo ai SIG”, ma non specifica se queste includano anche il settore automotive. Il dettaglio sarà chiarito solo con la pubblicazione del testo completo.

Tra tutela pubblica e libertà di mercato

Con queste nuove direttive, AGCOM cerca di bilanciare l’innovazione tecnologica con la tutela dei media tradizionali, garantendo che le emittenti nazionali e locali restino accessibili anche nell’era delle piattaforme on-demand.

Resta da vedere se questo intervento riuscirà davvero a rafforzare la posizione dei canali storici o se finirà per essere percepito come un’imposizione burocratica su un mercato globalizzato e dominato dai servizi digitali, ormai la scelta prioritaria, se non l’unica, dei nuovi telespettatori.