In occasione della pubblicazione degli ultimi risultati trimestrali, migliori del previsto, Apple ha chiarito alcuni aspetti riguardo al suo piano per ridurre la propria dipendenza dall’industria manifatturiera cinese, questione diventata più urgente in seguito all’introduzione degli elevati dazi sui prodotti importati dalla Cina imposti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Nello specifico, Tim Cook, l’amministratore delegato di Apple, ha detto che la maggior parte degli iPhone destinati alla vendita negli Stati Uniti (prossimamente) arriveranno dall’India, mentre dal Vietnam quasi tutti gli iPad, Mac, Apple Watch e AirPods.

Apple cresce e continua a ridurre la sua dipendenza dalla Cina

Eludere la rocambolesca e incerta politica sui dazi di Trump è una questione urgente per Apple, come lo è anche ridurre la dipendenza dalla Cina, questione molto meno recente perché da tempo l’azienda sta cercando di spostare la produzione di iPhone dalla Cina, che rappresenta ancora oggi la più grande forza mondiale dell’industria manifatturiera. Ancora oggi infatti circa il 90% degli iPhone venduti nel mondo proviene dalla Cina, dove vengono assemblati negli stabilimenti di Foxconn e Luxshare.

Da qualche anno Apple ha tuttavia iniziato a puntare su altri mercati, come India e Vietnam, reputati più stabili e meno soggetti alle ingerenze politiche, Paesi in cui l’azienda sta investendo molto proprio per diversificare geograficamente la propria produzione e tutelarsi più facilmente in caso di eventuali problemi che potrebbero mettere in pericolo la propria attività produttiva, come appunto questioni politiche, pandemie o altro.

Lo ha confermato Cook stesso, dicendo che sarà presto l’India il Paese principale da cui verranno importati gli iPhone negli Stati Uniti e il Vietnam per gli altri dispositivi hardware dell’azienda: computer, cuffie, smartwatch e tablet; la Cina continuerà tuttavia a essere il principale Paese di origine della stragrande maggioranza dei prodotti venduti al di fuori degli Stati Uniti. Perché spostare la produzione dalla Cina verso altri Paesi richiede tempo e grossi investimenti; nonostante i 500 miliardi di dollari annunciati lo scorso febbraio, resta comunque un’utopia trumpiana produrre i propri dispositivi sul suolo statunitense, come noto.

Per ora, lo scompiglio causato dalla politica sui dazi di Trump non ha avuto conseguenze negative sulle vendite di Apple, che nei primi tre mesi del 2025 ha fatto sapere di aver aumentato del 5% i ricavi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, aumento trainato soprattutto dal settore dei servizi (tra cui Apple Music e l’App Store) ma anche dagli iPhone, che hanno ottenuto un +2% su base annua.

Nonostante la decisione di Trump di risparmiare i prodotti elettronici dai dazi sulle importazioni cinesi, Apple prevede comunque di dover spendere per questo circa 900 milioni di dollari nel trimestre in corso, costi che potrebbero tuttavia cambiare in base ai futuri ed eventuali sviluppi della guerra commerciale in corso, ancora indefinita.

In seguito alla pubblicazione degli ultimi risultati trimestrali e di queste stime sull’impatto dei dazi, gli investitori sono tuttavia sembrati sollevati dal fatto che Apple dovrà spendere così poco: 900 milioni sono spiccioli per un’azienda valutata oltre 3000 miliardi di dollari. Tuttavia, alla domanda su come potrebbero cambiate le tariffe per Apple nei prossimi mesi, Cook ha risposto: «Non voglio prevedere il futuro, perché non sono sicuro di cosa accadrà con le tariffe».

L’immagine di copertina è una foto di Medhat Dawoud su Unsplash