Negli ultimi giorni si è scatenato un vero e proprio polverone sui social network riguardo al presunto utilizzo dei documenti Office da parte di Microsoft per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale. La notizia ha fatto il giro del web creando non poco scompiglio tra gli utenti, ma il colosso di Redmond è intervenuto tempestivamente per fare chiarezza sulla vicenda.
Microsoft fa chiarezza sui documenti Office: non vengono utilizzati per addestrare l’IA
Ma andiamo con ordine. Tutto è nato da alcune segnalazioni relative a un’impostazione presente nelle applicazioni Microsoft 365 (ex Office 365) chiamata “esperienze connesse opzionali“. Questa opzione, attiva di default, aveva fatto pensare a molti che l’azienda stesse silenziosamente utilizzando i documenti degli utenti per “nutrire” i suoi sistemi di IA.
A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci si era messo anche un documento tecnico pubblicato da Microsoft stessa lo scorso ottobre, nel quale si parlava in modo piuttosto vago di funzionalità in grado di “analizzare i contenuti” degli utenti. Come potete immaginare, in un periodo storico in cui il tema dell’intelligenza artificiale è caldissimo, questa terminologia non proprio cristallina ha scatenato un effetto valanga sui social.
La risposta di Microsoft non si è fatta attendere ed è stata categorica: i dati degli utenti di Microsoft 365 non vengono utilizzati in alcun modo per addestrare i modelli linguistici di intelligenza artificiale. L’azienda ha specificato che l’opzione incriminata serve semplicemente per attivare funzioni che richiedono una connessione internet, come la ricerca di immagini online o la possibilità di collaborare in tempo reale sui documenti.
In the M365 apps, we do not use customer data to train LLMs. This setting only enables features requiring internet access like co-authoring a document. https://t.co/o9DGn9QnHb
— Microsoft 365 (@Microsoft365) November 25, 2024
Non è la prima volta che assistiamo a un caso del genere nel mondo tech. Solo qualche mese fa Adobe si era trovata in una situazione analoga, quando i suoi termini di servizio erano stati male interpretati facendo pensare che l’azienda utilizzasse i lavori degli utenti per addestrare le sue IA generative. Anche in quel caso era stata necessaria una veloce correzione dei termini per placare gli animi della community.
La vicenda Microsoft ci fa riflettere su quanto sia diventato scottante il tema della privacy dei dati in relazione all’intelligenza artificiale. E non si può dare torto agli utenti: mentre aziende come Meta (ex Facebook), X (ex Twitter) e Google hanno apertamente dichiarato di utilizzare i dati degli utenti per l’addestramento delle IA (con tanto di opt-out automatico), altre realtà tech preferiscono mantenere un approccio più cauto e trasparente.
Possiamo tirare un sospiro di sollievo: i nostri documenti Word, Excel e PowerPoint non finiranno in pasto agli algoritmi di Microsoft. Resta comunque importante mantenere alta l’attenzione su come le big tech gestiscono i nostri dati, specialmente in questa nuova era dominata dall’intelligenza artificiale.
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