La regolamentazione delle criptovalute sembra ormai essere diventato un nodo centrale per i governi di ogni parte del globo. Non dovrebbe quindi stupire eccessivamente il fatto che il tema farà capolino anche al G20 che si sta tenendo a Washington, dopo che che l’organismo di consultazione internazionale formato dai ministri delle finanze e dai governatori delle banche centrali dei 20 paesi più industrializzati del mondo ha incaricato l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) di elaborare un progetto in tal senso.

Il risultato del lavoro compiuto si è tradotto nel Crypto Asset Reporting Framework (CARF), un documento di 100 pagine, il quale sarà esaminato insieme agli emendamenti suggeriti al Common Reporting Standard (CRS). Presentato nel mese di agosto, il lavoro ha provato a dare una definizione organica delle criptovalute e dei Non Fungible Token (NFT), offrendo inoltre un piano per la rendicontazione internazionale automatica degli asset digitali e disposizioni per il trading di derivati ​​​​con gli stessi.

Il CRS, in buona sostanza, è stato redatto con il preciso intento di stabilire un quadro di regole tale da prevenire per quanto possibile i fenomeni di evasione ed elusione fiscale a livello internazionale. La stessa OCSE, però, ha dichiarato che esso non va per il momento a coprire le valute virtuali, aumentando le probabilità che queste ultime possano essere utilizzate proprio per riuscire a sottrarsi al radar delle autorità fiscali.

Gli Stati Uniti potrebbero sottrarsi all’applicazione del Common Reporting Standard?

Le modifiche che sono state proposte dall’OCSE al CRS vanno anche a toccare un altro tema di stretta attualità, quello rappresentato dalle Central Bank Digital Currency (CBDC). Si tratta quindi di un quadro di regole che puntano ad armonizzare i provvedimenti presi dai vari Paesi per riuscire infine a dare una cornice coerente in cui dovrebbero muoversi tutti i soggetti interessati.

Nel corso delle ultime ore, però, proprio in tal senso è emersa una novità di non poco conto, ovvero quella relativa alla possibilità che gli Stati Uniti potrebbero decidere di sottrarsi al CRS. Il motivo è stato spiegato all’interno di un post pubblicato sul blog di Coinbase, in cui si afferma che Washington provvederà a creare le proprie regole fiscali in ambito crypto all’interno dell’Infrastructure Investment and Jobs Act.

Va d’altro canto osservato che proprio gli Stati Uniti hanno visto nel corso degli ultimi anni l’intensificarsi dell’attività di vigilanza sull’innovazione finanziaria da parte della Securities and Exchange Commission (SEC), culminata nella causa contro Ripple che ha sollevato notevole clamore, spingendo alcune autorità del settore crypto ad accusare l’autorità di voler stroncare ogni possibile alternativa al dollaro tradizionale.

In definitiva, quindi, le autorità statunitensi potrebbero decidere di dare una risposta ancora più dura ai fenomeni distorsivi di un mercato, quello degli asset virtuali, che soltanto di recente è stato rivalutato grazie all’ordine esecutivo con cui Joe Biden li ha proclamati come un settore fondamentale per l’interesse nazionale, insieme al dollaro digitale.

Per le criptovalute potrebbe essere l’inizio di una nuova era

Nonostante questa importante eccezione, comunque, il lavoro svolto sin qui potrebbe segnare un notevole avanzamento rispetto alla situazione esistente, paragonata da alcuni osservatori al selvaggio West. Il quadro proposto e gli standard sottoposti a modifica sembrano comunque sufficienti per dare finalmente regole certe e accettate a livello internazionale, tali da impedire il ripetersi di vicende come quella che ha interessato di recente Do Kwon, l’imprenditore sud-coreano al centro del crac di Terra (LUNA), ricercato al momento dall’Interpol. O come quella che ha visto al centro Michael Saylor, e Microstrategy, accusato di frode fiscale dal procuratore generale degli Stati Uniti.

L’augurio è naturalmente che il ripetersi di episodi di questo genere sia reso impossibile da un quadro armonico di leggi tale da non lasciare margini di manovra a chi sia intenzionato a usare le criptovalute per sottrarre risorse al fisco. Il G20 potrebbe rivelarsi un passo fondamentale in questa ottica, a prescindere dalle decisioni degli Stati Uniti, anche in considerazione del fatto che già l’Unione Europea si sta avviando verso il varo di una legislazione in tal senso.

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