Sembra essere finalmente arrivata all’epilogo la triste vicenda di Mt. Gox, il più famoso exchange dell’epoca fallito nel 2014 dopo una lunga serie di attacchi hacker i quali ne avevano prosciugato i conti. Una vicenda andata avanti per anni nelle aule di tribunale e sulla quale continuano a pesare i dubbi di chi ritiene si sia trattato di nulla di più che una classica truffa.
La notizia arrivata da poco ha tutti i crismi dell’ufficialità: il prossimo 15 settembre avranno inizio i sospirati rimborsi per tutti coloro i quali persero il capitale custodito nei wallet della piattaforma. A rendere noto quello che si prospetta come un evento (e forse come una minaccia, come vedremo più avanti) è stato Nobuaki Kobayashi, il curatore fallimentare individuato all’uopo dal tribunale di Tokyo, con un comunicato pubblicato sul sito web della piattaforma fallita.
Se la data è stabilita, resta però da capire come avrà luogo l’effettiva procedura di rimborso, la quale dovrà infine portare alla distribuzione dei 141mila Bitcoin ancora detenuti. L’unica cosa che si sa al momento è che la la stessa sarà incardinata in due distinte operazioni:
- i rimborsi in valuta fiat, i quali dovranno essere portati a termine da Kobayashi sfruttando una parte dei token, anche Bitcoin Cash, che sono tuttora detenuti nei wallet di Mt. Gox in modo da poter incassare la liquidità con cui rimborsare i creditori i quali hanno optato per questa modalità di rimborso, di cui non si conosce però il numero effettivo, e che hanno la precedenza sugli altri;
- i rimborsi in token, quelli che saranno rimasti dopo la fine della fase precedente.
Proprio i secondi stanno generando notevoli discussioni e destando preoccupazioni per il ruolo che potrebbero rivestire, soprattutto in ottica di mercato. Andiamo a vedere meglio la situazione in essere e cosa potrebbe realmente accadere dopo il 15 settembre.
Indice:
Cosa potrebbe accadere al prezzo di Bitcoin
Nelle passate settimane, era circolata con insistenza una voce secondo la quale l’imminente vendita dei 141mila BTC provenienti dal fallimento di Mt. Gox avrebbero potuto avere grandi ripercussioni sul prezzo del token e, di conseguenza su mercati che sono per larga parte incentrati sull’icona crypto di Satoshi Nakamoto. Il logico corollario di queste voci era stato il grande nervosismo che aveva fatto seguito ad una indiscrezione poi rivelatasi infondata, la quale voleva il 28 agosto come data del rilascio di 137mila Bitcoin, in unica soluzione. Molti ne avevano dedotto la possibilità che gran parte di questi token sarebbero stati immediatamente riversati sul mercato, amplificando i timori di un nuovo crollo.
Secondo molti osservatori sembra difficile pensare che siano molti coloro i quali hanno optato per il rimborso in denaro fiat. Soprattutto chi ha diritto a rimborsi limitati o molto piccoli non avrebbe un granché da guadagnare da questa modalità. Al tempo stesso, proprio il fatto che al momento la quotazione di Bitcoin sia molto bassa, sembra avvalorare l’ipotesi che questi creditori non procederanno all’immediata vendita dei token ricevuti.
La vera incognita è però quella legata ai grandi creditori, i quali potrebbero a loro volta decidere di procedere all’immediata vendita per tornare in possesso di somme importanti, in un momento in cui l’economia sembra di nuovo in fase di crisi intensa, oppure provare ad attendere che proprio la gelata in atto spinga gli investitori istituzionali, i fondi, ad acquistare BTC, facendone nuovamente impennare il prezzo.
Non manca poi un’altra ipotesi molto interessante, ovvero quella che lo stesso Kobayashi possa aver provveduto nel corso dei mesi passati a vendere una parte del quantitativo di token in suo possesso, quando i prezzi degli stessi erano ancora molto interessanti. Secondo alcuni, proprio l’affermazione da lui rilasciata nel comunicato, secondo la quale starebbe iniziando a restituire i soldi, implicherebbe questa eventualità.
Le voci relative al ruolo di Kobayashi sul crollo del 2018
A margine della vicenda di Mt. Gox, va anche sottolineato come nel passato siano emerse indiscrezioni le quali non suonerebbero certo gratificanti per il curatore fallimentare. Kobayashi, infatti, tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 avrebbe venduto circa 400 milioni di dollari in Bitcoin (BTC) e Bitcoin Cash (BCH). Una mossa giustificata dal curatore fallimentare con l’esigenza di vendere al maggior prezzo possibile.
Secondo Bloomberg, Kobayashi avrebbe incassato una media di circa 10.500 dollari per BTC, all’epoca. Quindi la questione non è se abbia già venduto i token di Mt. Gox, ma se la sua mossa non abbia giocato un ruolo di rilievo nel crollo del mercato avvenuto proprio in quei mesi. Sembra in effetti abbastanza azzardato sostenere, come fatto da alcuni, che la vendita di un quantitativo pari a 400 milioni di dollari abbia potuto farne crollare la quotazione.
Se però ciò fosse vero, occorre ricordare che i token ceduti all’epoca erano circa 40mila: cosa potrebbe accadere se sul mercato venissero immessi all’improvviso i 141mila ancora rimasti nella dotazione di Kobayashi? Con tutta evidenza, stavolta il curatore fallimentare dovrà muoversi con maggiore circospezione, in un momento in cui il crypto winter in atto si abbatte ancora come un maglio su un gran numero di aziende e investitori.
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