L’Argentina è di nuovo alle prese con una crisi, stavolta non solo economica, ma anche politica. Le dimissioni del ministro dell’Economia Martin Guzman hanno infatti prodotto notevole sensazione nel Paese sudamericano, alla luce del fatto che proprio lui ha firmato l’accordo per la ristrutturazione del debito nazionale con il Fondo Monetario Internazionale (FMI).

A quelle di Guzman hanno infatti fatto seguito le dimissioni di altre importanti figure della compagine ministeriale, tra cui Roberto Arias, Ramiro Tosi e Rodrigo Ruete. Le conseguenze sono state abbastanza pesanti per il peso, come testimoniato da Bloomberg, secondo il quale il dollaro ha raggiunto il livello di 257 pesos su Binance, aumentando quindi nell’ordine del 6,6%. mentre ancora peggio è andata alla valuta fiat argentina su Lemon Cash, dove il deprezzamento rispetto al biglietto verde ha raggiunto l’11%, attestandosi  a 279 pesos.

A giovarsene, però, non è stato soltanto il dollaro statunitense. Ormai da tempo, infatti, i cittadini argentini hanno preso atto dell’impossibilità di convivere con livelli di inflazioni troppo elevati, tali da abbattersi come un maglio sul potere d’acquisto di salari e pensioni. La risposta a questa presa d’atto si è tramutata in una vera e propria corsa alle criptovalute, a partire naturalmente dal Bitcoin.

Nel corso degli ultimi mesi, però, le preferenze degli argentini hanno iniziato a dirigersi verso le stablecoin. Un orientamento abbastanza comprensibile, alla luce del crollo dei prezzi fatto registrare dall’intero comparto crypto, o quasi. Mentre le stablecoin sembrano in grado di garantire quella stabilità enunciata da un punto di vista nominale. O almeno sembravano in grado di farlo, sino al crollo di Terra (LUNA) e all’effetto domino da esso causato.

Il peso continua la sua caduta

La nomina di Silvina Batakis al ministero dell’Economia non è per ora riuscita a fermare la caduta del peso, il cui valore sul dollaro è addirittura sceso a quota 300. Il tutto mentre i volumi di scambio delle stablecoin continuano ad aumentare in maniera estremamente significativa. Su alcune piattaforme l’aumento è stato nell’ordine del 500%, usufruendo del fatto che un buon numero di trader cerca di anticipare l’aumento dei mercati tradizionali in modo da poter sfruttare al meglio le opportunità di arbitraggio.

I movimenti sono del resto in linea con i risultati di un sondaggio che è stato condotto da Americas Markets Intelligence nel mese di aprile, dal quale era emerso che il 12% della popolazione argentina ha già investito in criptovalute e un ulteriore 18% mostra interesse a farlo nell’immediato futuro. Un orientamento non nuovo, se si considera il recente sondaggio condotto da Bitstamp presso gli investitori istituzionali, dal quale è emerso come proprio l’America Latina guardi con interesse sempre crescente a Bitcoin e Altcoin.

In questo quadro, si distinguono in particolare Venezuela, Argentina e Colombia, ma non solo. Sono infatti i Paesi in cui l’inflazione spinge lavoratori e pensionati a basso reddito a convertire i propri emolumenti in denaro virtuale, proprio per sfuggire alla tagliola rappresentata dall’inflazione. Tanto da spingere molti osservatori a guardare proprio al Sud America come vero e proprio traino verso l’adozione di massa degli asset virtuali.

Stablecoin in crisi: cosa potrebbe accadere in Argentina?

Il recente crollo di Terra e la crisi delle stablecoin, però, alla luce di quanto sta accadendo in Argentina pone non pochi interrogativi. In particolare molti si chiedono cosa potrebbe accadere all’economia bairense nel caso in cui l’effetto domino innescatosi dovesse propagarsi ad un gigante come Tether (USDT), anche in questo Paese largamente predominante.

Si tratta peraltro di una domanda non proprio scolastica, se si pensa a quanto accaduto qualche settimana fa, quando la stablecoin ha perso per qualche ora il suo ancoraggio. Se in quell’occasione il peg è stato di nuovo ristabilito, su USDT continuano a girare indiscrezioni abbastanza preoccupanti, derivanti in particolare dal fatto che una parte dei beni a garanzia è sotto forma di titoli commerciali rilasciati da aziende operanti nell’immobiliare in Cina.

Come è noto, infatti, nel gigante asiatico è di recente scoppiata la bolla di questo settore, facendo temere non poco per molti degli attori implicati. Per cercare di stroncare le indiscrezioni, Tether ha iniziato a vendere questi titoli, in modo da ridurre l’esposizione, ma secondo molti osservatori ancora oggi il rischio è molto elevato, troppo per una criptovaluta che si propone di regalare stabilità.

La situazione che si è creata non sembra però tale da convincere gli argentini a rivolgersi ad altri asset. Un atteggiamento abbastanza comprensibile se messo a confronto con i continui crolli del prezzo di Bitcoin e con livelli inflattivi che sono destinati ad abbattere senza soluzione di continuità il valore del peso. In pratica, se le stablecoin sono rischiose, lo sono meno delle possibili alternative.

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