L’approvazione del MiCA (Markets in Crypto Assets) da parte dell’Unione Europea, dopo il previsto trilogo (confronto tra Commissione, Parlamento e Consiglio) segna in pratica l’avvento di una nuova era per quanto riguarda l’innovazione finanziaria all’interno dell’eurozona. Una nuova era in cui resta però da capire se il regolamento in questione sia in grado di tenere insieme esigenze come la necessità di tutelare gli investitori e di non produrre un quadro troppo rigido, tale da appesantire oltremodo il settore, impedendogli in ultima analisi di dispiegare tutte le proprie potenzialità.

Dopo l’approvazione del trilogo, l’iter procedurale prevede ora un ulteriore passaggio, ovvero l’avvio formale della procedura di adozione. In questo caso la strada dovrebbe essere quella rappresentata dalla procedura legislativa ordinaria, la quale prevede il concorso tanto del Parlamento quanto del Consiglio, e che potrebbe condurre ad ulteriori modifiche, tramite l’inserimento di emendamenti.

Tra questi, ad esempio, potrebbe magicamente riapparire quel bando al mining di criptovalute condotto con l’ausilio dell’algoritmo di consenso Proof-of-Work utilizzato in particolare per il conio di Bitcoin. Non sono pochi coloro che ritengono il blocco nordico pronto a scendere nuovamente in pista per cercare di bloccare un processo considerato estremamente nocivo a livello ambientale. Un blocco già sconfitto nel corso della discussione il quale, però, non sembra aver ancora provveduto a seppellire la tradizionale ascia di guerra.

Naturalmente i comunicati emessi per l’occasione presentano l’evento con toni di grande soddisfazione, se non addirittura trionfalistici. Una scena che si è però ripetuta sin troppo volte per poter essere accolta senza sospetto dai commentatori più smaliziati. Proviamo quindi a vedere meglio la reale portata dell’accordo raggiunto, in attesa della pubblicazione del regolamento vero e proprio.

Il comunicato stampa del Consiglio

Il documento emesso sul sito del Consiglio parte dall’affermazione che il nuovo regolamento avrà come principale obiettivo quello di stendere uno scudo protettivo nei confronti dei consumatori, cercando in particolare di evitare le ripetute frodi che nel corso degli ultimi anni hanno funestato il settore. Per conseguirlo, i providers di servizi dovranno dimostrare il possesso di importanti requisiti, assumendosi in carico la responsabilità di eventuali perdite.

Gli exchange di criptovalute, a loro volta, fatte salve le regole anti money laundering (AML) contenute nel Transfer of Fund Regulation, dovranno essere iscritti in un registro gestito dall’EBA (European Banking Authority, ovvero l’Autorità Bancaria Europea) al fine di poter operare all’interno dell’eurozona.

Altro punto dirimente è poi quello rappresentato dalle stablecoin, che hanno assunto un’importanza sempre più rilevante nel corso degli ultimi mesi. Un interesse reso spasmodico dalle ormai note vicende inerenti al crac di Terra (LUNA), su cui fervono ora le indagini per accertare se non siano configurabili reati da parte di Do Kwon, il suo fondatore, e altre personalità collegate a Terraform Labs. Nel loro caso si afferma in particolare che dovranno garantire adeguate soglie di liquidità (del resto ripetutamente chieste da molte personalità politiche) ed essere sottoposte alla vigilanza dell’EBA.

Per quanto concerne invece i cosiddetti  CASPs (Crypto-asset service providers), saranno obbligati a richiedere un’autorizzazione specifica per poter operare all’interno dell’eurozona, che le autorità dei singoli Stati membri dovranno emettere nell’arco di tre mesi, per poi comunicarne i dati essenziali all’ESMA (European Securities and Markets Authority).

Altro punto di grande interesse è poi rappresentato dagli NFT (Non Fungible Token), per i quali si è deciso in particolare di escludere dal perimetro di attuazione del nuovo regolamento quelli che fanno riferimento a opere d’arte, con la parziale eccezione dei token i quali vanno a ricadere in altre categorie esistenti di crypto asset. Il settore, però, dovrà essere oggetto di un attento monitoraggio nei prossimi 18 mesi, teso a valutare eventuali profili di rischio ad essi collegati.

Vediamo la realtà, al di là dei toni trionfalistici

Come abbiamo già ricordato, anche in questa occasione dall’interno delle istituzioni continentali sono arrivati commenti entusiastici, se non apertamente autocelebrativi. Commenti spesso stucchevoli, tali da lasciare in effetti il tempo che trovano e che è meglio mettere da parte al fine di procedere ad una disamina spassionata di quanto approvato.

Occorre peraltro sottolineare come il testo oggetto dell’accordo ancora non sia stato pubblicato, costringendo quindi ad un commento basato su quanto è emerso nel corso della discussione preliminare. Sul sito del Parlamento UE, infatti, è ancora presente il testo precedente all’accordo, costituito da 126 articoli e preceduto da una lunga serie di principi, naturalmente buoni sulla carta, ma da verificare sul campo.

Al momento si può dire che ad avere sicuri vantaggi dovrebbero essere consumatori e piccoli risparmiatori, i quali dovrebbero poter contare su un quadro di regole finalmente chiaro, in grado di tutelare maggiormente i loro interessi e di inchiodare i trasgressori alle proprie responsabilità giuridiche. Considerato il largo numero di truffe e comportamenti disinvolti che hanno caratterizzato la scena crypto dalla sua nascita non è sicuramente un risultato disprezzabile.

A rimetterci potrebbero invece essere gli exchange, costretti a sottoporsi a procedure farraginose per le necessità collegate all’antiriciclaggio. In questo caso è da notare in particolare l’asimmetria con la finanza tradizionale collegata all’assenza di soglie, come quella di mille euro oltre i quali scattano i controlli delle autorità di contrasto al fenomeno. Una disparità di trattamento destinata sicuramente a provocare recriminazioni da parte delle piattaforme di scambio nel corso dei prossimi giorni.

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