Il Parlamento italiano ha approvato un emendamento a firma Partito Democratico al Decreto Capienze, istituendo una moratoria di due anni sui sistemi di riconoscimento facciale installati da privati e Comuni in luoghi pubblici o aperti al pubblico: stop quindi all’installazione di questi sistemi, almeno in attesa di una legge specifica del Parlamento europeo e fino a fine 2023.
La nuova moratoria sui sistemi di riconoscimento facciale
L’emendamento impone quindi ai privati di non poter installare sistemi di riconoscimento facciale, ovvero software che sfruttano sistemi di telecamere per analizzare l’immagine di una persona (alimentando un archivio) per poterla poi riconoscere in automatico, in luoghi aperti al pubblico come negozi o mezzi di trasporto.
Non solo, perché anche i Comuni dovranno sottostare a questa nuova disposizione, avendo l’obbligo di richiede l’approvazione al Garante della Privacy; Garante che negli anni ha sempre bocciato tutte le iniziative di questo tipo avviate da vari Comuni italiani, stoppando i progetti.
La moratoria non coinvolge l’autorità giudiziaria, in quanto il parere del Garante è richiesto:
“salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero (art.12)”
Le reazioni a questo nuovo emendamento non sono però unanimi. Secondo il senatore Filippo Sensi (PD), l’emendamento è
“un primo passo che serve ad accendere un riflettore su questo tema, che riguarda la libertà e i diritti delle persone: siamo i primi a normare questi sistemi introducendo una moratoria in attesa di una legge del Parlamento europeo. Ora siamo certi che privati, comuni e in generale le pubbliche amministrazioni non possono usare il riconoscimento facciale senza un parere favorevole del Garante della privacy: è una garanzia in più rispetto a prima”
Ma l’esenzione riservata all’autorità giudiziaria (che già in altri Paesi sfrutta questi sistemi, come a Londra) non convince alcune associazioni per i diritti digitali, come riportato dal Post, sottolineando il rischio che per individuare una persona oggetta di indagine, il sistema potrebbe raccogliere e analizzare i dati biometrici di centinaia di persone che nulla hanno a che fare con l’indagine stessa, ma che si trovano o passano nel luogo oggetto di sorveglianza.
Colossi del calibro di Facebook si sono già scontrati con questa tematica, concludendo che era meglio abbandonare il sistema piuttosto che affrontare le troppe grane in tema privacy.
L’argomento è sicuramente complesso, come tutte le tematiche che riguardano i nuovi diritti digitali e la tutela della privacy in questo ambito. E come spesso accade, la legislazione sembra muoversi in ritardo rispetto al progresso della tecnologia.
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