Di recente abbiamo avuto modo di vedere il primo robot umanoide presentato da Xiaomi, e attendiamo settembre per assistere alla probabile presentazione del primo robot di Tesla;  qualora non l’aveste ancora capito oggi torniamo a parlarvi di robot.

Quello di oggi è un argomento particolare, quando si parla di robot ci sono sempre dietro nozioni e conoscenze complicate, nonché sconosciute ai più, motivo per cui cercheremo di semplificare quanto più possibile ciò che stiamo per riportarvi. Perché parlarne se è un argomento troppo tecnico e complicato? Perché è molto interessante e ci permette di dare un primo timido sguardo al futuro.

Intel Labs in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia e l’Università Tecnica di Monaco, hanno presentato un nuovo approccio all’apprendimento di oggetti basato sulle reti neurali; lo scopo è quello di istruire i robot con modalità nuove e più efficienti delle attuali. Le applicazioni alle quali il nuovo approccio si rivolge spaziano dagli assistenti robotici che interagiscono con ambienti non vincolati (impiegati ad esempio nella logistica) a quelli impiegati nell’assistenza sanitaria o per l’assistenza degli anziani.

La ricerca si prefigge lo scopo di migliorare le capacità di produzione dei futuri robot attraverso il calcolo neuromorfico che, dopo il rilascio, consente loro grazie a nuovi metodi di object learning di scoprire nuovi oggetti; ma andiamo con ordine.

Il computing neuromorfico

Partiamo dal presupposto che in realtà l’attuale scienza medica sa molto poco sui dettagli del funzionamento del cervello umano, ciò nonostante si vuole tentare di insegnare ai robot ad apprendere nello stesso modo, questo è quello che si definisce calcolo neuromorfico, ovvero emulare il cervello umano con un computer.

Anche se noi non ce ne rendiamo conto il nostro cervello è un computer, particolarmente efficiente e potente, tutte le volte che svolgiamo una qualsiasi azione riceviamo una gran quantità di informazioni (dati) che vengono processati dal nostro computer personale: il semplice guardarci intorno e percepire l’ambiente circostante comporta la ricezione da parte nostra di una mole notevole di informazioni, anche lo stare fermi richiede l’elaborazione di una miriade di dati.

L’altro aspetto notevole di questi processi è il loro consumo energetico, il cervello umano infatti consuma circa l’equivalente di 20 W per eseguire tutti questi calcoli, appare dunque evidente l’elevatissimo tasso di efficienza del nostro organo, motivo per cui c’è un forte interesse nel replicarlo predisponendo un sistema in grado di fornire elevate prestazioni di calcolo con un consumo energetico molto basso.

Yulia Sandamirskaya, responsabile della ricerca sulla robotica nel laboratorio di Neuromorphic Computing di Intel ha dichiarato:

Quando un essere umano conosce un nuovo oggetto, dà un’occhiata, lo gira, chiede di cosa si tratta e poi è in grado di riconoscerlo di nuovo istantaneamente in tutti i tipi di contesti e di condizioni in cui lo ritrova. Il nostro obiettivo è di introdurre capacità simili ai robot del futuro che agiranno in ambienti interattivi, consentendo loro di adattarsi a situazioni che non sono in grado di prevedere e di lavorare in modo più naturale insieme agli esseri umani. I nostri risultati con Loihi rafforzano il valore del Neuromorphic Computing per il futuro della robotica.

Intel robot calcolo neuromorfico

Il chip neuromorfico Loihi

I nuovi metodi sono stati utilizzati da Intel e dagli altri ricercatori che sono riusciti a dimostrare l’apprendimento interattivo sul chip neuromorfico Loihi, riuscendo ad ottenere dei consumi energetici 175 volte inferiori durante i processi di apprendimento di nuove istanze oggetto, con velocità e precisione simili (se non migliori in alcuni casi) rispetto ai metodi convenzionali attualmente utilizzati su CPU.

Tale risultato è stato reso possibile dall’implementazione sui Loihi di un’architettura di rete neurale spiking (SNN ovvero spiking neural network), si tratta in pratica di una riproduzione artificiale di una rete neurale a impulso che tenta di mimare le reti neurali naturali; una rete di questo tipo incorpora anche, oltre allo stato sinaptico e neuronale, il concetto di tempo nel suo modello operativo.

Tutto ciò ha permesso al chip Loihi di localizzare l’apprendimento di un oggetto in un singolo strato di sinapsi plastica, raccogliendo diverse prospettive dell’oggetto e coinvolgendo nell’attività altri neuroni all’occorrenza; il processo di apprendimento si è dunque svolto in maniera completamente automatica durante l’interazione.

Le possibili applicazioni pratiche

Quali potrebbero essere le applicazioni pratiche di tutto questo? In realtà è difficile dirlo, se consideriamo infatti il ritmo con cui evolve la tecnologia e il mondo insieme ad essa, appare evidente quanto non sia facile fare delle supposizioni certe. Quelli tra voi nati negli anni 80 o prima hanno ben presente il concetto, ci sono cose che utilizziamo e con cui interagiamo tutti i giorni che qualche tempo fa non avremmo nemmeno lontanamente immaginato, o avremmo considerato fantascienza.

Qualche ipotesi sui casi di utilizzo però la possiamo fare, prendiamo ad esempio il settore della logistica: abbiamo detto che grazie al computo neuromorfico un giorno i robot saranno in grado di apprendere in autonomia interagendo con l’ambiente circostante, questo potrebbe rivelarsi molto utile per tutte quelle operazioni di movimentazione merci che attualmente richiedono la presenza di un operatore umano.

Ancor più interessante, almeno dal punto di vista di chi vi scrive, sono le implementazioni che questa tecnologia potrà avere in ambito medico e di assistenza, pensate ad un robot chirurgo che non si limita ad eseguire necessariamente ciò per cui è stato programmato, ma che è in grado di valutare la situazione attuale e rispondere ad eventuali imprevisti che dovessero presentarsi.

Oppure ancora pensiamo all’assistenza degli anziani, un robot in grado di valutare l’ambiente circostante in totale autonomia e di apprendere da esso una miriade di informazioni, potrebbe avere un’immensa utilità nell’assistenza di persone che soffrono di patologie quali Alzheimer o particolari forme di demenza senile. Il cervello di queste persone, a causa delle patologie citate, smette di funzionare come dovrebbe, un robot in grado di sostituire le capacità che loro non hanno più potrebbe in molti contesti fare un’enorme differenza, aiutando a migliorare la vita dei pazienti.

In conclusione appare evidente come il computo neuromorfico abbia delle potenzialità pressoché illimitate, la ricerca da parte di Intel Labs e degli altri istituti coinvolti è solo all’inizio e porterà probabilmente con il passare del tempo a risultati ancora migliori degli attuali. Avrete notato che, in un articolo che parla di robot, non abbiamo citato Terminator nonostante leggendo queste righe abbiamo probabilmente pensato tutti a Skynet; qualora alcuni di voi fossero già nel panico, rasserenatevi, nonostante nessuno possa prevedere i futuri sviluppi di una simile tecnologia, siamo ancora ben lontani dall’avere automi capaci di apprendere e pensare come noi esseri umani.

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