Un videogioco, una volta acquistato, appartiene al cliente non all’azienda, con queste parole nette e prive di ambiguità il vicepresidente del Parlamento Europeo Nicolae Ștefănuță aveva scelto di schierarsi apertamente a favore di Stop Killing Games, l’iniziativa dei cittadini europei che chiede una tutela concreta per chi acquista videogiochi digitali.

Un tema che fino a qualche anno fa poteva sembrare di nicchia ma che, con la progressiva scomparsa ti titoli sempre più legati a server online e licenze temporanee, è diventato improvvisamente centrale per milioni di utenti; ora il team dietro l’iniziativa ha condiviso alcuni importanti aggiornamenti.

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1,45 milioni di firme per Stop Killing Games, in vista un colloquio con i legislatori UE

La campagna Stop Killing Games ha superato di slancio l’obbiettivo minimo di un milione di sottoscrizioni, entro la scadenza del 31 luglio sono state infatti raccolte circa 1,45 milioni di firme, ad oggi al vaglio delle autorità; secondo l’organizzazione, i primi riscontri parlano di un tasso di validità di circa il 97%, una percentuale altissima che mette l’iniziativa in una posizione di forza.

Le procedure europee prevedono ora un periodo di circa tre mesi per la verifica, una volta completato la petizione verrà consegnata ufficialmente alla Commissione Europea, aprendo la strada a un dibattito formale che potrà arrivare fino al Parlamento.

Al centro della proposta c’è una questione che molti gamer conoscono bene, che fine fa un gioco acquistato quando i server vengono spenti? Il caso di The Crew, delistato da Ubisoft e reso inutilizzabile anche per chi lo aveva comprato è solo uno dei tanti esempi di un problema che tocca ogni piattaforma, dai titoli esclusivamente online alle versioni con DRM che richiedono autenticazioni costanti. Stop Killing Games chiede strumenti legali per garantire la fruizione offline o su server privati quando il supporto ufficiale termina, ribaltando l’attuale logica delle licenze d’uso a tempo.

Il supporto pubblico di un vicepresidente del Parlamento Europeo non è un dettaglio secondario, la presa di posizione menzionata in apertura potrebbe dare all’iniziativa man forte nella prossima fase, quando la Commissione avrà sei mesi di tempo per esprimersi e potenzialmente presentare una proposta legislativa.

Sul fronte opposto, Video Games Europe, l’associazione che rappresenta colossi come Ubisoft, Microsoft, Nintendo e Activision Blizzard, ha già manifestato forti riserve, sostenendo che l’obbligo di mantenere i giochi attivi renderebbe lo sviluppo proibitivamente costoso, soprattutto per le produzioni online più complesse.

Non si tratta solo di diritti dei gamer, il caso Stop Killing Games tocca il cuore della proprietà digitale, un concetto sempre più sfumato nell’era dello streaming e dei contenuti a licenza; il parallelo con il diritto alla riparazione o con le battaglie anti DRM è immediato, chi acquista un bene digitale deve poterlo utilizzare, anche quando l’azienda che lo ha venduto decide di abbandonarlo.

Gli organizzatori di Stop Killing Games hanno confermato di essere già al lavoro dietro le quinte per contattare membri del Parlamento Europeo e della Commissione, contrastare possibili campagne di disinformazione e garantire che il tema non cada nel dimenticatoio: “Ci stiamo preparando per garantire che la nostra iniziativa non possa essere ignorata“, si legge nell’ultimo aggiornamento pubblicato.

Il percorso istituzionale è appena iniziato, l’Europa sarà chiamata a decidere se un acquisto digitale debba avere lo stesso valore di un prodotto fisico; per i videogiocatori e per chiunque compri contenuti online, il risultato di questa battaglia potrebbe cambiare le regole del gioco per sempre.