Le prime grandi sanzioni ufficiali ai sensi del Digital Markets Act (DMA) dell’Unione Europea sono arrivate, e non potevano che colpire due dei principali giganti tecnologici americani: Apple e Meta, entrambi accusati di pratiche anticoncorrenziali e ora obbligati a rivedere il proprio comportamento nei mercati digitali europei. Il tutto si inserisce in un contesto normativo sempre più stringente per le cosiddette Big Tech, in particolare per quelle designate come gatekeeper.
Indice:
500 milioni di euro di multa per Apple e nuove pressioni sugli app store alternativi
Apple è stata sanzionata con una multa da 500 milioni di euro per aver ostacolato, tramite le cosiddette politiche anti-steering, la libertà degli sviluppatori nell’indicare metodi alternativi di pagamento all’interno delle app distribuite su App Store. Più precisamente, l’azienda di Cupertino avrebbe violato le norme del DMA impedendo ai developer di inserire link o messaggi promozionali che rimandino a canali esterni di acquisto o abbonamento.
Come sempre, la posizione ufficiale di Apple non tarda ad arrivare e, prevedibilmente, si difende con fermezza. La portavoce Emma Wilson ha dichiarato:
Gli annunci di oggi sono l’ennesimo esempio di come la Commissione Europea stia ingiustamente prendendo di mira Apple con una serie di decisioni che danneggiano la privacy e la sicurezza dei nostri utenti, danneggiano i prodotti e ci costringono a distribuire gratuitamente la nostra tecnologia. Abbiamo dedicato centinaia di migliaia di ore di lavoro ingegneristico e apportato decine di modifiche per conformarci a questa legge, nessuna delle quali richiesta dai nostri utenti. Nonostante innumerevoli riunioni, la Commissione continua a spostare i paletti a ogni passo del percorso. Faremo ricorso e continueremo a collaborare con la Commissione al servizio dei nostri clienti europei.
Apple ha dunque confermato l’intenzione di fare ricorso, mentre la Commissione ha già chiarito che in caso di mancato adeguamento saranno previste sanzioni periodiche.
La Commissione ha anche espresso preoccupazione verso le nuove condizioni imposte da Apple per l’accesso agli app store alternativi su iOS, che teoricamente dovevano aprire la piattaforma alla concorrenza ma che, in pratica, rischiano di essere disincentivanti. Il caso emblematico è quello della Core Technology Fee, una tassa da 0,50 euro per ogni installazione annuale oltre il milione, che potrebbe rappresentare un vero ostacolo per i piccoli sviluppatori; senza contare le procedure di installazione complesse e i criteri di ammissibilità eccessivamente restrittivi, che rischiano di trasformare la libertà di distribuzione in un percorso a ostacoli.
200 milioni di euro di multa per Meta per il modello “paga o consenti”
Anche Meta non è uscita indenne dall’esame della Commissione Europea, ricevendo una multa da 200 milioni di euro per le pratiche legate al cosiddetto modello pay or consent, implementato su Facebook e Instagram. In parole povere, agli utenti veniva richiesto di scegliere se pagare un abbonamento per rimuovere la pubblicità o accettare l’uso dei propri dati personali per ricevere annunci personalizzati.
Secondo Bruxelles, questa dinamica mina la libera scelta e non rispetta i principi di trasparenza e controllo sui dati sanciti dal DMA. Meta ha affermato in un documento di conformità che, nonostante i propri sforzi, continua a ricevere richieste che vanno oltre quanto previsto dalla legge; in una dichiarazione particolarmente dura, Joel Kaplan, responsabile per gli affari globali di Meta, ha così commentato:
La Commissione Europea sta cercando di penalizzare le aziende americane di successo, consentendo alle aziende cinesi ed europee di operare secondo standard diversi. Non si tratta solo di una multa; costringendoci a cambiare il nostro modello di business, la Commissione impone di fatto una tariffa multimiliardaria a Meta, obbligandoci a offrire un servizio di qualità inferiore. E limitando ingiustamente la pubblicità personalizzata, la Commissione Europea sta danneggiando anche le imprese e le economie europee.
Si apre una nuova fase per la regolamentazione digitale in Europa
Le multe appena annunciate, inferiori rispetto ai massimali previsti dalla legge ma comunque significative, arrivano in un momento di crescenti tensioni tra l’UE e gli Stati Uniti; da un lato, ci sono pressioni per una maggiore collaborazione transatlantica, dall’altro l’Europa sembra determinata a rafforzare la propria sovranità tecnologica, facendo leva sul DMA per riequilibrare i rapporti di forza nel digitale.
Non è un caso che la Commissione abbia già notificato ad Alphabet (Google) l’apertura di un’indagine relativa alle presunte preferenze accordate ai propri servizi nei risultati di ricerca; anche Google è infatti nel mirino per pratiche di anti-steering nel proprio store di applicazioni.
In questo scenario, la Commissione ha fatto sapere di aver concluso l’indagine sulla schermata di scelta del browser di iPhone, giudicando le modifiche introdotte con iOS 17.4 (come la possibilità di selezionare un browser alternativo e rimuovere app preinstallate) conformi agli obblighi del DMA; una piccola vittoria per Apple, che però si trova ora a dover affrontare le critiche più feroci proprio sulla gestione degli app store alternativi.
Gli utenti europei dovranno dunque pazientare ancora un po’ per scoprire se, e in che misura, le promesse di una maggiore libertà di scelta, concorrenza reale e protezione dei dati si tradurranno in cambiamenti tangibili; nel frattempo, le Big Tech sono chiamate a rispondere a un nuovo tipo di sfida, non solo tecnologica o commerciale, ma profondamente regolamentare e culturale.
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