Nonostante Google abbia continuato a promettere di eliminare in maniera graduale i cookie di terze parti su Chrome, l’azienda ha dichiarato di aver deciso di posticipare la loro eliminazione per l’anno prossimo. Google aveva infatti promesso di eliminarli nel 2020, per poi spostare la data al 2023 e in seguito al 2024.

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Qual è il ruolo della CMA nell’eliminazione dei cookie

Per quanto a prima vista possa sembrare scontato addossare l’intera responsabilità di questa decisione all’azienda, la realtà dei fatti è decisamente più complessa. Google sta lavorando a stretto contatto con la Competition and Markets Authority (CMA) del Regno Unito, con lo scopo di garantire che ogni strumento utilizzato per sostituire le funzionalità dei cookie non sia anti-concorrenziale. Questi strumenti, in grado di supportare le funzionalità di misurazione e tracciamento dei cookie, sono comunemente noti come Privacy Sandbox. Per questa ragione Google sostiene di dover attendere che la CMA disponga di un tempo sufficiente per verificare i risultati dei test che saranno forniti entro la fine di giugno di quest’anno.

A questo proposito, la CMA e Google pubblicano dei rapporti trimestrali per aggiornare l’intero ecosistema sullo stato più recente gli strumenti di Privacy Sandbox. Nel rapporto del 26 aprile è stato scritto:

Riconosciamo che ci sono sfide in corso legate alla conciliazione di feedback divergenti da parte del settore, delle autorità di regolamentazione e degli sviluppatori, e continueremo a impegnarci a stretto contatto con l’intero ecosistema. È inoltre fondamentale che la CMA abbia tempo sufficiente per esaminare tutte le prove, compresi i risultati dei test di settore, che la CMA ha chiesto agli operatori del mercato di fornire entro la fine di giugno. Alla luce di queste due importanti considerazioni, non completeremo il deprezzamento dei cookie di terze parti nella seconda metà del quarto trimestre.

Quali preoccupazioni suscitano gli strumenti di Privacy SandBox

Gli strumenti Privacy Sandbox, però, negli ultimi anni sono stati spesso oggetto di diverse polemiche. Molte aziende adtech, agenzie pubblicitarie e numerosi editori hanno più volte ribadito che tali strumenti sono difficili da utilizzare e non sono in grado di sostituire in maniera adeguata i cookie tradizionali. Inoltre, un’altra accusa mossa contro tali strumenti si focalizzerebbe sul fatto che, grazie ai Privacy Sandbox, Google acquisirebbe molto più potere e influenza di quanta ne detenga ad oggi. A questo proposito, l’azienda ha risposto affermando di riconoscere “le sfide in corso legate alla conciliazione di feedback divergenti da parte del settore, delle autorità di regolamentazione e degli sviluppatori”. Queste motivazioni fornite dall’azienda rappresentano un’ulteriore ragione della decisione di rinviare per il prossimo anno l’eliminazione dei cookie di terze parti.

Tuttavia, è importante sottolineare il fatto che la CMA non è certo l’unica agenzia di regolamentazione che ha messo in cattiva luce l’attuale sviluppo degli strumenti di Privacy Sandbox. L’Information Commissioner’s Office, la cui sede è situata nel Regno Unito, ha redatto un rapporto che mette in luce come questi strumenti potrebbero essere impiegati dagli inserzionisti per identificare i consumatori, come è stato suggerito dal Wall Street Journal. Nonostante le lamentele per gli strumenti di Privacy Sandbox, gli operatori del settore pubblicitario vogliono che i cookie vengano eliminati. Drew Stein, CEO della società di dati adtech Audigen, ha affermato che è arrivato il momento che Google “mantenga la promessa di un ecosistema migliore”, mettendo così in pratica i suoi piani per eliminare i cookie di terze parti.

La CMA, però, ha espresso la volontà di mantenere i cookie di terze parti, in particolare nel caso in cui i provvedimenti che adotterebbe Google portassero più aspetti negativi che positivi. A tal proposito, Craig Jenkins, direttore dei mercati digitali della CMA, ha di recente affermato che l’organizzazione ritarderà l’implementazione degli strumenti di Privacy Sandbox, qualora la CMA non fosse convita di essere in grado di risolvere le preoccupazioni sollevate dall’utilizzo di tali strumenti.