Come è noto, la guerra tra Russia e Ucraina si svolge anche su Internet. Per quanto riguarda il gigante eurasiatico, in particolare, si tratta di una battaglia molto complessa, in cui il governo di Mosca è entrato con notevole vigore per rispondere alle limitazioni imposte dai social ai siti russi.

Facebook è stato bloccato già il 4 marzo, mentre anche Twitter è sottoposto a pesanti limitazioni. Una serie di decisioni le quali, però, non sembrano essere piaciute eccessivamente ai cittadini russi. Almeno stando alle notizie che vorrebbero in forte crescita il ricorso alle VPN (Virtual Private Network).

Le reti private virtuali, infatti, sono notoriamente in grado di mascherare l’identità e la posizione di un utente di Internet in modo da aiutarlo ad accedere a siti Web e servizi bloccati. Non a caso sono solitamente utilizzate nell’ambito delle tecniche tese a ingannare Instagram da parte di chi vuole aumentare il traffico al proprio profilo e i relativi like. Ma andiamo a vedere meglio cosa sta accadendo.

I dati rilasciati dalla CNBC

Secondo i dati di SensorTower compilati per CNBC, nel periodo compreso tra il 24 febbraio e l’8 marzo, le prime 10 app VPN nell’App Store di Apple e nel Google Play Store in Russia hanno catalizzato quasi 6 milioni di download. La prima data non è casuale: proprio quel giorno, infatti, Vladimir Putin ha deciso di rompere gli indugi e invadere l’Ucraina.

In termini numerici si tratta di una crescita nell’ordine del 1500% rispetto alla situazione precedente. Segno evidente che molti non si accontentano della semplice propaganda e vogliono cercare di saperne di più di quanto sta realmente accadendo sul fronte di guerra. Nonostante la stretta operata dal governo sulla rete e, in molti casi, proprio come risposta alla stessa.

Va infatti sottolineato come ormai da tempo il rapporto di Mosca con il web proceda su un piano non proprio disteso. A testimoniarlo sono i ripetuti interventi tesi a controllare i contenuti delle principali piattaforme occidentali, a partire da Facebook, Twitter e Google. I quali hanno del resto un fondamento giuridico Ben preciso.

Il Programma nazionale di economia digitale

Se non si è mai arrivati alla rottura totale, come accaduto in Cina, ove questi siti sono stati bloccati del tutto, la Russia ha comunque sempre posto una spada di Damocle su di esse, minacciando la chiusura nel caso di pubblicazione di contenuti ritenuti ostili dal governo.

A conferirgli questo potere è in particolare un controverso provvedimento preso da Putin il 1° maggio del 2019. Stiamo parlando della legge sulla sovranità digitale, che permette all’esecutivo di porre sotto il suo controllo la rete. La giustificazione avanzata all’epoca era la necessità di isolare RuNet, lo spazio Internet del Paese, in caso di attacchi cibernetici e altre minacce online.

Il “Programma nazionale di economia digitale”, questo il nome del provvedimento, è immediatamente stato accusato di rappresentare a tutti gli effetti l’ennesimo strumento teso a limitare l’autonomia della società russa. Un’accusa dovuta al fatto che permette a Roskomnadzor, l’agenzia statale russa a supervisione delle telecomunicazioni, di assumere il controllo di internet, gestendone integralmente i contenuti.

Paradossalmente, tra i motivi che hanno spinto il governo di Mosca a procedere in tal senso c’è anche l’Euromaidan. Come molti sanno, si tratta delle manifestazioni di piazza che hanno portato alla fuga del presidente Viktor Yanukovich e all’assunzione del potere da parte di Petro Porošenko, il predecessore di Zelensky. Accusate dai russi di essere state sobillate da settori oltranzisti del governo di Washington.

Il blocco di Facebook

La testimonianza più evidente della rinnovata guerra fredda tra Mosca e occidente può essere considerata il blocco di Facebook. La piattaforma di Meta, infatti, è stata oscurata il 4 marzo e già nel giorno successivo la domanda di VPN da parte degli utenti russi è aumentata di oltre 10 volte. A riferirlo è stato Top10VPN, un sito il quale si occupa in particolare di recensioni e dati.

A confermare la nuova situazione è stata poi la società VPN Surfshark, che ha riferito l’aumento delle sue vendite settimanali in Russia nell’ordine del 3500%. Un dato il quale ha preso consistenza dal 24 febbraio, registrando i suoi picchi tra il 5 e il 6 marzo, ovvero, proprio nelle ore successive al blocco di Facebook.

Anche Twitter è finito a su volta nel mirino del governo russo. Per cercare di reagire in maniera efficace ha deciso di  lanciare una versione del suo sito su Tor , un servizio in grado di crittografare il traffico Internet in maniera tale da aiutare a mascherare l’identità degli utenti e impedire che possano essere sorvegliati. Una reazione comunque molto diversa da quella di Facebook.

La discutibile reazione di Meta

In questo quadro, si è andato a inserire con la consueta leggerezza Mark Zuckerberg. Il quale ha deciso di permettere su Facebook il cosiddetto hate speech contro la Russia. In pratica chi vuole può insultare a piacimento i russi e spingersi ad augurare la morte a Putin, ai governanti o ad altre figure di rilievo della nomenclatura moscovita.

Un atteggiamento che contrasta gravemente con un altra mossa del social media che ha destato notevole scalpore. Ovvero il permesso accordato agli utenti che intendano elogiare il famigerato battaglione Azov, il corpo militare neonazista che sino a pochi giorni fa era considerato alla stregua del Ku Klux Klan. Chi provava ad elogiare questo reparto paramilitare inglobato nella Guardia Nazionale Ucraina era passibile di provvedimenti, prima degli ultimi sviluppi.

Se Facebook aveva cercato di impedire questo genere di pratica in passato, con lo scoppio del conflitto anche la linea di confine in questione sembra essere saltata del tutto, tanto da spingere l’ufficio del procuratore generale russo a chiedere il riconoscimento di Meta come organizzazione estremista , con un logico corollario: la messa al bando perpetua.

A riferirlo è stato Anton Gorelkinla, il numero due del comitato russo sulle tecnologie e le comunicazioni, in una intervista rilasciata all’agenzia di stampa Tass. Dando ancora una testimonianza di una situazione che sembra diventare sempre più incandescente di ora in ora. La mossa di Zuckerberg, peraltro, rischia di rivelarsi controproducente al massimo: cosa penseranno i russi di fronte all’hate speech nei loro confronti?

VPN: cosa sono e perché sono sempre più utilizzate

Per VPN si intende una rete privata virtuale in grado di assicurare livelli elevati di privacy, anonimato e sicurezza tramite un canale di comunicazione riservato (tunnel VPN) il quale viene ad essere creato sopra un’infrastruttura di rete pubblica.

La virtualità della rete in questione è assicurata dal fatto che i dispositivi che ad essa fanno riferimento non devono essere necessariamente collegati alla stessa LAN locale, potendo al contrario essere dislocati in ogni punto geografico del mondo.

Le VPN vengono utilizzate soprattutto da aziende e amministrazioni pubbliche, in quanto garantiscono la possibilità di abbattere i costi collegati alla realizzazione di una propria rete protetta. Per crearle i soggetti interessati sfruttano l’infrastruttura della rete pubblica già esistente.
A questo novero vanno aggiunti poi gli utenti privati. In particolare quelli che preferiscono navigare in rete in maniera sicura e senza possibili restrizioni. Tra queste ultime, in particolare quelle di carattere geografico. Proprio la possibilità di aggirare il geoblocking sta spingendo i russi ad adottarle.

Volendo farne uso, per le più diverse esigenze, è possibile dare un’occhiata alle seguenti, di cui vi lasciamo i link annessi per provarle, putacaso dovessero servirvi:

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