Le stablecoin sono token del tutto particolari, nate in origine con una precisa ambizione: eliminare quella eccessiva volatilità che è da sempre la caratteristica più evidente delle criptovalute. Per farlo, i loro ideatori hanno pensato di ancorarne il valore ad asset reali, in particolare al dollaro americano, che è quello largamente prevalente al momento.

La stabilità in discussione, però, esiste soltanto sin quando questi asset virtuali riescono a mantenere il proprio ancoraggio, restando quindi in un rapporto paritario con il bene garanzia. Quando il peg, questo il nome che assume il legame in questione, salta, iniziano grandi problemi, come quelli che hanno infine condotto al disastro di Terra (LUNA).

Il progetto avviato da Do Kwon, infatti, dopo aver illuso un gran numero di investitori e aver fatto addirittura vagheggiare una crescita infinita, tale da attaccare le posizioni di Bitcoin ed Ethereum, ha concluso in pratica la sua esistenza con un crac clamoroso, a seguito del quale sono iniziate fibrillazioni sempre più forti, le quali hanno riguardato l’intero comparto. Una sorta di effetto domino il quale ha interessato in particolare Tether (USDT) e USDD, la stablecoin di Tron, ma non solo.

Le stablecoin, però, sono un semplice strumento finanziario, le quali possono avere una loro indubbia validità, soprattutto se utilizzate alla stregua di strumento di pagamento. La crisi attuale può essere considerata analoga a quella che interessò le dot.com all’inizio del millennio. All’epoca, infatti, solo le aziende tecnologiche più forti sopravvissero alla buriana, come Amazon. Proprio per questo può essere interessante andare a cercare di individuare le migliori stablecoin attualmente sul mercato.

Quali sono le tipologie di stablecoin

Prima di individuare le migliori stablecoin, occorre andare a vedere quali sono le tipologie esistenti. La suddivisione comunemente accettata, al momento, è la seguente:

  •  le stablecoin ancorate a valuta fiat, ovvero a una moneta a corso legale, una categoria in cui rientrano ad esempio Theter (USDT) Binance USD (BUSD), True USD (TUSD) e Paxos Standard (PAX), ancorate al dollaro in un rapporto alla pari;
  • le stablecoin collegate ad un altro genere di asset come ad esempio le materie prime o i metalli preziosi. Una stablecoin ancorata ad un metallo prezioso è, ad esempio Digix Gold Token (DGX), peggata all’oro. Un caso del tutto originale, in questo ambito, è invece quello rappresentato da Frax Price Index, il progetto lanciato da Frax Finance e ancorato all’indice di inflazione;
  • le stablecoin ancorate a criptovalute, il cui campione è rappresentato da Dai (DAI), a sua volta collegata alla blockchain di Ethereum;
  • le stablecoin algoritmiche, la categoria in cui rientrava appunto Terra e che ora vede tra i suoi campioni Stasis (EURS /EUR), Fei (FEI), Basis Cash (BAC) e Empty Set Dollar (ESD).

Quali sono le migliori stablecoin, al momento

Una volta ricordato quali sono le tipologie, possiamo passare al passo successivo, ovvero l’individuazione delle migliori stablecoin in questo preciso momento. In una lista di questo genere non possono mancare, in particolare:

  • Tether, che nonostante i recenti scricchiolii, causati soprattutto dal panico diffuso sui mercati dal crollo di Terra, USDT è comunque la stablecoin largamente maggioritaria. Il suo esordio, avvenuto nel 2014, è stato caratterizzato dall’idea in fondo molto semplice che ad ogni token emesso corrisponda un dollaro reale. Il problema evidenziato da più parti è proprio questo: è possibile credere realmente che l’azienda sia in grado di ricoprire e garantire tutti i 35 miliardi di dollari emessi tra il gennaio del 2021 e il marzo di quest’anno? Non a caso lo Stato di New York ha dato vita ad un’indagine in tal senso, durata ben due anni e terminata con una multa di 18 milioni di dollari comminata all’emittente, con la motivazione che l’azienda aveva occultato i rischi ai propri investitori. I dubbi su Tether sono poi stati rinfocolati da un comunicato emesso dall’azienda, secondo il quale “Ogni tether è sempre coperto al 100% dalle nostre riserve, che comprendono valute tradizionali ed equivalenti al contante e, di volta in volta, possono includere altri asset e crediti derivanti da prestiti effettuati da Tether a terzi, che possono includere entità affiliate“. Un comunicato abbastanza maldestro, il quale ha spinto alcuni membri della comunità a ritenere che la stablecoin possa essere basata da beni diversi dal dollaro statunitense, dato tale da andarne a compromettere in definitiva la credibilità. Il pericolo segnalato da più parti è quello che si presenta nel classico gioco in cui il numero delle sedie è inferiore a quello dei partecipanti: ove dovessero verificarsi difficoltà impossibili da gestire molti si metterebbero a cercare un appoggio. A quel punto qualcuno potrebbe scoprire che manca la sedia cui poterlo fare.
  • Binance USD, altro progetto legato al dollaro statunitense, lanciato nel 2019 dal più grande exchange a livello globale. Oltre all’emittente, che di recente ha annunciato la decisione di assumere personale, puntando su una prossima ripresa dei mercati, c’è un altro punto di forza da mettere in rilievo in questo caso: BUSD è infatti stato approvato dal New York State Department of Financial Services (NYDFS), ovvero l’autorità cui spetta il compito di sovrintendere alle attività di carattere finanziario che hanno luogo all’interno del territorio statale. Si tratta in effetti di un dato da considerare nella sua importanza, poiché proprio lo Stato di New York ha dimostrato grande rigore nell’approccio al fenomeno rappresentato dall’innovazione finanziaria.
  • True USD, token ERC-20 basato sulla blockchain di Ethereum, che ha iniziato la sua navigazione nel corso del 2018 e al momento posizionato al 44° posto nella classifica di CoinMarketCap relativa alla capitalizzazione di mercato. In questo caso è possibile affermare che i livelli di sicurezza del progetto sono molto elevati, considerazione da non sottovalutare in un momento in cui un gran numero di stablecoin non è in grado di dare garanzie in tal senso. A ufficializzare questo aspetto è stato l’audit concluso il passato 8 aprile con la pubblicazione di un rapporto da parte della società di contabilità certificata Cohen & Company, attestante il rispetto da parte dell’emittente TrustToken dell’obbligo di garantire ogni singolo token rilasciato. Proprio il continuo auditing cui viene sottoposto il progetto può essere considerato alla stregua di una garanzia da chi è alla ricerca di sicurezze in un campo al momento minato come quello delle stablecoin.
  • Pax Dollar, in precedenza noto come Paxos Standard ed emesso da Paxos Trust Company sotto forma di token ERC-20 su Ethereum. Lanciato nel corso del 2018, la sua notorietà è cresciuta molto sul finire dell’anno passato, grazie all’annuncio relativo al lancio di un nuovo progetto pilota negli Stati Uniti da parte di Meta, grazie al quale ad un numero limitato di utenti è stato permesso di inviare e ricevere denaro sotto forma di criptovalute tramite il portafoglio digitale Novi (ex Calibra). Il token scelto per questo esperimento è stato appunto Pax Dollar, ritenuto con tutta evidenza un progetto connotato dai livelli di sicurezza adatti per fungere da partner in questa occasione. Al momento USDP si trova al 51° posto della classifica di CoinMarketCap;
  • Digix Gold, lanciato nel 2014, a Singapore, da Kai Cheng. In questo caso a garanzia dei token emessi non c’è una valuta, fiat o virtuale, come nei casi precedenti, bensì un materiale prezioso, l’oro. Proprio questo può essere considerato il vero punto di forza di questa stablecoin, considerato come l’oro sia il bene rifugio per eccellenza, in grado cioè di resistere al meglio anche quando i mercati entrano in fase di fibrillazione. In pratica, ogni DGX ha il suo corrispettivo in un grammo d’oro custodito a Singapore. Chi vuole cambiare il suo quantitativo di token nel corrispondente fisico può quindi recarsi di persona nello Stato asiatico, oppure richiederne la consegna tramite posta. A garantire la correttezza del meccanismo ideato è la verifica approfondita che l’azienda effettua quattro volte all’anno per garantire che la quantità di DGX diffusa sia corrispondente a quella detenuta sotto forma di metallo prezioso.
  • Reserve Right, un protocollo il quale è stato creato nel maggio del 2019 da Nevin Freeman, attualmente CEO di Reserve.org, e Matt Elder, a sua volta CTO di Reserve.com, con il compito di sovrintendere all’implementazione dell’architettura. Si tratta di due personalità già note per una lunga navigazione in ambito crypto: Freeman si è infatti fatto conoscere per il contributo dato alla fondazione di Paradigm Academy, MetaMed Research Inc. e Riabiz.com., mentre Elder è noto per il lavoro in veste di ex ingegnere all’interno di realtà come Google, IBM e Quixey. Il reperimento dei fondi da adibire alla crescita di RSR è stato condotto tramite una offerta di scambio iniziale (IEO), che ha avuto luogo il 22 maggio del 2019 su Huobi Exchange e ha fruttato circa 3 milioni di dollari. Il suo funzionamento è molto simile a quello di Terra e prevede un meccanismo teso ad trovare il miglior punto di equilibrio possibile, alla stregua di una media. Al fine di fissarlo è prevista la vendita o l’acquisto in automatico di moneta virtuale: quando viene toccato il prezzo ideale più un determinato spread si vendono token, se si allontana eccessivamente si comprano. Siamo cioè nel terreno attualmente considerato minato delle stablecoin algoritmiche.

Le prospettive per le stablecoin

Dopo aver visto le stablecoin più importanti, secondo molti le migliori del settore, occorre passare ad una domanda di non poco conto: quali sono le loro prospettive? Sono destinate a deperire seguendo la triste fine di Terra, oppure sono in grado di riprendersi, aiutate anche dalla chiarificazione del quadro in atto?

Per dare una risposta in tal senso occorre partire da un presupposto: le stablecoin non hanno iniziato a franare dopo gli eventi di Terra. Già negli anni precedenti, infatti, era in atto un processo di eliminazione dei progetti reputati con tutta evidenza inadeguati dai mercati e dagli investitori. In base ad un rapporto pubblicato da Stable Report, già nel corso del 2020 si era assistito al decesso o alla pratica inattività di 150 token di questo genere, tra cui ben 40 di quelli ancorati all’oro.

Quindi, già in precedenza era iniziata la selezione naturale a cura degli investitori, la quale aveva lasciato sul campo solo i progetti ritenuti in grado di essere fonte di guadagno, in quanto provvisti di caratteristiche tecniche adeguate.

In effetti proprio questo è il punto da cui muovere, in quanto il crac di Terra non è un evento mai accaduto nel campo della finanza. Se è crollata una banca come Lehman Brothers, premiata da un rating eccellente dalle agenzie al momento del crac, perché non dovrebbe succedere anche ad una stablecoin? Si tratta in effetti di un evento tutt’altro che eccezionale.

La domanda che ci si deve porre, però, per evitare di restare coinvolti in eventi di questo genere e restarne rovinati, è in effetti questa: perché si è verificato il crollo del progetto di Do Kwon? E quale lezione lascia? Quesiti di grande attualità e tali da meritare risposte non banali.

La risposta alla prima domanda non è ancora stata fornita in maniera esaustiva. Si ritiene però che a far perdere l’ancoraggio a Terra sia stato un vero e proprio attacco combinato. Una volta riuscito il depegging gli attaccanti hanno iniziato a vedere i token, innescando la classica corsa agli sportelli da parte di chi non voleva restare coinvolto, aggravando la discesa del prezzo. I sospetti dei piccoli investitori colpiti si è da subito concentrata su due grandi fondi, ovvero Blackrock e Citadel.

Al di là delle risposte date dagli accusati, resta comunque un dato di fatto: le stablecoin algoritmiche sono una vera incognita. Non avendo una riserva di valore effettiva a garanzia, il loro funzionamento dipende soprattutto da un meccanismo di fiducia con gli investitori. La fiducia, però, come si è visto in questo caso può essere ritirata, innescando un vero e proprio terremoto sui mercati. Una crisi che ha come conseguenza anche un effetto domino, propagando il panico anche ad altre stablecoin, in particolare quelle simili.

Non meno problematiche, però, potrebbero essere le stablecoin legate ad un asset diverso dalla valuta fiat. Il sospetto, in questo caso, si va ad accentrare soprattutto sulle stablecoin peggate all’oro. Il motivo è stato spiegato da Gregory Klumov, il CEO di Stasis, piattaforma blockchain legata all’euro, secondo il quale il deposito e la conservazione dell’oro messo a garanzia comportano costi molto elevati. Ma, soprattutto, il metallo giallo potrebbe essere presto sostituito dal tungsteno, generando un forte deprezzamento, tale da mettere in forte dubbio la capacità di garanzia di quello depositato.

Proprio per cercare di evitare problemi di questo genere, che potrebbero avere conseguenze non solo sul settore delle criptovalute, ma anche sui mercati tradizionali, da più parti le autorità politiche stanno ora cercando di correre ai ripari. La speranza è che siano al più presto adottate normative severe, ma anche equilibrate, in grado di non impedire alle stablecoin di esercitare le proprie migliori caratteristiche, ma anche di mettere al sicuro il denaro degli investitori.

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