Amazon, Apple, Google e gli altri colossi del web che forniscono servizi legati all’assistenza vocale, servizi che a giudicare da un recente studio hanno maggior difficoltà a comprendere la voce degli utenti di colore. Il motivo di tali discriminazioni razziali? Sempre lo stesso secondo quanto emerso: la preparazione e la realizzazione dei meccanismi su cui si basano gli assistenti vocali che, nella maggioranza dei casi, provengono da bianchi.
I dettagli e i risultati dello studio
Per realizzare servizi come Google Assistant, Amazon Alexa, Siri o Cortana, c’è un importante processo di apprendimento che, per ovvie ragioni, è a prevalenza bianca. Questa è l’evidenza che traspare dalla ricerca in questione, ricerca che sottolinea come gli assistenti vocali facciano maggior fatica a riconoscere le parole pronunciate da persone di colore.
I ricercatori hanno preso in considerazione le soluzioni di Amazon, Apple, Google, IBM e Microsoft, utilizzando i relativi sistemi per trascrivere interviste in inglese americano con 42 persone bianche e 73 di colore.
Coi primi la percentuale d’errore media è risultata del 19%, coi secondi del 35%. Di qui con le persone di colore gli assistenti vocali hanno rilevato il 20% dei frammenti audio come incomprensibili, rispetto al 2% degli altri.
Dati significativi, questi, dai quali trapela un “migliore“, Cortana di Microsoft e un “peggiore“, Siri di Apple.
Questo motiva le conclusioni anticipate sopra: il fatto che le aziende addestrino gli assistenti vocali con clip audio di persone bianche, perlomeno in prevalenza. Di qui il sollecito dei ricercatori a raccogliere e utilizzare con più frequenza dati sul’inglese afroamericano e altre varietà di inglese, a beneficio di tutti.
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