La tensione tra creatori di contenuti e aziende di intelligenza artificiale torna ad accendersi, questa volta in Giappone, dove alcuni dei nomi più iconici dell’industria dell’intrattenimento, tra cui Studio Ghibli, Bandai Namco e Square Enix, hanno chiesto formalmente a OpenAI di interrompere l’uso delle loro opere protette da copyright come materiale di addestramento di Sora 2, il modello di generazione video annunciato di recente.
A dare voce alle preoccupazioni è stata la Content Overseas Distribution Association (CODA), organizzazione antipirateria che tutela i diritti di distribuzione internazionale delle proprietà intellettuali giapponesi. In una lettera pubblicata la scorsa settimana, CODA ha accusato OpenAI di aver utilizzato impropriamente contenuti protetti, sottolineando che l’atto di replicazione durante il processo di apprendimento automatico può costruire una violazione di copyright.
Il Giappone contro OpenAI, deve smetterla di utilizzare le opere per addestrare l’IA
Dopo il debutto di Sora 2 la rete si è rapidamente riempita di video generati dall’IA che riproducevano fedelmente lo stile visivo tipico delle produzioni giapponesi, in particolare quelle dello Studio Ghibli; tanto che persino Sam Altman, CEO di OpenAI, è stato notato per aver impostato come immagine del profilo su X (ex Twitter) un ritratto in stile Ghibli, diventato in breve tempo virale.
Non è un caso isolato, già con il lancio di GPT-4o la scorsa primavera, la community aveva segnalato un’ondata di immagini in stile anime riconducibili a opere giapponesi, segno evidente che i dataset di addestramento includevano riferimenti visivi a proprietà intellettuali note.
Le reazioni, ovviamente, non si sono fatte attendere; il governo giapponese avrebbe formalmente chiesto a OpenAI di interrompere la generazione di contenuti che riproducono opere d’arte giapponesi. In risposta alle crescenti tensioni, Altman aveva promesso un aggiornamento alla politica opt-out di Sora, consentendo ai detentori dei diritti di escludere i propri contenuti dai dataset; tuttavia, secondo CODA, questa misura non sarebbe conforme alla legge giapponese sul copyright.
L’associazione ha infatti spiegato che, nel sistema giuridico nipponico, l’autorizzazione preventiva è obbligatoria, e non esiste alcun meccanismo che permetta di evitare la violazione dei diritti tramite una semplice obiezione successiva. In altre parole, la politica di opt-out sarebbe irrilevante rispetto alla necessità di ottenere un consenso esplicito e preventivo per l’utilizzo delle opere.
CODA ha chiesto a OpenAI di rispondere sinceramente alle rivendicazioni dei propri membri, sospendendo immediatamente l’utilizzo delle opere protette da copyright non solo come materiale di output (cioè i contenuti generati da Sora), ma anche come dati di addestramento dei modelli.
Si tratta in sostanza di una richiesta formale di stop totale all’utilizzo di contenuti giapponesi senza autorizzazione, che potrebbe aprire un nuovo fronte legale nel già complesso dibattito internazionale sull’uso delle opere creative da parte delle IA generative.
Questa vicenda si inserisce in un contesto sempre più teso tra grandi aziende tech e industria dell’intrattenimento, dove i confini tra ispirazione, addestramento e violazione del copyright restano sottili. Il caso giapponese potrebbe dunque diventare un precedente importante, spingendo altri Paesi a ridefinire le regole sull’uso dei contenuti creativi nell’ambito dell’intelligenza artificiale.
Gli utenti e gli artisti, nel frattempo, restano in attesa di chiarimenti da parte di OpenAI, che non ha ancora rilasciato una dichiarazione ufficiale in risposta alla richiesta di CODA; il futuro di Sora dipenderà anche da quanto le aziende sapranno adattarsi a un mondo in cui la creatività umana e quella artificiale si trovano sempre più intrecciate, e inevitabilmente in conflitto.
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