Eravamo pronti a dire definitivamente addio allo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale utilizzato da oltre 33 milioni di italiani, per anticipare l’utilizzo esclusivo della Carta d’Identità Elettronica (CIE) come strumento di accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione. Tra le cause, così lamentano i provider che erogano il servizio, il mancato pagamento dei fondi (circa 40 milioni di euro) necessari per garantire la sicurezza e l’aggiornamento del servizio. Solo ad aprile, infatti, con l’approvazione del decreto attuativo, i contributi statali sono stati effettivamente sbloccati e destinati ai provider.
Quello che sembrava essere l’atto finale di una storia travagliata si è rivelato, in un copione per niente inedito nella storia del nostro Paese, in un nuovo capitolo che prevede il rinnovo per cinque anni dello SPID e , come già anticipato da diversi gestori, la legittimazione della monetizzazione del servizio.
Come cambierà lo SPID nei prossimi cinque anni
Lo SPID, quindi, resterà operativo per altri cinque anni. A stabilirlo è il rinnovo della convenzione tra l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), il Dipartimento per la Trasformazione Digitale e Assocertificatori, così da garantire la continuità del servizio. Nel rinnovo vengono inoltre previste diverse novità, a partire dalla possibilità che l’uso dello SPID diventi a pagamento per tutti.
Alcuni operatori, come Aruba, InfoCert e Register.it, hanno già introdotto un abbonamento annuale per continuare a offrire il servizio. Anche Poste Italiane, che gestisce la maggior parte delle identità digitali attive (circa 28,7 milioni su un totale di 41 milioni), sembra orientata ad adottare una scelta simile.
Durante questo periodo di incertezza finanziaria, molti gestori hanno dovuto sostenere costi importanti senza ricevere copertura pubblica. Per alcuni di loro è diventato inevitabile introdurre un abbonamento per garantire la sostenibilità del servizio. Lo stesso comunicato con cui Assocertificatori annuncia il rinnovo della convenzione conferma questa direzione, parlando apertamente della necessità di garantire un equilibrio economico duraturo e della possibilità di valorizzare la base utenti secondo logiche di mercato.
Tra costi, sicurezza e l’obiettivo di rinunciare allo SPID
Oltre al tema dei costi, il rinnovo porta con sé anche un rafforzamento degli obblighi di sicurezza. L’erogazione dei fondi è stata infatti subordinata all’adozione di misure correttive per limitare le vulnerabilità note del sistema. Si apre così una nuova fase di sviluppo per lo SPID, che vedrà la nascita di un tavolo di lavoro permanente dedicato al miglioramento continuo della sicurezza. Tra le misure in arrivo c’è anche la possibilità, per ogni cittadino, di consultare in modo semplice e sicuro l’elenco degli SPID attivi associati al proprio codice fiscale. Questo dovrebbe limitare i rischi legati alla possibilità di attivare più SPID presso identity provider diversi, un’opzione oggi prevista dal sistema ma potenzialmente sfruttabile anche da chi ha intenzioni fraudolente.
Intanto il governo continua a promuovere un futuro in cui la Carta d’Identità Elettronica e il sistema IT-Wallet europeo diventino gli strumenti principali per l’accesso ai servizi digitali. La volontà politica, già espressa più volte dal sottosegretario con delega all’Innovazione Alessio Butti, è quella di superare lo SPID e accorpare tutto nel nuovo sistema digitale centrato sulla CIE. I numeri sembrano supportare questa transizione. Secondo l’ultimo aggiornamento fornito dal Sottosegretario Tullio Ferrante, sono oltre 53 milioni le carte d’identità elettroniche emesse, con circa 45 milioni attive e pienamente operative. Si tratta di una base utenti perfettamente sovrapponibile a quella dello SPID.
Ma c’è un problema di consapevolezza e di attivazione. Per utilizzare la CIE come strumento di autenticazione digitale, i cittadini devono attivare le credenziali in modo esplicito. In alcuni casi questo avviene al momento della richiesta della carta, ma non sempre. Inoltre, solo nel 2023 sono stati resi disponibili i livelli di autenticazione 1 e 2, equivalenti a quelli dello SPID. Fino a quel momento, l’accesso ai servizi digitali tramite CIE era possibile solo con il livello 3, che richiede l’uso del chip e la lettura tramite NFC dello smartphone o appositi lettori.
Anche se oggi la normativa impone che l’accesso ai servizi online sia garantito sia con lo SPID sia con la CIE, nella pratica questa parità non è sempre rispettata. Non è raro imbattersi in portali pubblici o privati che mostrano solo il pulsante SPID, ignorando del tutto l’opzione CIE. Un ulteriore ostacolo che complica il percorso di transizione verso un sistema di identità digitale più uniforme e che, al netto di tante contraddizioni, giustifica la proroga del Sistema Pubblico di Identità Digitale per altri 5 anni, anche se con un impatto economico per gli utenti.
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