La battaglia tra Spotify e Apple si arricchisce di un nuovo capitolo, con il colosso dello streaming musicale che attacca nuovamente l’azienda di Cupertino per il modo in cui sta cercando di adeguarsi al Digital Markets Act (DMA) europeo. Secondo Spotify, infatti, le misure adottate da Apple per conformarsi alla normativa sarebbero nient’altro che una “farsa”, volte più a mantenere il proprio dominio che a favorire una reale concorrenza.
Spotify continua ad accusare Apple per il mancato rispetto del Digital Markets Act
Non è la prima volta che la piattaforma di streaming accusa il colosso di Cupertino, già lo scorso anno, nonostante una multa di quasi 2 miliardi di dollari comminata dall’antitrust UE, l’azienda ha sostanzialmente proseguito per la propria strada; subito dopo la sentenza, Spotify avanzò una serie di richieste, seguite da una serie di accuse per la troppa lentezza nell’adeguarsi alle normative europee. In seguito, Apple ha sì permesso di mostrare all’interno dell’app di streaming musicale i prezzi degli abbonamenti, ma senza consentire l’inserimento di link per effettuare l’acquisto al di fuori dello store proprietario.
Come ormai sappiamo, il Digital Markets Act, entrato in vigore nell’Unione Europea per limitare il potere delle grandi piattaforme digitali (i cosiddetti gatekeeper), impone a colossi come Apple di aprire il proprio ecosistema, consentendo agli sviluppatori di offrire servizi alternativi senza subire svantaggi competitivi. Nel caso specifico dell’App Store, una delle questioni più spinose riguarda la possibilità per gli sviluppatori di fornire agli utenti metodi di pagamento esterni, senza essere obbligati a passare dal sistema di acquisti in-app di Apple che prevede commissioni elevate.
Apple, nel tentativo di adeguarsi alla normativa, ha annunciato modifiche alle proprie politiche, introducendo la possibilità per gli sviluppatori di distribuire le proprie app anche attraverso store alternativi e di inserire link verso metodi di pagamento esterni. Tuttavia, secondo Spotify e altre aziende, queste misure sarebbero state strutturate in modo tale da rendere l’esperienza per gli utenti e per gli sviluppatori ancora svantaggiosa rispetto all’utilizzo dell’App Store tradizionale.
Daniel Ek, CEO di Spotify, non ha usato mezzi termini nel criticare Apple, secondo il leader della piattaforma musicale le nuove regole imposte da Cupertino non farebbero altro che mantenere lo status quo, ponendo limiti artificiali e ostacoli che disincentivano gli sviluppatori dall’adottare soluzioni alternative: in pratica una farsa.
Uno degli aspetti più controversi riguarda il cosiddetto Core Technology Fee, una tassa che Apple impone agli sviluppatori che scelgono di distribuire le proprie app al di fuori dell’App Store ufficiale; questo costo, che arriva fino a 0,50 euro per installazione oltre una determinata soglia, rappresenterebbe un deterrente significativo per le aziende che vorrebbero adottare modelli di distribuzione alternativi. Inoltre, Spotify accusa Apple di rendere inutilmente complicato il processo per implementare i pagamenti esterni, attraverso una serie di restrizioni e requisiti che ne limitano l’efficacia.
Secondo Ek, queste pratiche dimostrerebbero che Apple sta cercando di aggirare lo spirito del Digital Markets Act, concedendo cambiamenti solo sulla carta ma mantenendo di fatto un controllo ferreo sul proprio ecosistema.
Le accuse di Spotify si inseriscono in un contesto più ampio, in cui diverse aziende del settore tecnologico stanno sollevando perplessità sulle modalità con cui Apple e altre Big Tech stanno cercando di conformarsi alla nuova normativa europea. L’Unione Europea ha già avviato indagini preliminari per verificare se le soluzioni adottate da Apple siano realmente in linea con gli obiettivi del DMA o se rappresentino una forma di elusione.
A tal proposito, la prossima decisione dell’UE in merito all’eventuale rispetto del DMA è attesa per il mese di marzo; tuttavia, la nuova commissaria alla concorrenza Teresa Ribeira ha già subito pressioni dal neo eletto presidente Donald Trump che, con un memorandum del 21 febbraio, ha espresso la volontà di colpire con pesanti dazi il Vecchio Continente in caso di eventuali sanzioni “sproporzionate” nei confronti delle aziende americane.
Se le autorità europee dovessero ritenere che Apple non sta rispettando pienamente la normativa, potrebbero scattare sanzioni molto pesanti, che includono multe fino al 10% del fatturato globale dell’azienda (una cifra che potrebbe superare i 30 miliardi di dollari); l’UE potrebbe inoltre imporre ulteriori misure correttive per garantire un’effettiva apertura del mercato.
Al momento, la strada sembra ancora lunga: le accuse di Spotify evidenziano che, almeno per ora, gli utenti potrebbero non beneficiare di un cambiamento sostanziale, molto dipenderà dalle prossime mosse della Commissione Europea e dalla capacità dell’Unione di far rispettare il Digital Markets Act senza compromessi. Non ci resta che attendere per scoprire come andrà a finire.
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