Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) chiede senza mezzi termini un’azione globale, ovvero coordinata tra i vari governi, in tema di criptovalute. Si tratta in effetti di un tema ormai all’ordine del giorno, alla luce della sempre crescente diffusione degli asset virtuali anche in tempi di crypto winter. Sino a questo momento, però, la risposta delle autorità governative è stata portata avanti senza alcun genere di accordo tra di esse, quindi in maniera estremamente frammentaria.

Un modo di procedere il quale sembra fatto apposta per lasciare ampie zone d’ombra in cui chi intende portare avanti una semplice speculazione, o addirittura un’azione viziata in termini legali, può farlo praticamente indisturbato. Dopo le recenti vicende di Terra (LUNA) e FTX sembra però ormai arrivato il momento di dare luogo ad un’azione collettiva, a livello globale. Almeno questo è ciò che chiede il Fondo Monetario Internazionale.

La dichiarazione del Fondo Monetario Internazionale sulle criptovalute

La dichiarazione del fondo Monetario Internazionale è stata pubblicata il passato 23 febbraio e parte affermando che il documento in questione è in linea con gli obiettivi che l’organizzazione si prefigge in tema di stabilità monetarie e finanziaria di tutti i suoi membri.

Prosegue quindi affermando: “Gli sforzi per mettere in atto politiche efficaci per le risorse crittografiche sono diventate una priorità politica fondamentale per le autorità, tra il fallimento di vari scambi e altri attori all’interno dell’ecosistema crittografico, nonché il crollo di alcune risorse crittografiche. Non fare nulla è insostenibile poiché le risorse crittografiche possono continuare a evolversi nonostante l’attuale recessione.”

Per riuscire a sviluppare una risposta politica completa, coerente e coordinata, indica quindi un’agenda composta da nove punti qualificanti:
1. la necessità di salvaguardare la sovranità e la stabilità monetaria tramite un rafforzamento dei quadri di politica monetaria, impedendo che gli asset digitali possano assumere lo status di valuta ufficiale o moneta a corso legale;
2. la protezione dall’eccessiva volatilità del flusso di capitale e il mantenimento dell’efficacia delle misure di gestione dello stesso;
3. l’analisi e la divulgazione dei rischi fiscali, oltre all’adozione di politiche in tema di tassazione tali da non provocare incertezze;
4. lo stabilimento di un quadro in cui si affermi la certezza del diritto per quanto riguarda le criptovalute e siano delineati i rischi legali ad esse connessi;
5. lo sviluppo e l’applicazione di requisiti prudenziali, di condotta e supervisione a carico di tutti coloro che operano all’interno del settore;
6. la fissazione di un quadro di monitoraggio congiunto tra diverse agenzie e autorità nazionali;
7. l’adozione di accordi di collaborazione internazionale tesi a migliorare la supervisione e l’applicazione delle normative in relazione di asset virtual;
8. il monitoraggio dell’impatto delle criptovalute sul sistema monetario internazionale e degli effetti che potrebbero avere sulla sua stabilità;
9. il rafforzamento della cooperazione globale al fine di poter sviluppare infrastrutture digitali e soluzioni alternative per pagamenti e finanziamenti transfrontalieri.

Occorre poi sottolineare un altro punto del documento, per capire quale sia la direzione intrapresa dal Fondo Monetario Internazionale: “Gli amministratori hanno generalmente osservato che mentre i presunti potenziali benefici delle criptovalute devono ancora concretizzarsi, sono emersi rischi significativi.”

Di fronte a questa affermazione non stupisce eccessivamente che il FMI affermi come l’adozione diffusa delle criptovalute potrebbe infine minare l’efficacia della politica monetaria, aiutare l’evasione fiscale e un utilizzo di queste risorse per fini contrari alla legge. Tesi del resto già largamente affermate negli anni precedenti, da parte della finanza tradizionale.

Non soffocare l’innovazione finanziaria, ma sfruttare la tecnologia per fini pubblici

Al tempo stesso, è da notare che secondo gli estensori del documento, la via della repressione non rappresenta la strada migliore, pur non escludendola in via di massima. Mentre sarebbe senz’altro preferibile dare vita ad una regolamentazione in grado di dimostrarsi attenta a non soffocare l’innovazione finanziaria.

Inoltre, il settore pubblico potrebbe sfruttare la tecnologia che è alla base degli asset virtuali, ovvero la blockchain, nel preciso intento di perseguire obiettivi di politica tali da poter andare a vantaggio della collettività.

Se realmente si intende poter condurre questo genere di politiche, però, è necessario un trattamento normativo cui possano concorrere cornici di diritto pubblico e privato del tutto chiare e trasparenti. Inoltre, è necessario un coordinamento molto stretto tra le autorità preposte alla sorveglianza dei mercati monetari su scala nazionale, avendo come obiettivo il conseguimento del principio “stessa attività, stesso rischio, stessa regolamentazione.”

Nulla di nuovo, o quasi

Il documento pubblicato dal FMI non rappresenta nulla di nuovo rispetto a quello che era stato sostenuto nell’ottobre del 2021, all’interno di un rapporto sull’andamento dell’economia globale.

Anche in quel caso l’organizzazione aveva posto l’accento sui rischi connessi all’adozione sempre più larga degli asset virtuali, in particolare per i consumatori, ricordando che su 16mila criptovalute lanciate sino ad allora oltre 7mila erano praticamente scomparse.

Il documento aveva poi affermato che molte di queste piattaforme erano gravate da carenze in termini di operatività, di governance e prassi, con frequenti blackout in corrispondenza dei momenti in cui i mercati sono più turbolenti.

E, ancora, il bando delle attività di mining dal territorio cinese era stato indicato come un altro problema di non poco conto, andando ad impattare sull’utilizzo di energia, particolarmente per l’estrazione di Bitcoin e altri token fondati sull’algoritmo di consenso Proof-of-Work (PoW).

Anche la contrarietà alle decisioni di alcuni governi che hanno proclamato il corso legale del Bitcoin, a partire da quello di El Salvador, non rappresenta una novità. Il FMI ha infatti da sempre un occhio di riguardo per la finanza tradizionale e, di conseguenza, guarda a ciò che va contro lo status quo come una potenziale minaccia. Si può quindi affermare che non c’era alcun bisogno di dare vita ad un documento il quale rappresenta praticamente un semplice riassunto di tesi già ampiamente conosciute.

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