Le auto elettriche continuano a soffrire in termini di diffusione, nel nostro Paese. L’ennesima conferma di questo assunto arriva dai dati relativi ai bonus riservati all’acquisto di autoveicoli. Mentre sono praticamente andati esauriti quelli collegati ai modelli benzina e diesel, sono invece rimaste al palo le agevolazioni dedicate ai veicoli green. Un dato su cui la politica dovrebbe riflettere con grande attenzione per cercare di individuarne le cause, se realmente si vuole favorire anche nel nostro Paese la transizione verso forme di mobilità più rispettose dell’ambiente.

Esauriti i bonus per i modelli benzina e diesel, a differenza di quelli per le elettriche

Il dato che arriva dopo un mese di bonus per l’acquisto di autoveicoli sembra non ammettere eccessive repliche: mentre sono andati a ruba i 150 milioni collegati a modelli benzina e diesel, sono invece stati ignorati i bonus collegati ai veicoli elettrici. I fondi di 218,5 milioni di euro destinati alle ibride plug-in e di 173 che sono stati indirizzati sulle auto elettriche sono quasi intatti e rischiano di restarlo lungo tutto il corso dell’anno. Le premesse sembrano in effetti esserci tutte e non dipendono certo dal gradimento o meno degli automobilisti italiani verso le auto green.

Si tratta dell’ennesima conferma di una situazione che è ormai ampiamente conosciuta. Se qualcuno pensa che dipenda dalla mancanza di colonnine di ricarica lungo il territorio nazionale, si tratta di una errata percezione. Un recente studio di E-Motus, intitolato “Le infrastrutture di ricarica a uso pubblico in Italia” ha infatti dimostrato con tanto di numeri che l’Italia non si trova assolutamente in ritardo sotto questo punto di vista rispetto a Francia, Regno Unito e Germania. Anzi, nel corso dell’ultimo anno, il periodo preso in considerazione per la ricerca, le colonnine posizionate lungo il territorio peninsulare sono aumentate nell’ordine del 41%, anche se in maniera molto diseguale, con la parte bassa dello stivale costretta ancora una volta a registrare un forte ritardo nei confronti del Nord Italia.

Il problema non è quindi legato a carenze infrastrutturali, come asserito da alcuni osservatori, bensì a questioni riguardanti più in generale la politica salariale che è stata adottata dai governi della Seconda Repubblica. Politica che oggi si va a riflettere sulla capacità di spesa di una miriade di famiglie, impossibilitate in pratica a destinare soldi a cose non ritenute con tutta evidenza prioritarie.

Il commento del Ministro dell’Industria e del Made in Italy Urso

Di fronte a quanto sta emergendo in relazione ai bonus destinati al sostegno del settore automobilistico, il Ministro dell’Industria e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha rilasciato un commento nel corso della trasmissione “Radio anch’io”, in cui si dibatteva dello stop imposto dall’Unione Europea ai veicoli dotati di motore termico a partire dal 2035.

La sua dichiarazione ha colto almeno una parte del problema, ricordando che in Italia gli stipendi (e le pensioni) sono troppo bassi per poter sostenere l’attitudine al consumo delle famiglie. Con i livelli salariali attualmente esistenti nel Belpaese, quindi, i modelli green rappresentano praticamente un prodotto riservato ai ricchi o, comunque, un lusso per un gran numero di famiglie costrette a far quadrare i conti alla fine del mese e costrette quindi a destinare i propri fondi a cose più necessarie.

Urso ha poi aggiunto che l’Italia non ha tempo per la necessaria riconversione del sistema industriale, facendo quindi dell’obiettivo indicato dall’UE un vero e proprio pericolo in termini occupazionali. Se la riconversione è complicata, però, l’alternativa non può che essere l’adeguamento dei livelli salariali, in un Paese che costituisce un caso in ambito UE: l’Italia è infatti l’unico in cui gli stipendi sono arretrati dal momento dell’esordio dell’euro. Ove ciò non accada, sarà molto complicato per il Belpaese arrivare nelle condizioni giuste all’appuntamento del 2035.

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