È in arrivo una tassa anche sulle criptovalute? Come era facile immaginare, se in campagna elettorale i partiti, tutti, avevano promesso mari e monti, ora la realtà che si prospetta è di tutt’altro genere. La necessità di tenere sotto controllo i conti dello Stato ha infatti consigliato il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni a riporre i sogni nel cassetto e a guardarsi intorno alla ricerca di nuove occasioni di introito per le casse dello Stato.

Nel corso della ricerca è così spuntato fuori un filone interessante, ovvero quello del denaro virtuale. Asset la cui tassazione, anche in Italia, continua ad essere oggetto di dibattito il quale, almeno al momento, non è mai approdato a nulla di concreto. Nelle ultime ore, però, hanno iniziato a infittirsi le voci su una possibile tassa la quale andrebbe a colpire proprio gli asset virtuali, a partire naturalmente dal Bitcoin. Andiamo quindi a cercare di capire meglio cosa stia accadendo.

Tassa sulle criptovalute: di cosa si tratta?

La norma di cui si è iniziato a parlare figura in una bozza dell’articolato ancora in discussione, la quale prevede anche la regolarizzazione delle attività legate alle criptovalute. Occorre naturalmente precisare che non si tratta di una tassa sulla proprietà di asset virtuali, ma di un balzello il quale andrebbe a gravare sulle plusvalenze generate dal loro acquisto con successiva rivendita. In pratica si punta a stabilire un’equiparazione con le rendite derivanti da attività finanziarie, le quali sono al momento gravate da un’aliquota del 26%. Senza contare che anche i titoli emessi dallo Stato, ovvero Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) e i Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) devono corrispondere il 12,5% all’erario.

Il provvedimento, peraltro, arriverebbe in un momento in cui le criptovalute sono tornate sotto l’obiettivo dell’opinione pubblica, a causa dello sconquasso provocato dal fallimento di FTX, l’exchange di Sam Bankman-Fried, il quale si è abbattuto alla stregua di un vero terremoto su coloro che detenevano i propri soldi al suo interno. Nel crac, infatti, sarebbero stati bruciati non meno di dieci miliardi di dollari, di cui è al momento lecito prevedere l’impossibile restituzione. Un evento di cui si è parlato molto anche nel nostro Paese, come del resto era logico attendersi, rinnovando l’allarme sulla pericolosità degli asset digitali.

Tassazione e regolamentazione delle criptovalute

La tassa sulle plusvalenze derivanti da criptovalute, peraltro, è ormai un vecchio pallino dell’attuale ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che già quando deteneva la stessa carica allo Sviluppo Economico aveva ipotizzato una regolamentazione del settore, con conseguente tassazione.

Un tema, quest’ultimo, che ormai da tempo è dibattuto in molti Paesi e che in Italia era stato affrontato dal Movimento 5 Stelle nel corso della passata legislatura, quando si era peraltro vagheggiata una possibile sanatoria per coloro i quali non avevano provveduto a regolarizzare la propria posizione con il fisco in relazione alla detenzione di denaro virtuale.

Se erano stati presentati alcuni progetti di legge al riguardo, la fine anticipata della legislatura aveva però impedito ogni possibile provvedimento in merito. Le ipotesi che circolano in queste ore sembrano quindi porre le basi per una ripresa della discussione, sperando che non si limiti alla questione finanziaria, ma vada ad affrontare anche altri aspetti sicuramente più importanti.

Il precedente della Tobin Tax

Resta però da capire quale tipo di gettito possa portare una misura di questo genere, alla luce della situazione sempre più critica di un mercato che lungo tutto il corso dell’anno è stato oggetto di ripetuti crolli, senza mai accennare ad una reale ripresa. Senza contare il precedente della Tobin Tax, la tassa che era stata introdotta nel 2012 dal governo Monti sulle transazioni finanziarie al termine di un lungo dibattito.

All’atto pratico, la Tobin Tax si è rivelata un vero e proprio fallimento. Se le stime preliminari indicavano in due miliardi di euro all’anno il possibile gettito, nella realtà gli incassi non hanno mai superato i 700 milioni, tanto da spingere molti a proporne l’eliminazione. Per la tassa sulle criptovalute potrebbe in effetti accadere la stessa cosa: grandi promesse, squilli di tromba e pochi incassi per lo Stato. Tanto da spingere a pensare che, in definitiva, la cosa realmente importante cui dovrebbero pensare i governanti, non solo quelli italiani, è la formazione di un quadro di assoluta sicurezza per investitori e consumatori, proprio alla luce di quanto accaduto nel caso FTX.

Leggi anchePolitica italiana e criptovalute (per le elezioni): ne parlano solo due partiti