Le stablecoin sono in questo momento oggetto di grande dibattito. A portarle al centro dell’attenzione generale è stata in particolare la vicenda di Terra (LUNA), il token crollato dopo aver sollevato grandi aspettative tra analisti e trader, tanto da essere indicata come una possibile alternativa a Bitcoin ed Ethereum.

Dopo la vicenda relativa al progetto di Do Kwon hanno iniziato a udirsi sinistri scricchiolii anche per Tether (USDT), senza contare i sospetti ormai aperti su USDD, la stablecoin di TRON, forse in questo momento il token più esposto alla possibilità di un depegging, ovvero il disancoraggio dalle risorse reali che dovrebbero garantirne la liquidità. Si può però ricorrere all’ormai classica figura retorica della punta dell’iceberg per rendere al meglio lo stato di incertezza in cui versa il settore e i timori che suscita in un’opinione pubblica sconcertata dagli eventi.

Proprio quanto sta accadendo, quindi, rende necessario cercare di conoscere al meglio le stablecoin, uno strumento nato per ovviare ai problemi derivante dalle troppo violente oscillazioni del prezzo di mercato delle criptovalute “normali”. Come tanti altri strumenti finanziari, infatti, anche in questo caso a fare la differenza può essere la conoscenza più approfondita dell’asset, in modo da capirne non solo le opportunità, m anche i rischi che prospetta in caso di incauto utilizzo.

Cosa sono le stablecoin

Le stablecoin sono token ideati nel preciso intento di conseguire una stabilità sconosciuta a Bitcoin e Altcoin, la cui quotazione viene fissata dalle contrattazioni che ogni giorno avvengono sui mercati, ovvero dall’equilibrio formato da domanda e offerta.

In pratica, essendo BTC e altri token beni finiti, ovvero con una offerta limitata ad un numero di monete virtuali stabilite in avvio, all’aumentare della domanda di mercato ne aumenta anche il valore, così come al diminuire della prima diminuisce anche il loro prezzo. Il tutto secondo una logica di diretta proporzionalità che viene a decadere nel caso delle stablecoin.

In questo caso, infatti, ad essere immesso sul mercato è un numero di gettoni variabile. In pratica sul mercato viene immesso un quantitativo di token corrispondente al bene reale posto a garanzia dai proponenti, di cui gli stessi sono una rappresentazione digitale. Proprio su questo aspetto, però, ormai da anni monta la polemica. Secondo i detrattori, infatti, i beni reali posti a garanzia non corrispondono mai alle dichiarazioni delle emittenti. Affermazione che, come vedremo, è purtroppo fondata.

Tali beni sono a loro volta mezzi di scambio, il cui valore è sotto il controllo di una struttura centralizzata. Il bene prevalente in questo momento è il dollaro, anche se iniziano ad affacciarsi sul mercato stablecoin ancorate al peso, al real e, soprattutto, all’euro. L’effetto di questo meccanismo è che se le oscillazioni possono esserci, sono comunque contenute grazie alla presenza di un tasso di cambio fisso.

Proprio il fatto di essere state ideate al fine di conferire stabilità ad uno strumento troppo volatile, permette a queste monete virtuali di rendere le transazioni in cui vengono impiegate molto più stabili e imparziali, trasformandosi in un mezzo di pagamento digitale ideale. Aziende e privati possono quindi utilizzarle per i pagamenti giornalieri, una caratteristica che sembra fatta apposta per facilitarne l’adozione in quei Paesi ove i livelli inflattivi rischiano di abbattere rapidamente il valore d’acquisto di stipendi e pensioni.

Quali sono le tipologie di stablecoin esistenti

Se la stablecoin rappresenta una macrocategoria, al suo interno è possibile ravvisare la presenza di diverse tipologie. In particolare si possono indicare:

  • le stablecoin ancorate a valuta fiat, ovvero a una moneta a corso legale. Questo genere di ancoraggio permette di garantire la stabilità di valore nel tempo, in quanto la seconda è sotto il controllo delle banche centrali. In pratica, ogni token che viene creato e lanciato sul mercato è garantito da una moneta in valuta ufficiale la quale viene depositata, in modo da rappresentare la garanzia collaterale di valore del primo. In questa categoria rientrano ad esempio Theter (USDT) e Paxos Standard (PAX), ancorate al dollaro in un rapporto alla pari, oltre a due valute che hanno perso l’ancoraggio senza però provocare sconquassi come Terra, ovvero DEI e FantomUSD, scese rispettivamente a 0,57 e 0,35 dollari;
  • le stablecoin ancorate ad un altro genere di asset come ad esempio i metalli preziosi o le materie prime, ma non solo. Il funzionamento di questa classe di monete virtuali è comunque analogo a quello descritto nel caso precedente, poiché i token emessi sono collegati ad una quantità determinata dello specifico asset, il quale viene conservato e sottoposto a controlli periodici. Un caso classico di questa categoria è rappresentato da Digix Gold Token (DGX), ancorata all’oro, cui occorre aggiungere Frax Price Index, il progetto lanciato da Frax Finance peggato all’inflazione;
  • le stablecoin ancorate a criptovalute, in cui sono altre valute digitali ad assumere la valenza del collaterale. Come abbiamo già notato, però, gli asset virtuali sono enormemente volatili e, di conseguenza, il quantitativo di di valore nominale che viene posto a garanzia deve essere superiore, e anche di molto, a quello dei token emessi, proprio per poter fronteggiare le tradizionali turbolenze dei mercati;
  • stablecoin algoritmiche. In questa categoria rientrano i progetti che non si basano su un sistema centralizzato e collateralizzato, ovvero garantito. Se le stablecoin precedenti hanno coperture, quelle algoritmiche non hanno come garanzia un bene, sia esso reale o virtuale, controllato da un soggetto o un ente, ma fanno dipendere il proprio valore da un algoritmo il quale opera in automatico servendosi di smart contract. Il meccanismo che ne deriva fissa un valore di riferimento rappresentato solitamente dal dollaro, varcato il quale da parte della quotazione della moneta virtuale vengono emessi nuovi token, tesi a mantenere in equilibrio il prezzo in una proporzione paritaria. Il caso tipico è rappresentato proprio da Terra, che per mantenere il prezzo fa leva su un secondo token di governance, LUNA. Il punto debole di questa categoria è rappresentata dal fatto che la quotazione dipende dagli interessi dei trader. In pratica, quella volatilità che viene espulsa dalla porta non fa altro che rientrare dalla finestra non appena il sistema congegnato mostra la minima falla.

Come si guadagna con le stablecoin

È possibile guadagnare con le stablecoin? Come abbiamo visto, questi token non si prefiggono di essere uno strumento per il trading, ma di risolvere il problema derivante dall’eccessiva volatilità di questo particolare settore. Questa funzione, però, non impedisce di guadagnare acquistandole presso le piattaforme di scambio che le includono nelle proprie contrattazioni.

Una volta acquistato un determinato quantitativo di token, gli stessi possono infatti essere depositati presso una piattaforma per ricavarne una rendita passiva. Il procedimento è lo stesso di un conto corrente bancario, con la differenza che ad essere oggetto di deposito non è denaro reale, bensì virtuale e con rendimenti molto più elevati rispetto a quelli che caratterizzano anche i migliori conti deposito.

Proprio all’inizio del 2022 è stato reso noto un elenco di piattaforme che promettono interessi estremamente corposi sul deposito di stablecoin. La lista comprende nomi come Abracadabra che offre il 40-120% di APY (rendimento percentuale annuo), Revenant / Reaper (67% su Celo Dollar), Spectrum bPSI (34%), Trader Joe (27%), Hundred Finance (tra il 22 e il 37%), Platypus (tra il 20 e il 35%), Orion (tra il 12 e il 20%) e Brama (tra il 16 e il  18%).

Come si può notare, si tratta di guadagni sulla carta molto corposi, soprattutto se i rendimenti in questione vengono messi a confronto con quelli garantiti dai conti correnti bancari. Sin troppo corposi, però, tanto da spingere chiunque sia dotato di un minimo di consapevolezza a porsi una domanda ben precisa: si tratta di una truffa? Non abbiamo alcun motivo per rispondere affermativamente al quesito, ma al tempo stesso occorre capire che come per tutti gli asset di carattere finanziario le possibilità di guadagno si elevano in corrispondenza del livello di rischio cui si sottopongono gli investitori. Occorre quindi capire se sia il caso di correre un rischio elevatissimo, pur di remunerare al massimo l’investimento.

Quanto sono sicure le stablecoin

Stablecoin e rischio, un binomio che circolava da tempo, ma che è diventato d’attualità soprattutto dopo il crollo di Terra. Soprattutto negli Stati Uniti, ove sono state lanciate la maggior parte delle prime, per lunghi mesi importanti esponenti politici hanno cercato di mettere in guardia i consumatori.

Nello Stato di New York la battaglia in tal senso è stata condotta dal General Attorney (Procuratore Generale) Letizia James, la quale è riuscita a reperire le prove che Tether non è sempre stata supportata da un quantitativo di dollari reali pari a quello immesso in digitale sul mercato. In pratica la Tether Limited, società domiciliata alle Isole Vergine britanniche, ha millantato in maniera evidente, come si può desumere dal comunicato emesso sul sito ufficiale della procura:

“Bitfinex e Tether hanno coperto sconsideratamente e illegalmente enormi perdite finanziarie per mantenere il loro piano in corso e proteggere i loro profitti. L’affermazione di Tether, secondo cui la sua criptovaluta era sempre completamente sostenuta da dollari Usa è falsa. Queste società oscuravano il vero rischio che gli investitori dovevano affrontare ed erano gestite da persone ed entità prive di licenza e non regolamentate, che operavano negli angoli più oscuri del sistema finanziario”.

La vicenda si è conclusa con una multa di 18,5 milioni di dollari nei confronti di iFinex, Bitfinex e Tether, le società interessate e la cessazione immediata di qualsiasi ulteriore attività commerciale all’interno dello Stato di New York. Una sentenza che non riesce però a dare un’idea realmente compiuta della gravità della vicenda.

Il rischio in termini di solvibilità e garanzie, non è però il solo, quando si parla di stablecoin. Ce ne sono altri a rendere molto scivoloso il piano in cui le stesse operano. In particolare, i pericoli sono molto ampi proprio nel settore che prevede il deposito delle risorse digitali in questione in cambio di rendimenti molto elevati. Rientrano nel novero:
  1. il rischio piattaforma. Chi apre un conto presso una delle piattaforme che offrono rendimenti molto elevati per il lending di criptovalute si rivolge ad un provider centralizzato, fidandosi delle affermazioni da questo emesse a supporto degli obblighi assunti nei confronti della clientela. Questa struttura deve non solo fornire garanzie in termini di soddisfacimento dei rendimenti prospettati, ma anche di sicurezza. Deve cioè essere in grado di impedire agli hacker di portare a termine attacchi tesi alla sottrazione dei fondi virtuali depositati in un wallet (portafogli elettronico) e dei dati personali. Come si può facilmente comprendere non esiste alcuna garanzia che la piattaforma sia quello che dice di essere e non nasconda invece un piano di largo respiro per calamitare più risorse possibili e poi scomparire con il bottino collezionato. Proprio per questo occorre dare luogo a ricerche estremamente approfondite prima di aprire un account teso a guadagnare interessi sul deposito di stablecoin;
  2. il rischio di default. Chi fornisce conti in criptovaluta che prevedono la corresponsione di interessi è in grado di pagarne gli interessi promessi in quanto i token depositati sono utilizzati per il finanziamento di prestiti (questo è in pratica il lending). Il meccanismo funziona sinché i richiedenti ottemperano al piano di rientro concordato. Se non lo fanno in quantità tale da incepparlo, a causa magari di modalità di concessione dei soldi richiesti troppo allegre, il rischio di default è dietro l’angolo. Non è in effetti raro il caso di aziende fallite, anche se le piattaforme più serie, per concedere prestiti chiedono in cambio precise garanzie, tra cui il deposito cauzionale sotto forma di criptovalute. Ne consegue che in caso di inadempienza di un cliente, la piattaforma con cui è stato sottoscritto il contratto entra in possesso della garanzia, come avviene del resto nel mondo dei prestiti reali, rimborsando gli investitori;
  3. il rischio di crollo del mercato. Proprio in relazione a quanto detto in precedenza sull’insolvenza dei debitori e sulla presa in possesso da parte della piattaforma di lending crypto degli asset virtuali messi a garanzia della richiesta, occorre precisare che la stessa potrebbe risultare insufficiente in caso di crollo del mercato di settore. Il quantitativo messo a garanzia sotto forma di Bitcoin, solo per fare un esempio, viene calcolato sulla base della sua quotazione al momento della concessione del prestito. Da quel momento, però, BTC potrebbe perdere notevolmente quota, sino a rendere del tutto insufficiente il valore del deposito cauzionale.

Ai rischi che abbiamo ricordato, si vanno poi ad aggiungere quelli relativi alle emittenti, tema cui abbiamo già accennato, ma che ha bisogno di una integrazione. Nel corso degli ultimi anni, infatti, si è affermato il cosiddetto shadow banking, ovvero un sistema bancario alternativo vero e proprio, il quale ha prima affiancato quello tradizionale per poi sovrastarlo in termini dimensionali.

Una parte di esso fa riferimento appunto alle stablecoin e non fornisce adeguate garanzie in termini di resistenza ad eventuali infiltrazioni di bande criminali di ogni genere, le quali potrebbero utilizzare il settore per riciclare soldi sporchi o finanziare attività terroristiche. In pratica proprio la mancanza di controlli potrebbe mettere in grande pericolo gli investitori e i soldi da essi immessi nel sistema. Un problema il quale dovrà senz’altro essere affrontato in maniera molto esauriente nel corso dei prossimi mesi.

Proprio la carenza in termini di di trasparenza è uno dei problemi che la politica si troverà ad affrontare nell’immediato futuro. Se le grandi aziende finanziarie tradizionali sono sottoposte periodicamente al controllo delle società di revisione contabile indipendenti, nel caso della gran parte delle emittenti di stablecoin i relativi dossier sono opera di revisori dipendenti, con gravi rischi a carico degli investitori.

In conclusione, possiamo dire che il sistema stablecoin è caratterizzato da grandi potenzialità e oberato da gravi problemi irrisolti. Proprio la soluzione di questi ultimi potrebbe impedire di buttare il bambino con l’acqua sporca, impedendo una crisi di fiducia tale da travolgere l’intero settore.

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