La scoperta del programma che consente a diversi collaboratori di Apple di ascoltare frammenti di registrazioni fra gli utenti e Siri per migliorare il servizio generale ha fatto molto scalpore e, nonostante Apple abbia indicato chiaramente di averlo concluso, è stata avviata una class action nei suoi confronti per violazione della privacy.

Nella class action collettiva presentata negli Stati Uniti si parla di “illegittime e intenzionali registrazioni individuali e comunicazioni riservate registrate senza consenso“. Ciò andrebbe in violazione di numerose leggi californiane, incluso le norme del California Consumer Privacy Act a tutela dei dati personali.

L’obiettivo della class action è quella di stabilire che Apple ha violato il codice civile e le norme californiane sulla privacy, costringerla a cancellare le registrazioni degli utenti che partecipano alla class action collettiva e obbligarla ad adottare provvedimenti che cose del genere si ripetano in futuro, almeno senza il chiaro consenso degli utenti.

Apple nei guai: avviata una class action per l'ascolto delle registrazioni di Siri 1

C’è da dire che Apple non ha proprio mentito agli utenti ma gli ha avvisati con una mezza verità. Nella documentazione ufficiale e nei Termini del contratto di utilizzo di Siri viene esplicitamente sottolineato che frammenti delle conversazioni possono essere utilizzati per migliorare la qualità del servizio. Tuttavia, non è stata fatta menzione che l’analisi non avviene al 100% da parte di computer e algoritmi ma anche da parte di persone in carne e ossa.

Da parte sua, Apple ha fatto anche notare che gli utenti possono eliminare possibili registrazioni avvenute ma bisogna disattivare “Ehi Siri” e la funzionalità di Dettatura.

Chissà se questa class action comprometterà in qualche modo il programma di sviluppo e rilascio di SiriOS, il sistema operativo dedicato al mondo IoT atteso al rilascio nel 2020.

Ad ogni modo, con la diffusione sempre maggiore degli assistenti digitali ci si trova sempre più in una situazione di “dare-avere”, con le aziende che ci forniscono funzioni interessanti e che ci semplificano la vita quotidiana ma che, in cambio, richiedono l’accesso ai nostri dati (anche perché è l’unico profitto che hanno, offrendo l’accesso agli assistenti in maniera gratuita).