È sotto gli occhi di tutti come il boom dell’intelligenza artificiale stia ridisegnando le regole del mercato tecnologico, e, a quanto pare, Lenovo ha deciso di giocare d’anticipo. Il colosso cinese ha annunciato di aver aumentato del 50% le proprie scorte di memoria e componenti critici, assicurandosi una riserva sufficiente per coprire l’intera produzione del 2026.

Una scelta senza precedenti nell’industria, motivata dall’attuale crisi di approvvigionamento che sta mettendo in difficoltà l’intero settore dei semiconduttori. Facciamo chiarezza.

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Lenovo e la reazione alla crisi di memorie spinta dall’AI

A spiegare la situazione è stato Winston Cheng, Chief Financial Officer di Lenovo, in un’intervista a Bloomberg. “Il prezzo sta salendo davvero tanto, e credo che sia un ritmo senza precedenti, trainato dalla domanda di intelligenza artificiale”, ha dichiarato.

“Chi controlla l’offerta potrebbe effettivamente ritagliarsi una posizione determinante per l’intera industria.”

L’esplosione della domanda di chip di memoria, in particolare di moduli DRAM e HBM (High Bandwidth Memory) utilizzati nei data center e nei sistemi di addestramento dei modelli AI, ha spinto i prezzi a livelli record. Lenovo, consapevole dell’instabilità del mercato, ha deciso di blindare i propri contratti di fornitura per i prossimi mesi, con l’obiettivo di proteggere sia la catena produttiva sia i clienti finali dai rincari più drastici.

Secondo quanto dichiarato dall’azienda, le scorte accumulate saranno sufficienti per garantire la produzione fino alla fine del 2026. Una mossa che posiziona Lenovo in netto vantaggio rispetto ai concorrenti, molti dei quali stanno già subendo ritardi o devono affrontare aumenti dei costi significativi. Nonostante questo, Lenovo non è l’unica azienda a muoversi in questa direzione, ma la scala dell’investimento suggerisce una fiducia notevole nella crescita dell’AI e dei dispositivi smart, il che motiverebbe un accumulo di chip del genere.

Il piano riflette una strategia di lungo periodo che mira a stabilizzare i prezzi dei notebook, dei PC da gaming e delle workstation AI, che potrebbero altrimenti diventare più costosi per i consumatori. Cheng ha chiarito che l’obiettivo è “evitare di trasferire gli aumenti dei costi direttamente ai clienti”, anche se riconosce che la situazione resta estremamente volatile.

Una crisi destinata a durare

La decisione di Lenovo arriva mentre gli analisti parlano di una carenza strutturale destinata a protrarsi per almeno tre anni. Come riportato dal Taiwan Economic Daily, la scarsità di chip di memoria sta già impattando diversi settori, dalle automobili all’elettronica di consumo.

Il maggiore produttore cinese di semiconduttori, SMIC, ha avvertito che la mancanza di componenti potrebbe rallentare la produzione industriale nel 2026. Anche Xiaomi ha confermato che il deficit di fornitura potrebbe portare a un incremento dei prezzi degli smartphone a partire dal prossimo anno, con un effetto domino sull’intero ecosistema tecnologico.

Tuttavia, fanno notare gli analisti, il rischio è che l’accumulo massiccio di componenti da parte di grandi produttori come Lenovo finisca per peggiorare la crisi di offerta, spingendo ulteriormente i prezzi verso l’alto e lasciando meno margine alle aziende più piccole.

Insomma, con l’intero settore in cerca di equilibrio di fronte alla crisi dei chip, Lenovo ha scelto la strada della lungimiranza decidendo di muoversi prima di tutti, accumulando quanto serve per restare operativa anche nel caso di un collasso prolungato del mercato.