Facile immaginare che all’interno di un’azienda grande e strutturata come Google ci siano specialisti che curano gli aspetti più disparati, sia riguardo al software, da sempre la specialità della casa, ma anche riguardo all’hardware, attività su cui in anni recenti sono state riversate attenzioni sempre maggiori.

In Google però c’è addirittura un team che si occupa di colori, materiali e finiture, e in pochi probabilmente ci avrebbero scommesso. Isabelle Olsson, che ne è a capo, ha chiacchierato con i responsabili del blog ufficiale di Big G per realizzare un’intervista che apre una finestra privilegiata su quel che avviene nel singolare team.

“Ogni anno lavoriamo su centinaia di nuovi colori, ma di questi ce la fanno uno o due al massimo” afferma Olsson. L’obiettivo del team è quello di partorire tonalità tanto affascinanti da non poter essere nascoste dietro una cover. Anche volendo non possono essere nascosti i Google Pixel Buds, gli auricolari wireless della Casa ufficializzati oggi in diversi paesi tra cui l’Italia sulle cui colorazioni è incentrata l’intervista.

I Google Pixel Buds al momento possono essere acquistati solamente in Clearly White, ma le altre, senz’altro originali, disponibili altrove – Oh So Orange, Quite Mint e Almost Black – sono in arrivo. “Crediamo che colori, materiali e finitura influenzino il benessere delle persone. In Google vogliamo creare dei prodotti che si adattano alla vita della gente e ciò è impossibile senza un’oculata componente cromatica. Starà in tasca o vicino ad una borsa, vivrà su uno scaffale o su un armadio in legno?”

Google apre una finestra privilegiata sulle colorazioni: ecco cosa c'è dietro 1

Come siete arrivati ai colori degli auricolari? “Abbiamo notato che inseriti in un orecchio somigliano a delle caramelle, e l’ispirazione è arrivata proprio da quelle che avevamo in studio. Il processo che porta alla creazione di colori per qualcosa che va indossato è molto diverso da quello che riguarda gli oggetti da tenere in mano o da riporre su uno scaffale; va tenuto conto delle diverse tonalità della pelle e della variabilità dei vestiti indossati”.

“Abbiamo sperimentato un sacco di possibilità riducendole prima a 100, poi a 25. Quindi abbiamo fatto indossare i prototipi e li abbiamo fotografati per renderci conto di cosa andava bene in un orecchio e ciò che invece era migliore su un tavolo. Per un po’ sono rimaste in ballo due tonalità neutre scure ma poi ci siamo detti che scegliendole avremmo sprecato un’opportunità. Ed è tornato in ballo il verde, il Quite Mint, che è il mio preferito”.

Se l’argomento vi affascina trovate l’intervista integrale a questo indirizzo.