Il nome Commodore, per molti sinonimo di informatica domestica e di un’epoca irripetibile, torna ancora una volta al centro di una controversia legale che rischia di frenare (di nuovo) ogni tentativo di rilancio concreto del marchio. Commodore International Corporation ha infatti avviato un’azione legale contro la startup italiana Commodore Industries, contestando la validità di una serie di marchi registrati in Europa nel 2017 e sostenendo che siano stati concessi in modo improprio e, di conseguenza, legalmente invalidi.

Si tratta dell’ennesima escalation di una disputa che va avanti da anni e che affonda le radici nel fallimento della storica Commodore originale, avvenuto negli anni ’90, evento che ha lasciato dietro di sé una proprietà intellettuale frammentata e passata di mano più volte.

Commodore International contesta i marchi concessi alla italiana Commodore Industries

In un comunicato stampa ufficiale, Commodore International ha affermato che i marchi detenuti da Commodore Industries, che coprono il nome Commodore e i segni distintivi associati all’interno dell’Unione Europea, non sarebbero validi dal punto di vista legale; l’azienda statunitense ha precisato che non rilascerà ulteriori commenti mentre il procedimento è in corso, limitandosi a confermare che sono già state avviate le procedure formali.

Secondo l’azienda statunitense, questa azione sarebbe necessaria per fare finalmente chiarezza su chi detenga i diritti legittimi sul marchio e, soprattutto, per spianare la strada allo sviluppo e alla commercializzazione di nuovi prodotti ufficiali su licenza, un tema ricorrente nei tentativi di rinascita del brand.

La disputa si inserisce in un contesto già teso, emerso con forza qualche mese fa; Commodore International ha infatti annunciato di aver acquisito un ampio portafoglio composto da 47 marchi storici legati a Commodore, presentandosi come la naturale erede del marchio e come il soggetto titolato a guidarne il ritorno sul mercato.

Quasi in contemporanea, Commodore Industries ha però rivendicato la titolarità di registrazioni europee valide, comprese quelle che includono il celebre marchio C=, e si è mossa per limitare l’uso del nome Commodore da parte della nuova entità statunitense in alcune giurisdizioni; da qui, lo scontro frontale che oggi approda ufficialmente nelle aule di tribunale.

Dal canto suo, Commodore Industries ha già chiarito la propria posizione in dichiarazioni precedenti, l’azienda italiana sostiene che i marchi in suo possesso siano stati regolarmente esaminati e approvati dalle autorità competenti, sia italiane che europee, senza ricevere opposizioni al momento della registrazione; inoltre, afferma di averli utilizzati in modo continuativo nel tempo, un elemento che secondo la società renderebbe infondato qualsiasi tentativo di invalidazione retroattiva.

Al momento non è chiaro quale sia esattamente lo strumento legale scelto da Commodore International, si parla genericamente di una questione davanti al tribunale civile italiano, ma non è noto se verrà avviata anche una procedura di invalidazione presso l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale, né quali classi di marchi siano effettivamente oggetto di contestazione.

Il caso Commodore è l’ennesima dimostrazione di quanto il fallimento dell’azienda originale abbia lasciato una situazione estremamente complessa, la frammentazione dei diritti di proprietà intellettuale ha creato, negli anni, un terreno fertile per tentativi di rinascita paralleli, spesso in conflitto tra loro, con il risultato di rallentare o bloccare iniziative che potrebbero incontrare l’interesse di appassionati e nostalgici.

Da una parte c’è Commodore International, che sostiene di voler fare ordine per rendere possibile un ecosistema di prodotti ufficiali, dall’altra c’è Commodore Industries, convinta della solidità delle proprie registrazioni europee. Finché non arriverà una sentenza o un altro atto legale definitivo che assegni in modo chiaro i diritti sul marchio, Commodore resterà un nome iconico ma conteso, sospeso tra passato glorioso e un futuro che, ancora una volta, fatica a prendere forma.

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