Quando si parla di Marte, e soprattutto della possibilità di inviare esseri umani sulla superficie del pianeta rosso, si entra sempre in una dimensione che oscilla tra fantascienza e realtà, ma che negli ultimi anni, complici i progressi tecnologici e la pressione crescente delle aziende private, sta diventando concretamente più vicina. Non a caso, un nuovo rapporto elaborato dalle Accademie nazionali statunitensi punta a fissare con chiarezza gli obbiettivi scientifici che dovrebbero giustificare una missione umana, rispondendo alla domanda che tutti, prima o poi, si pongono: perché spendere decenni e miliardi per andare su Marte?

La risposta, secondo gli scienziati, è sorprendentemente semplice e al tempo stesso enorme: scoprire se la vita esiste, o è mai esistita, oltre la Terra. Una questione che, come spiegato da David Newman del MIT, resterà sempre un forse, finché non diventerà un sì.

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Un rapporto fondamentale per il futuro dell’esplorazione umana su Marte

Il documento, frutto di due anni di lavoro e lungo oltre 200 pagine, rappresenta una sorta di bussola scientifica che la NASA potrà usare per definire le prime missioni umane su Marte. Il comitato che l’ha redatto, guidato da Newman e da Linda T. Elkins-Tanton dell’Università di Berkeley, ha individuato 11 obbiettivi prioritari, ordinati in base alla loro importanza scientifica.

Come sempre, quando si passa in rassegna un elenco di priorità così ampio, emerge un quadro estremamente ricco:

  • alla ricerca della vita -> trovare prove di vita passata o presente
  • cicli dell’acqua e del carbonio -> capire come sono cambiati nel tempo
  • geologia di Marte -> ricostruire la storia geologica completa del pianeta
  • salute dell’equipaggio -> studiare effetti psicologici, cognitivi e fisici sugli astronauti
  • tempeste di polvere -> comprendere origine e comportamento dei fenomeni più estremi
  • risorse in situ -> sviluppare tecniche per ottenere acqua e propellente direttamente su Marte
  • genomi su Marte -> capire come il pianeta influisce su riproduzione e genetica di piante e animali
  • stabilità dei microbi -> studiare popolazioni microbiche nell’ambiente marziano
  • polvere marziana -> valutarne pericolosità e impatto su persone e hardware
  • effetti sulle generazioni -> osservare come Marte modifica lo sviluppo di piante e animali nel lungo periodo
  • radiazioni -> misurare e comprendere meglio esposizione e conseguenze per l’uomo

Si tratta, come facilmente intuibile, di linee guida che combinano esplorazione scientifica, tutela dell’equipaggio e sviluppo tecnologico in modo molto serrato.

Tempistiche, logistica e un primo sbarco breve ma decisivo

Oltre agli obbiettivi, il rapporto affronta anche un altro capitolo cruciale: che tipo di missioni andrebbero pianificate per ottenere risultati concreti?

La risposta è quasi un piano operativo: primo sbarco di 30 giorni con equipaggio ridotto, seguito da un’infrastruttura robotica inviata senza astronauti pensata per preparare la base, poi una missione con equipaggio di 300 giorni, nella stessa area di circa 100 km di diametro.

La zona ideale? Un’area caratterizzata da antiche colate laviche e ricorrenti tempeste di polvere, utile sia per la ricerca geologica sia per testare le tecnologie che dovranno resistere alle condizioni più difficili.

La tempistica suggerisce un percorso pluridecennale, ma ormai, come sottolineato dagli stessi scienziati, non si torna indietro. Complice anche il possibile nuovo amministratore della NASA, Jared Isaacman, molto favorevole a un’accelerazione verso Marte, senza dimenticare l’avanzamento dei sistemi di trasporto riutilizzabili di SpaceX e Blue Origin.

Protezione planetaria

Un’altra parte molto rilevante del rapporto riguarda la cosiddetta protezione planetaria, ovvero l’insieme delle regole che servono a evitare la contaminazione di Marte da parte di microbi terrestri, e la contaminazione degli astronauti da eventuali forme di vita marziane.

Non è un dettaglio da poco, negli anni molte voci della comunità scientifica hanno sostenuto che gli esseri umani non dovrebbero affatto andare su Marte, proprio per non rischiare di alterarlo irrimediabilmente.

Il comitato propone invece un approccio più sfumato: permettere sbarchi di esseri umani in aree selezionate e relativamente sicure, lasciando altre zone totalmente incontaminate per gli studi più sensibili; una soluzione che, come sempre, richiederà compromessi ma che potrebbe finalmente sbloccare il percorso della NASA.

Perché mandare gli esseri umani su Marte e non i robot?

Se davvero la NASA vuole convincere i decisori politici a finanziare missioni così ambiziose, serviva un documento che spiegasse perché mandare persone è indispensabile, e il rapporto lo dice chiaramente: ci sono migliaia di misurazioni, campionamenti e osservazioni che i robot non possono fare con la stessa rapidità, flessibilità e profondità degli esseri umani.

In conclusione, il rapporto rappresenta la struttura scientifica che potrebbe accompagnare la NASA nel momento in cui, finalmente, l’esplorazione umana di Marte diventerà realtà. Un documento che non solo definisce le priorità, ma affronta tutte le criticità, dal trasporto alle radiazioni, dalla psicologia degli astronauti alla protezione del pianeta rosso.

È ormai evidente, il futuro dell’esplorazione spaziale passa da Marte, e per la prima volta da decenni abbiamo tecnologie, visione e forse la volontà di provarci davvero.