Nel settore delle interfacce cervello-computer (BCI), un ambito che negli ultimi anni sta vivendo una crescita rapidissima grazie all’arrivo di attori come Neuralink, c’è un altro nome destinato a far parlare di sé: Paradromics. L’azienda statunitense, con sede ad Austin, ha infatti ottenuto dalla FDA il via libera al suo primo studio clinico a lungo termine, un passaggio fondamentale per portare la tecnologia dalle fasi sperimentali ai contesti sanitari reali. Come sempre accade quando si entra nel campo delle neuroprotesi, le implicazioni sono numerose e vanno ben oltre il semplice confronto con i concorrenti.

Paradromics ha sviluppato un impianto che punta alla comunicazione in tempo reale

Lo studio clinico verrà avviato all’inizio del 2026 e coinvolgerà due volontari che hanno perso la capacità di parlare a causa di malattie o lesioni neurologiche; l’obbiettivo è tanto ambizioso quanto chiaro: ripristinare la comunicazione in tempo reale, grazie a un chip in grado di leggere l’attività neurale e convertirla in testo o voce sintetica.

Per farlo, Paradromics utilizza un sistema chiamato Connexus, basato su un impianto corticalmente invasivo: un modulo di circa 7,5 millimetri di diametro, popolato da elettrodi rigidi in platino-iridio che penetrano la corteccia cerebrale per circa 1,5 mm. Una scelta tecnica molto diversa da quella adottata da Neuralink (che utilizza invece sottilissimi fili polimerici flessibili), ma con un obbiettivo comune, ovvero catturare un numero elevato di segnali neurali con la massima precisione possibile.

Secondo l’azienda, questa struttura permette di registrare i segnali delle singole cellule nervose, garantendo una larghezza di banda molto elevata e una qualità del segnale adatta alla decodifica del linguaggio.

Dal pensiero alla parola, come funziona la decodifica

Il cuore del progetto di Paradromics è un meccanismo basato sull’intelligenza artificiale, i volontari, una volta impiantato il dispositivo, dovranno immaginare di pronunciare delle frasi mostrate loro durante i test. Il sistema registrerà l’attività neuronale nella regione della corteccia motoria che controlla labbra, lingua e laringe, imparando progressivamente a riconoscere gli schemi che corrispondono ai vari suoni.

Il risultato atteso è duplice:

  • conversione in testo, visualizzato su uno schermo per la conferma del paziente
  • generazione di voce sintetica in tempo reale, modellata sulla voce originale del partecipante tramite vecchie registrazioni

Si tratta di un approccio che rappresenta la prima sperimentazione clinica pensata esplicitamente per ricreare la voce umana in modo realistico, un fattore che potrebbe davvero trasformare la qualità della vita dei pazienti che oggi dipendono da sistemi di comunicazione lenti o limitati.

Sicurezza, durata e confronti con la concorrenza

La sperimentazione, oltre a verificare il funzionamento del sistema di decodifica vocale, servirà a valutare la sicurezza dell’impianto, la stabilità del segnale nel lungo periodo, la capacità del chip di riconoscere l’attività motoria immaginata, come la simulazione del movimento di una mano per controllare un cursore.

Se i risultati saranno positivi, il test verrà allargato fino a 10 volontari, con la possibilità di impiantare due moduli corticali per aumentare la ricchezza dei dati raccolti.

È inevitabile ovviamente il confronto con Neuralink, che negli ultimi mesi ha attirato molta attenzione mediatica con test sulle mani robotiche e la promessa di velocità di trasmissione record. Paradromics sceglie però una strada diversa, più invasiva ma teoricamente più precisa; resta aperta la questione degli elettrodi rigidi, che potrebbero causare cicatrici tissutali a lungo termine, un problema che l’azienda sostiene di voler mitigare con materiali e soluzioni progettuali dedicate.

Un altro concorrente menzionato spesso è Synchron, che adotta invece un approccio endovascolare molto meno invasivo, ma con una precisione inferiore rispetto agli impianti penetranti.

Gli esperti sottolineano che questa nuova generazione di impianti dovrà essere valutata con estrema cautela e che la trasparenza sarà essenziale, l’augurio, condiviso da più ricercatori, è che dispositivi del genere possano in futuro essere messi a disposizione della comunità scientifica, permettendo studi indipendenti e confronti più approfonditi tra tecnologie.

Per il momento, ciò che è certo è che Paradromics ha raggiunto una tappa decisiva nel percorso che porta le BCI dai laboratori ai pazienti reali, bisognerà attendere prima di vedere i risultati concreti, ma la direzione intrapresa dal settore è ormai evidente: le interfacce cervello-computer stanno iniziando a uscire dalla fantascienza per entrare nella medicina del quotidiano.