La decisione che negli ultimi giorni ha iniziato a circolare tra addetti ai lavori e cittadini è ora ufficiale: Firenze chiuderà definitivamente i servizi di monopattini elettrici in sharing dal 1° aprile 2026, diventando di fatto la prima grande città italiana ad abbandonare questo modello di micromobilità, mentre altre capitali europee (come Parigi, Madrid e dal prossimo anno anche Praga) hanno già intrapreso la stessa strada.
Una scelta che arriva al termine di una lunga sperimentazione avviata nel 2020 e prorogata più volte, e che ora la giunta guidata dalla sindaca Sara Funaro ritiene impossibile da portare avanti a causa delle nuove regole introdotte dal Codice della Strada e dalle criticità emerse durante gli anni di utilizzo.
Firenze sarà la prima città italiana a dismettere i servizi di sharing dei monopattini elettrici
Come spesso accade quando si interviene su un servizio capillare e ormai radicato nelle abitudini di molti utenti, la motivazione principale viene ricondotta alla sicurezza; le modifiche normative introdotte nel 2024, che hanno imposto il casco obbligatorio a ogni età, un contrassegno identificativo per ogni veicolo, l’assicurazione RC e il divieto di uscire dai centri urbani, hanno di fatto trasformato un modello pensato per la massima flessibilità in un sistema che richiede controlli costanti, responsabilità chiare e infrastrutture che le piattaforme di free-floating non possono garantire. L’assenza di punti di ritiro e riconsegna controllati rende infatti quasi impossibile assicurare la presenza del casco a bordo di ogni monopattino, come più volte segnalato dalla Polizia Municipale durante i controlli.
Non è un caso che proprio il tema dei caschi sia stato uno degli elementi più problematici negli ultimi anni: l’operatore RideMovi, tanto per ricordare uno degli episodi citati dal Comune, ha dovuto acquistare centinaia di caschi dopo continui furti e danneggiamenti. A questo si aggiungono i comportamenti scorretti ormai piuttosto diffusi, dalla sosta selvaggia alla circolazione contromano, dal transito sui marciapiedi ai viaggi in due, tutte infrazioni che hanno contribuito a creare un clima di crescente tensione tra residenti, utenti e amministrazione.
La delibera firmata dall’assessore alla mobilità Andrea Giorgio mette così un punto fermo, la sperimentazione non verrà trasformata in un servizio strutturale. Gli operatori, RideMovi, Bit e Bird, dovranno dunque cessare l’attività entro il 31 marzo 2026, con un periodo necessario per chiudere le procedure amministrative, rimuovere i mezzi e gestire i rapporti con utenti e fornitori. Una scelta che, va detto, non è stata accolta con entusiasmo dalle aziende coinvolte: Assosharing ha diffuso una nota piuttosto dura in cui parla di forte stupore e profonda perplessità, sottolineando come negli ultimi mesi fossero in corso tavoli tecnici per trovare soluzioni alle criticità, comprese quelle generate dalla cosiddetta Legge Salvini.
Secondo l’associazione altre città italiane stanno affrontando gli stessi limiti normativi con approcci più pragmatici, mentre Firenze avrebbe scelto l’unica strada che non risolve nulla, alzando le mani davanti alle difficoltà invece di provare a superarle. Una posizione che mette in luce un conflitto non solo tecnico ma anche culturale, in cui si confrontano soluzioni diverse sulla mobilità urbana, sui limiti della regolamentazione e sul ruolo sei servizi condivisi in una città complessa come Firenze.
La sindaca Funaro dal canto suo, difende la scelta con fermezza, ricordando come la sicurezza stradale sia sempre stata una priorità dell’amministrazione e come le nuove norme nazionali rendano impossibile assicurare un servizio conforme e controllabile. Giorgio invece, sottolinea un aspetto spesso trascurato: l’importanza della mobilità condivisa in tutte le sue forme, purché inserita in un quadro normativo chiaro e rispettoso delle regole. L’idea insomma non è abbandonare il concetto di sharing ma ripensarlo alla luce delle trasformazioni normative e delle responsabilità che esse comportano.
Non a caso il Comune ha già annunciato che il bike sharing verrà potenziato con l’introduzione di un numero maggiore di biciclette, una flotta rinnovata (con particolare attenzione ai modelli tradizionali a pedalata muscolare) e un sistema tariffario più accessibile, anche grazie alla agevolazioni dedicate agli abbonati del trasporto pubblico locale. Numeri alla mano la scelta sembra sensata: nel 2024 i noleggi hanno superato 1,5 milioni e nei primi mesi del 2025 si è registrata una crescita del 18%, segnando un trend positivo che si discosta nettamente dalle criticità dei monopattini.
Resta comunque aperta la possibilità che, in futuro, possano essere valutate nuove forme di sharing più controllate, magari con tecnologie in grado di assicurare l’effettivo rispetto dell’obbligo del casco o con modelli basati su punti di prelievo e riconsegna. Tuttavia, come spesso accade quando si parla di normative, gli utenti dovranno pazientare ancora un po’, in attesa dei decreti attuativi che dovranno chiarire alcuni aspetti ancora sospesi.
Il no di Firenze ai monopattini in sharing segna dunque un momento importante nella discussione nazionale sulla mobilità urbana: da un lato un modello di servizio che ha fatto discutere fin dal primo giorno, dall’altro una città che cerca di trovare un equilibrio tra innovazione, sicurezza e qualità dello spazio pubblico. Le prossime mosse dell’amministrazione, e le eventuali reazioni degli operatori, ci diranno se si tratta di un addio definitivo o solo di una pausa in attesa di un ecosistema normativo più stabile e tecnologie capaci di risolvere le criticità più evidenti.
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