Il 13 novembre 2025 potrebbe essere ricordato come una delle date più importanti nella storia recente del settore spaziale commerciale. Blue Origin ha infatti completato con successo il secondo volo orbitale del suo razzo New Glenn, segnando un traguardo che, come spesso e volentieri accade quando si parla di missioni con ambizioni a lungo termine, va ben oltre il semplice lancio; a fare notizia più di ogni altra cosa è il recupero perfetto del primo stadio, avvenuto sulla nave autonoma Jackline nell’Oceano Atlantico, un risultato che trasforma l’azienda di Jeff Bezos nella seconda realtà al mondo a riuscire in un’impresa del genere dopo SpaceX.
Blue Origin ha recuperato con successo il primo stadio di New Glenn
Il lancio, partito alle 21:55 italiane dal complesso LC-36 di Cape Canaveral dopo due rinvii dovuti al meteo e poi a una tempesta geomagnetica, aveva un’importanza strategica notevole. A bordo del New Glenn si trovava infatti ESCAPADE, una missione NASA composta da due piccoli satelliti, Blue e Gold, destinati a studiare l’interazione tra il vento solare e la magnetosfera di Marte.
È stata anche la prima missione commerciale del razzo, con un carico non esclusivamente interno a Blue Origin, oltre a ESCAPADE, il vettore trasportava un dimostratore tecnologico per comunicazioni spaziali sviluppato da Viasat.
L’intera sequenza di missione, NG-2, si è svolta in maniera regolare, confermando non solo la maturità del razzo ma anche la sua capacità di affrontare profili di volo più complessi. La separazione tra i due stadi si è svolta senza anomalie: mentre il secondo stadio dotato di due motori BE-3U riaccendibili completava due accensioni, una per l’orbita iniziale e una per inviare i payload verso la traiettoria prevista, il booster soprannominato Never Tell Me the Odds iniziava la sua discesa controllata verso la piattaforma oceanica.
A differenza del primo lancio di gennaio, quando la telemetria era stata persa poco prima dell’atterraggio, questa volta tutto è andato per il verso giusto, il booster ha effettuato le manovre di rientro con precisione, terminando la sequenza con l’accensione finale di un singolo motore BE-4; un atterraggio pulito, controllato e soprattutto storico, che ha fatto diventare Blue Origin la seconda azienda a compiere un’impresa simile dopo SpaceX.
Non sorprende dunque la soddisfazione del CEO Dave Limp, che ha sottolineato come questo risultato rappresenti solo l’inizio, soprattutto in vista dell’obbiettivo di aumentare rapidamente la frequenza dei lanci. Per contestualizzare: nel 2025 SpaceX ha già superato i 140 lanci con Falcon 9, numeri ancora lontani per Blue Origin, ma il traguardo di ieri cambia comunque radicalmente la percezione dell’azienda, mostrando un potenziale fino a oggi solo immaginato.
Il successo della missione ha rafforzato anche l’interesse dei clienti già in lista d’attesa, Blue Origin ha infatti venduto gran parte della propria capacità di lancio per i prossimi anni, con partner del calibro di Amazon (per la costellazione Kuiper), NASA, AST SpaceMobile e vari operatori delle telecomunicazioni. Il prossimo appuntamento è fissato per gennaio 2026, quando il New Glenn tornerà a volare trasportando il prototipo del lander lunare Blue Moon Mark 1, diretto verso la superficie del nostro satellite.
ESCAPADE intanto seguirà un percorso particolare: la missione, che avrebbe dovuto partire nel 2024, utilizzerà una complessa traiettoria a fagiolo verso il punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Sole, dove rimarrà in attesa della finestra di lancio verso Marte prevista per fine 2026. L’arrivo in orbita marziana è fissato al 2027, con l’inizio delle operazioni scientifiche nel 2028; un progetto ambizioso, rapido nei tempi di realizzazione (appena tre anni e mezzo) sviluppato nell’ambito del programma SIMPLEx della NASA.
Alla fine il quadro è chiaro, Blue Origin è ufficialmente entrata nel club dei colossi del lancio orbitale riutilizzabile, un club che fino a ieri aveva solo un membro. Il New Glenn, ancora giovane ma convincente, rappresenta il passo più concreto dell’azienda verso un futuro in cui il duopolio SpaceX-Blue Origin potrebbe diventare la norma dell’industria spaziale.
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