Il rapporto tra Strava e Garmin, due tra i nomi più influenti nel panorama del fitness tracking, si fa sempre più teso; nei giorni scorsi infatti Strava ha ufficialmente intentato una causa contro Garmin, accusandola di aver violato brevetti legati a due delle funzionalità più iconiche della piattaforma: Segments e Heatmap.

Non si tratta di un dettaglio marginale, perché al centro della disputa c’è il cuore stesso dell’ecosistema Garmin, con una richiesta che, se accolta, potrebbe perfino bloccare la vendita di alcuni dei dispositivi più popolari dell’azienda.

Strava contesta a Garmin la violazione di alcuni brevetti

La causa depositata presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto del Colorado il 30 settembre 2025, fa riferimento a più brevetti registrati da Strava tra il 2011 e il 2017:

  • Segments -> il brevetto 9.116.922 descrive il sistema di segmenti GPS creati dagli utenti, con classifiche basate sul tempo; Strava sostiene che Garmin, dopo aver introdotto i propri segmenti già nel 2014 con l’Edge 1000, abbia successivamente copiato l’implementazione di Strava stessa, pur avendo firmato nel 2015 un accordo di cooperazione che avrebbe dovuto limitarne l’uso parallelo
  • Heatmap e routing di popolarità -> i brevetti 9.297.651 e 9.778.053 coprono la creazione di mappe delle attività della community e i percorsi basati sulla popolarità; secondo Strava, le funzionalità Trendline e Courses di Garmin (integrate sia in Connect che nei dispositivi) violerebbero direttamente queste rivendicazioni

Il nodo dunque non è solo tecnico, ma anche contrattuale, Strava accusa Garmin di aver usato le sue soluzioni come modello per sviluppare alternative concorrenti.

Lo scontro non è nato all’improvviso, già nel corso dell’anno Strava aveva inviato a Garmin notifiche formali di violazione, dopo mesi di frizioni legate alle API e all’uso dei dati; Garmin da parte sua, aveva risposto con linee guida più stringenti per chi utilizzava i suoi dataset e con il lancio di Trails+, un servizio a pagamento che offre percorsi di community e servizi simili a quelli di Strava.

È evidente che dietro la causa ci sia una visione più ampia, Strava, che da tempo sta rafforzando il controllo sul proprio ecosistema, sembra voler marcare il territorio, colpendo un concorrente che ha sempre più ambizioni lato software.

La denuncia non si limita a un risarcimento economico, ma punta a un’ingiunzione permanente che impedisca a Garmin di utilizzare e distribuire le funzionalità contestate; in pratica Strava vorrebbe che Garmin smettesse di vendere dispositivi che includono Segments e Heatmap, un colpo potenzialmente devastante per l’azienda.

Va detto che per il momento nulla cambia per gli utenti, la sincronizzazione tra Strava e Garmin resta attiva, e chi non utilizza dispositivi Garmin per caricare attività su Strava non noterà alcuna interruzione. Tuttavia, l’incertezza generata da una simile causa non può essere sottovalutata, perché mette in discussione l’equilibrio di due ecosistemi che finora hanno convissuto in modo (più o meno) pacifico.

Garmin per ora non ha commentato pubblicamente, ma la storia insegna che l’azienda è abituata a difendersi in tribunale, forte di un portafoglio brevetti vastissimo e di un team legale preparato; una delle mosse più probabili sarà una richiesta di revisione inter partes, per contestare la validità dei brevetti di Strava presso la commissione per i brevetti e i ricorsi.

Strava fa chiarezza sui (reali) motivi che hanno portato alla causa

Nelle ultime ore, grazie a un post su Reddit di Matt Salazar, Chief Product Officer di Strava, sono emersi nuovi e interessanti dettagli sulla vicenda: secondo quanto dichiarato, la scintilla che ha fatto precipitare i rapporti con Garmin non sarebbe legata soltanto alle funzionalità contese già menzionate, ma piuttosto a una nuova policy introdotta da Garmin il 1° luglio.

Questa regole prevede che, a partire dal 1° novembre 2025, ogni post di attività, immagine, grafico o scheda di condivisione derivata dai dati raccolti con dispositivi Garmin riporti obbligatoriamente il logo dell’azienda; in caso di mancata adesione, Garmin si riserverebbe la possibilità di bloccare l’accesso alle API di fatto interrompendo la sincronizzazione dei dati tra le due piattaforme.

Per Strava, una simile imposizione rappresenterebbe una forma di pubblicità forzata e non un’attribuzione legittima, con il rischio di peggiorare l’esperienza degli utenti; Salazar ha sottolineato come Garmin non applichi regole analoghe ad altri partner hardware e ha posto la questione su un piano più ampio, definendola una disputa sulla proprietà dei dati. Se un utente registra un’attività con il proprio dispositivo, sostiene Strava, deve avere la libertà di condividerla senza vincoli grafici o imposti da terzi.

Nel frattempo resta sul tavolo la possibilità di un accordo extra giudiziale, magari con una licenza d’uso dei brevetti o una stretta collaborazione commerciale, ma se la disputa dovesse degenerare non è da escludere una controquerela o persino restrizioni incrociate sulle API, scenario che avrebbe conseguenze pesanti soprattutto per Strava, che dipende fortemente dai caricamenti provenienti dai dispositivi Garmin.

L’intera questione è il simbolo di un cambiamento più ampio, da semplici produttori di hardware o piattaforme social per lo sport, le due aziende sono diventate fornitori di ecosistemi digitali complessi, con servizi premium, dati da proteggere e strategie di lungo periodo in conflitto. Non ci resta che attendere per scoprire come andrà a finire.