La crisi economica sembra destinata a non risparmiare nessuno, neanche quelle che sino a qualche tempo fa sembravano isole felici. A partire da Amazon, che dopo una trimestrale giudicata negativamente dai mercati sembra ora deciso a reagire a suon di licenziamenti. A evocare lo spettro è stato il CEO Andy Jassy, all’interno di un promemoria che non ha mancato di sollevare grandi preoccupazioni tra i dipendenti.
Occorre infatti ricordare che, come del resto ammesso da Jassy, i licenziamenti sono già iniziati. Se si poteva pensare che sarebbero stati limitati, ora l’illusione sembra destinata a cadere. Se la dirigenza cerca di minimizzare il processo in atto, parlando di necessità di pianificazione annuale, la realtà è che il 2023 sarà probabilmente salutato da una raffica di nuovi disoccupati, destinati a cercare un nuovo posto di lavoro nel momento meno propizio possibile.
Indice:
Amazon: cosa sta accadendo
Il messaggio che ha destato subito grande allarme tra i lavoratori è stato pubblicato sul sito di Amazon, sotto forma di promemoria, intitolato “A note from CEO Andy Jassy about role eliminations”. Il passaggio cruciale può essere considerato il seguente: “Ieri abbiamo comunicato la difficile decisione di eliminare una serie di posizioni nelle nostre attività di dispositivi e libri e abbiamo anche annunciato un’offerta di riduzione volontaria per alcuni dipendenti della nostra organizzazione People, Experience, and Technology (PXT). Il nostro processo di pianificazione annuale si estende al nuovo anno, il che significa che ci saranno ulteriori riduzioni dei ruoli mentre i leader continuano ad apportare modifiche.”
Se non viene precisata l’entità dei tagli, già al momento è possibile presumere che si tratterà di un intervento importante, anche alla luce di quanto sta accadendo in altre grandi aziende. In pratica, di fronte ad una crisi economica che si preannuncia molto intensa, si punta sulla consueta ricetta della riduzione della forza lavoro, da contrapporre alla contrazione dei consumi. Consumi i quali, a loro volta, difficilmente trarranno giovamento dall’allontanamento di un gran numero di persone.
Amazon riflette quanto sta accadendo a livello generale
Quello che sta accadendo all’interno di Amazon è in pratica una semplice conferma della crisi economica generale. L’economia sta rallentando sempre di più e i consumi seguono lo stesso andamento. In questa situazione un colosso del commercio online come quello di Seattle non può certo fare eccezione.
Il riferimento al 2023 non è da considerare casuale. In questo periodo dell’anno, tra Black Friday e acquisti natalizi, si decidono i destini non solo della stagione in corso, ma anche di quella successiva. Se i consumi vedranno una flessione contenuta anche i licenziamenti del 2023, che comunque ci saranno, resteranno contenuti, nel caso contrario saranno in molti a doversi trovare una nuova occupazione.
L’azienda ha tenuto a precisare che gli interessati potrebbero essere riposizionati al suo interno, mentre i licenziati saranno accompagnati alla porta nel modo più gentile possibile, con un supporto economico e assicurativo (la polizza sanitaria è un benefit fondamentale negli Stati Uniti). Per chi rimarrà coinvolto nella ristrutturazione si apre comunque un periodo molto complicato, alla luce del fatto che la concorrenza sul mercato del lavoro potrebbe essere molto forte.
Una tendenza generale
Oltre ad Amazon, infatti, molti altri grandi gruppi statunitensi stanno dando robusti tagli alla propria forza lavoro. Basti pensare in tal senso a Meta e Google, che hanno dato due mesi di tempo ad una serie di dipendenti per trovarsi una nuova occupazione. Mentre Twitter ha messo alla porta addirittura la metà dei suoi dipendenti, dopo l’acquisto da parte di Elon Musk.
Nelle stesse ore in cui il social media metteva in atto la sua cura dimagrante, San Francisco si ritrovava a fare i conti anche coi 650 licenziamenti da parte di Lyft, l’alternativa a Uber nel settore del trasporto individuale (su 5mila dipendenti). Mentre erano 1120 i dipendenti messi alle porta da Stripe, azienda che produce programmi per i pagamenti elettronici. Una strada che presto potrebbe essere imboccata con decisione anche da Alphabet, i cui investitori hanno chiesto una “razionalizzazione” dei costi, espressione che molto spesso viene usata per chiedere puri e semplici licenziamenti.
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