Tra le tante conseguenze del Merge di Ethereum, con il trascorrere delle ore ne sta emergendo una di non poco conto, ovvero la decisione da parte dei miners di vendere le loro GPU. Una decisione derivante dalla constatazione che dopo il passaggio della blockchain fondata da Vitalik Buterin, il mining di criptovalute non è in grado di produrre guadagno. Non lo è al momento e resta da vedere se potrà esserlo nell’immediato futuro. Molti minatori, però, non se la sono sentita di attendere un chiarimento del quadro e hanno iniziato a vendere le proprie apparecchiature.

La realtà sta emergendo in maniera sempre più evidente dopo un primo momento in cui si era ventilato il passaggio di molti operatori del settore al mining di token alternativi, a partire da Ergo e Ravencoin. Entrambe le altcoin, però, pur potendo essere in effetti estratte con le schede grafiche, al tempo stesso hanno un valore irrisorio rispetto a Ethereum, la cui quotazione anche dopo il calo succeduto al passaggio dal Proof-of-Work al Proof-of-Stake è ancora nei pressi dei 1500 dollari.

Chi ha provato ad estrarre Ravencoin si è trovato subito di fronte ad una realtà sconcertante, o meglio sconfortante. A fronte di guadagni per pochi centesimi giornalieri si erge infatti lo spettro del pagamento di bollette che ormai in gran parte del globo stanno crescendo a causa della complessa situazione favorita dallo scoppio della guerra in Ucraina. Una situazione tale da spingere molti osservatori a chiedersi cosa potrebbe accadere alle criptovalute che continuano ad essere estratte con un meccanismo di consenso energivoro come il Proof-of-Work.

Una possibile alternativa è quella indicata da Philipp Robb, secondo il quale il mining di questi token, che oggi valgono molto poco, dovrebbe essere visto alla stregua di un investimento. Se, infatti, il loro prezzo dovesse crescere a seguito di una nuova fase ascensionale del mercato, preconizzata da un buon numero di esperti, chi ha minato i token e li ha conservati potrebbe guadagnare non poco vendendoli.

Chi ha effettuato grandi investimenti per poter partecipare a quel mining che sembra poter essere un affare, a partire da chi aveva richiesto prestiti per l’acquisto di attrezzature, difficilmente può però permettersi di attendere uno sviluppo del mercato che potrebbe arrivare tra qualche mese. Senza contare che i prezzi dell’energia sembrano destinati a salire in maniera esponenziale nell’immediato futuro.

Le vendite erano già iniziate prima del Merge

In queste condizioni non è difficile prevedere un’ondata di vendite da parte dei minatori. Occorre però sottolineare che il Merge è andato ad incidere su una situazione caratterizzata da forti vendite da parte dei minatori, con il pratico smantellamento delle farm che aveva fatto seguito al ridimensionamento del prezzo dei token. In particolare, già nel passato mese di giugno si erano verificate forti vendite di GPU Mvidia e AMD, in Cina.

Erano stati alcuni utenti di Twitter a sottolineare come fosse possibile già all’epoca procedere all’acquisto di di GPU RTX 3080 a 3500 yuan, il corrispondente di 500 dollari statunitensi, a fronte di un prezzo effettivo di vendita da parte del produttore pari a 699. Prezzi che avevano continuato a calare, coi minatori cinesi che avevano addirittura organizzato delle vendite all’interno di aste che erano state trasmesse in livestream, con il preciso intento di vendere interi stock.

Resta ora da capire se l’intenzione di vendere che ha fatto seguito al Merge sarà confermata e, soprattutto, quale potrebbe essere la risposta del mercato. Se, infatti, le vendite potrebbero trasformarsi in vere e proprie liquidazioni, ormai da tempo si parla con sempre maggiore insistenza della volontà da parte dei governi di impedire il mining con l’algoritmo di consenso Proof-of-Work (PoW). Una bando che sembra destinato ad andare a termine perlomeno nei Paesi nordici, Svezia in testa, soprattutto in considerazione della crisi energetica verso cui si avvia l’Europa, dopo il blocco del gas russo e l’impennata dei prezzi dell’energia elettrica.

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