Sorare, la startup parigina che dal 2018 propone una versione blockchain del fantacalcio, si appresta ora ad allargare il suo raggio d’azione anche al basket. Per farlo ha scelto il torneo più famoso in assoluto a livello globale, la National Basketball Association. È stata infatti annunciata la firma delle due parti per una collaborazione pluriennale, tesa al varo di una versione del gioco incentrato su carte da collezione, la quale permetterà ai fans di dare vita alle proprie formazioni per sfidarsi in competizioni all’ultimo canestro.

Per Sorare si tratta di un altro colpaccio, considerata la popolarità che il basket professionistico NBA vanta in ogni parte del globo. Una popolarità destinata a riverberarsi sull’azienda francese, permettendole di ampliare ulteriormente il suo raggio d’azione in uno sport il quale vanta un gran numero di appassionati e che ormai da tempo si è a sua volta aperto con grande entusiasmo all’innovazione finanziaria.

NBA e criptovaluta, un rapporto già fecondo

La NBA non è nuova a rapporti con il settore dell’innovazione finanziaria. Già nel corso degli anni precedenti, infatti, molte franchigie e giocatori hanno avuto modo di rapportarsi alle criptovalute, a partire da Spencer Dinwiddie, point guard dei Dallas Mavericks, che aveva tokenizzato il proprio contratto siglato al tempo con i Brooklyn Nets, senza però grande successo, riuscendo infine a vendere solo il 10% dei token offerti.

Con il trascorrere del tempo il rapporto tra NBA e criptovalute si è però incanalato su sentieri più tradizionali, sotto forma di laute sponsorizzazioni, a partire da quella di Coinbase, diventato partner ufficiale per tutti i giochi della lega. Particolare sensazione ha poi destato l’acquisto dei diritti sul nome dello Staples Center, l’arena di Los Angeles in cui giocano le partite casalinghe i Lakers e i Clipper, da parte di Crypto.com, con l’exchange pronto a sborsare 700 milioni di dollari nell’arco di 20 anni pur di dare il suo nome alla struttura.

Un accordo che ha letteralmente eclissato quello raggiunto dai Miami Heat con un altro exchange di criptovalute, FTX, il quale prevede a sua volta il versamento di 135 milioni di dollari in 19 anni da parte del secondo, anche in questo caso per il diritto di vedere il proprio campeggiare in bella vista sul palazzo dello sport delegato ad ospitare le gare casalinghe di Jimmy Butler e compagni.

Altre società della lega hanno invece deciso di utilizzare il denaro virtuale per il proprio merchandising, andando incontro in tal modo alle aspettative dei fans più portati all’innovazione tecnologica. Una strada che ha visto in primo piano i Dallas Mavericks di Mark Cuban, noto sostenitore delle criptovalute, allargandosi poi ad altri team pronti a sfruttare il nuovo filone.

Le notizie in questione devono poi aver ispirato un gruppo di esperti, circa 2mila, pronti a lanciare una notizia che ha avuto notevole risonanza sui media: acquistare una squadra NBA utilizzando esclusivamente denaro virtuale. Il gruppo in questione si chiama Krause House, dal nome di Jimmy Krause, dirigente dei Chicago Bulls quando nella squadra dominava Michael Jordan. Proprio loro hanno varato una DAO (Decentralized Autonomous Organization), ispirata ad una nota teoria di Krause, il quale era solito affermare la superiorità del collettivo sulla forza dei singoli.

Un sogno reso complicato proprio dalle necessità finanziarie che un’operazione di questo genere comporta. Gli oltre 4,3 milioni di dollari che sono stati collezionati nella fase iniziale dell’operazione, rappresentano infatti una cifra irrisoria rispetto al valore di una singola franchigia NBA, il quale viaggia ormai nell’ordine dei miliardi, anche per le squadre meno importanti. Resta però un dato di fatto: il legame tra asset virtuali e basket professionistico statunitense è sempre più stretto.

Sorare, permangono i dubbi

Per Sorare, come abbiamo già ricordato, si tratta senza dubbio di un grande colpo in termini di immagine. Se con il calcio l’azienda transalpina ha già calamitato oltre due milioni di utenti disseminati in 185 Paesi di ogni parte del globo, con il dorato mondo NBA il totale è destinato ad aumentare ulteriormente.

Restano però i tanti dubbi che sono stati sollevati proprio dal funzionamento del gioco, imperniato sul possesso di card da collezione, grazie alle quali ogni singolo giocatore può prendere parte ai tanti tornei periodicamente organizzati da Sorare. È infatti sufficiente approntare la propria formazione e attendere i dati sul rendimento agonistico dei vari componenti. Tutto apparentemente semplice, ma non proprio trasparente.

Basta pensare che le card dei giocatori di calcio più noti, ad esempio Erling Haland, Cristiano Ronaldo, Kylian Mbappè o Leo Messi possono arrivare a cifre intorno al mezzo milione di euro. Si tratta di cifre che soltanto pochi utenti possono permettersi di investire e tali da porre una ipoteca pressoché definitiva sull’esito dei tornei in questione. Non a caso il fantacalcio è stato oggetto di vere e proprie inchieste le quali sono arrivate ad una conclusione difficilmente confutabile: a monopolizzare il gioco sono pochi grandi fondi riuniti proprio allo scopo di esercitare una rendita di posizione che è praticamente impossibile scalfire.

In pratica, questi fondi dominano i tornei organizzati e intascano i lauti premi riservati ai vincitori, rinsaldando in tal modo la propria leadership. Già questo dato di fatto rischia di tramutarsi in una sorta di convitato di pietra, nel caso in cui l’azienda non ponga un rimedio democratizzando il gioco.

Non va poi dimenticato quello che secondo alcuni rappresenta un chiaro caso di insider trading, ovvero la partecipazione di giocatori di calcio ai tornei in questione. Il caso più eclatante si è verificato lo scorso anno, in occasione della finale di Coppa d’Olanda, quando il portiere dell’Ajax, Andrè Onana, è stato all’improvviso destituito del ruolo di titolare, lasciando il posto all’ex romanista Marteen Stekelenburg.

A destare grandi sospetti, in quell’occasione, è stato il comportamento quanto meno improvvido di Daley Blind e Davy Klaassen, i quali hanno in contemporanea con l’avvicendamento in porta messo in vendita gli NFT di Onana e acquistato quelli di Stekelenburg. I due si sono in pratica salvati per il fatto che al momento non esiste una legislazione relativa ai token non fungibili, ma la vicenda ha fatto il giro del mondo, facendo capire come anche i giochi su blockchain rischiano di fare da terreno ideale per tutti coloro che possono vantare rendite di posizione.

La speranza è naturalmente che nel caso della NBA non si verifichino vicende analoghe, ma alcuni osservatori continuano a sostenere che in assenza di regole precise, che dovrebbero essere fornite proprio da Sorare, si tratti di un semplice proposito destinato a restare sulla carta. Scandalo dopo scandalo, però, a rimetterci potrebbe essere infine proprio l’azienda francese.

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