Il crypto winter in atto rischia di rivelarsi un vero e proprio tsunami per il settore delle criptovalute. Dopo i casi clamorosi di Terra (LUNA), Celsius e Three Arrows Capital, ora è la volta dell’Europa a pagare dazio alla gelata in atto. La crisi ha infatti toccato due dei maggiori Paesi dell’eurozona, Germania e Italia, distruggendo risorse in un momento molto problematico del ciclo economico.

Dopo il crac di New Financial Technology, l’azienda dell’entroterra trevigiano che sta destando stupore e grande preoccupazione in Veneto, tra coloro i quali gli avevano affidato un rilevante quantitativo di denaro, a stretto giro di posta arriva una notizia analoga dalla Germania. In questo caso a dichiarare fallimento a Berlino è stata Nuri, cripto-banca tedesca, realtà che gestiva alla fine del mese di aprile un patrimonio superiore a mezzo miliardo di euro, stando a quanto affermato dal suo management.

A rivelare la vicenda è stato il quotidiano Handelsblatt, ricordando che a restare coinvolti sotto le macerie lasciate dal crac sarebbero non meno di mezzo milione di persone. Anche in questo caso per molti di loro resta da capire se possa essere problematico tornare in possesso dei soldi investiti. Le prime notizie sembrano fornire qualche garanzia, ma resta naturalmente da vedere se all’atto pratico sarà effettivamente così.

Nuri, di cosa si tratta?

Nuri ha fatto il suo esordio sulla scena finanziaria nel corso del 2015. All’epoca si chiamava Bitwala e il suo modello di business era incentrato sul prestito di criptovalute da parte dei clienti, i quali ricevevano in cambio rendimenti pari a circa il 3% su base annua. Un rendimento garantito il quale poteva in effetti sembrare elevato in un momento in cui le politiche adottate dalla Banca Centrale Europea avevano fatto inabissare gli interessi offerti sui conti correnti dalle banche tradizionali.

Nonostante non fosse dotata di una licenza bancaria, l’azienda ha comunque potuto offrire conti assolutamente autorizzati, grazie alla collaborazione intrapresa con la Solarisbank, a partire dal 2018, mediante carte di debito. Una caratteristica che ha consentito a Nuri di calamitare l’attenzione, e i soldi, di un gran numero di tedeschi alla ricerca di occasioni d’investimento per soldi i quali, altrimenti, non avrebbero potuto fare altro che deperire su un normale conto bancario.

Nuri è entrata in evidente difficoltà un paio di mesi fa, quando sono iniziate a riverberarsi le prime preoccupazioni sul caso Celsius. Lo stesso Celsius Network di cui proprio Nuri era partner, cosa che avrebbe dovuto insospettire i suoi clienti, alla luce della vera e propria catena di fallimenti la quale ha fatto seguito al crac di Terra. Purtroppo non è stato così e ora ai clienti non resta che sperare nel mantenimento delle assicurazioni arrivate nelle ore successive al fallimento dell’azienda tedesca.

Nuri potrebbe rivelarsi un caso a parte

I dirigenti di Nuri, infatti, si sono affrettati a dichiarare che gli interessati non avranno alcuna difficoltà a rientrare in possesso dei propri soldi. Se alle nostre latitudini solitamente l’esito è esattamente l’opposto, nel caso tedesco il lieto fine potrebbe essere reale. Stando alle notizie che stanno circolando, infatti, i conti non sono stati bloccati e sono quindi accessibili e utilizzabili tutti i saldi in euro al loro interno. Inoltre è possibile ritirare le criptovalute depositate all’interno dei portafogli digitali e tutti gli altri beni e prodotti d’investimento.

Lo stesso Handelsblatt ha poi sottolineato che altre fintech avrebbero già mostrato il loro interesse per l’acquisto di parti di Nuri. Inoltre, l’amministratrice delegata, Kristina Walcker-Mayer, ha dichiarato la sua fiducia nel fatto che la procedura d’insolvenza sia in grado di fornire una adeguata base su cui poggiare una ristrutturazione sostenibile a lungo termine.

Proprio lo scenario delineato farebbe di Nuri un vero e proprio caso a parte. Sarebbe infatti la prima volta che una azienda del settore crypto fallisce senza alcuna conseguenza di carattere finanziario per i clienti. Uno scenario il quale sembra invece al momento del tutto utopico per New Financial Technology, l’azienda di Silea che sta facendo molto parlare di sé negli ultimi giorni.

Nel caso di NFT, infatti, i conti sono stati bloccati e due dei tre fondatori sarebbero al momento irreperibili. Da parte della dirigenza aziendale sono arrivate generose assicurazioni, le quali sono però state giudicate irricevibili da clienti e associazioni dei consumatori. Purtroppo l’impressione evidenziata da molti analisti e osservatori è che in questo caso sia stato messo in atto l’ennesimo schema Ponzi, ovvero una truffa incentrata sull’offerta di alti rendimenti iniziali, tesa ad accalappiare gli investitori più ingenui.

Nel caso dell’azienda veneta, in effetti, i rendimenti promessi per il deposito delle risorse si attestava al 10% mensile. Una promessa la quale avrebbe dovuto far scattare il primo campanello di allarme, che però non è stato avvertito dalle migliaia di cittadini i quali hanno deciso di aderire alla proposta. Una storia purtroppo analoga ad un gran numero di vicende analoghe, le quali sembra però non siano mai considerate alla stregua di una salutare lezione.

Ora coloro che sono stati coinvolti nel crac di NFT si stanno rivolgendo in massa ad avvocati e associazioni di consumatori. Gli strumenti, insomma saranno gli stessi considerati ormai una consuetudine per vicende di questo tipo. La speranza è che il Parlamento e il governo si decidano finalmente a prendere in carico una seria regolamentazione del settore, togliendo terreno sotto ai piedi a chiunque abbia intenzione di perpetrare una truffa. Le elezioni sono alle porte e chissà che la vicenda di Silea non venga richiamata nel corso dei comizi dei partiti politici.

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