Xiaomi, una delle più grandi aziende di telefonia mobile e tech a livello mondiale, ha presentato una domanda per la registrazione di un brevetto per l’utilizzazione della tecnologia blockchain nel preciso intento di riuscire a facilitare la produzione di caratteri digitali originali.

Il brevetto, intitolato “Method, device and storage medium for generating image parameters of reproducible virtual characters“, risale al gennaio 2022, ma è stato ufficializzato soltanto adesso. La diffusione della notizia ha però spinto molti ad interessarsi di cosa sta accadendo, in quanto l’interpretazione prevalente sulla mossa dell’azienda è quella di un cedimento della stessa al fascino del Metaverso.

In particolare, il fatto che il brevetto faccia riferimento a strumenti i quali potrebbero essere utilizzati per generare creazioni virtuali dalle sequenze geniche uniche sembra avvalorare l’ipotesi che in futuro Xiaomi dia vita ad un suo mondo virtuale popolato da personaggi unici e in grado di essere sottoposti ad un processo di accentuata personalizzazione, come avviene appunto nel Metaverso.

Per Xiaomi la blockchain non è una novità

Una delle ipotesi che ha iniziato a circolare una volta diffusa la notizia da parte dell’azienda è quella relativa ad un Metaverso caratterizzato da coniglietti stilizzati come MITU, la simpatica mascotte aziendale. Secondo altri, invece, il modello cui fare riferimento potrebbe essere la realtà virtuale di Meta, popolato da personaggi simili ai The Sims.

La seconda ipotesi è peraltro avvalorata dal lancio, avvenuto nel 2018, della prima collezione di Non Fungible Token (NFT) di Xiaomi, intitolata Crypto Rabbit. In quel caso il protagonista era un coniglietto virtuale basato sulla tecnologia blockchain il quale poteva essere personalizzato e dare vita ad interazioni con il proprietario, oltre a fare vita sociale, con tutte le possibili implicazioni. Il progetto era stato abbandonato nel mese di marzo a causa della scarsa rispondenza del pubblico e della necessità di migliorare in maniera decisa il prodotto.

Il rapporto di Xiaomi con la tecnologia blockchain risale invece al 2017, quando l’azienda registrata a Hong Kong ha deciso di ingaggiare battaglia con Alibaba e Tencent dotandosi di un ramo operativo nel campo. L’entità, denominata Xiaomi Blockchain, è stata posizionata a Chongquing, una città situata nel sud-ovest del Paese, incaricata di occuparsi di software e servizi relativi alle applicazioni blockchain, nonché un database AI, elaborazione dati e strutture di archiviazione in collaborazione con la rete di ricerca Tianyancha, disponibile solo in Cina.

La decisione della compagnia cinese conferma comunque il grande interesse di molte aziende tecnologiche nei confronti del Metaverso, nonostante le prime voci di crisi del settore e le preoccupazioni che iniziano a circolare sul suo impatto ecologico. In particolare, secondo Intel la capacità di elaborazione dei computer dovrà aumentare di mille volte rispetto a ora per riuscire a garantire a miliardi di persone un’esperienza realmente immersiva in tempo reale, con un passaggio da due a tre dimensioni e una rappresentazione realistica degli ambienti e degli avatar presenti al loro interno.

La carbon footprint (impronta di CO2) della blockchain è inoltre pari al doppio di quella collegata alla centrale a carbone di Belchatow, in Polonia, considerata la più inquinante d’Europa. In un quadro di questo genere sembra abbastanza azzardato decidere di impiegare cospicue risorse per un Metaverso che potrebbe presto entrare nel mirino degli ambientalisti. Senza contare il vero e proprio convitato di pietra rappresentato dal governo cinese, già protagonista del bando al mining di criptovalute.

Proprio queste incognite sembrano allontanare l’ipotesi di un forte coinvolgimento di Xiaomi nella realtà virtuale, con il rischio di rendere assolutamente improduttivo l’investimento operato. Non resta quindi che seguire gli sviluppi dell’operazione, per capire meglio dove potrebbe andare a parare.

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