La camera alta del parlamento giapponese ha proceduto all’approvazione di una legge fondamentale alla quale è stato affidato il delicato compito di chiarire lo status legale delle stablecoin. Lo ha ricordato un rapporto pubblicato da Bloomberg, ricordando che in base alla nuova normativa ora questo genere di criptovalute sarebbero indicate essenzialmente come denaro digitale.

Preparato dalla Financial Services Agency (FSA), l’autorità di controllo delle attività finanziarie che avvengono sul suolo nipponico, il disegno di legge è stato annunciato per la prima volta nel dicembre 2021, inaugurando una navigazione parlamentare la quale ha condotto alla sua approvazione nel mese di marzo, prima di essere approvato a maggioranza nel corso di una sessione plenaria della Camera dei Consiglieri.

Un percorso il quale, quindi, non è stato influenzato dal crollo di Terra (LUNA), ma che allo stesso tempo arriva in un momento abbastanza delicato per le stablecoin, messe più volte sotto accusa negli anni passati da chi si chiedeva se non rappresentassero un pericolo intollerabile per investitori e consumatori. La risposta al quesito è giunta fragorosamente nelle ultime settimane, contrassegnate dal crac della valuta virtuale ideata da Do Kwoon, il quale ha costretto ad un ripensamento anche gli ambienti istituzionali di mezzo mondo.

Stablecoin: cosa dice la nuova normativa

Cosa afferma la nuova normativa, che entrerà in vigore a partire dal prossimo anno? Il punto di partenza è rappresentato dal peg, ovvero il legame con uno o più beni reali in grado di garantire l’esistenza di una vera base finanziaria per ogni token emesso. In Giappone, le stablecoin dovranno essere legate allo yen o ad un’altra moneta a corso legale e garantire ai loro possessori il diritto di poterle riscattare al valore nominale.

Per quanto concerne invece il discorso legato alle aziende emittenti, il provvedimento afferma che possono essere emesse esclusivamente da banche autorizzate, agenti di trasferimento di denaro registrati e società fiduciarie. Proprio in relazione a questo punto, la FSA ha affermato la sua intenzione di introdurre nel corso dei prossimi mesi normative in grado di disciplinare gli emittenti di questi particolari token.

Al tempo stesso non è stato affrontato il discorso relativo alle stablecoin già esistenti garantite da asset ed emesse da aziende estere, ad esempio Tether. Resta quindi ancora da capire se il tema sarà affrontato successivamente, in maniera tale da non lasciare zone grigie, tali da costituire comunque un pericolo per i consumatori.

Il voto si è andato ad inserire in un momento molto particolare. Proprio poco prima della sua proclamazione, infatti, Mitsubishi UFJ Trust e Banking Corp hanno ribadito l’intenzione di emettere la propria stablecoin, chiamata Progmat Coin. La banca con sede a Tokyo ha anche precisato che sarà completamente supportata da riserve in yen custodite all’interno di un conto fiduciario.

Le conseguenze legislative del crollo di Terra

Nel corso delle ultime settimane, le stablecoin sono state sottoposte ad un controllo estremamente rigido da parte degli enti di vigilanza. Un atteggiamento da ricondurre senz’altro al clamoroso crac di Terra, dopo il depegging di UST dal rapporto paritario con il dollaro statunitense. Un evento traumatico il quale non solo ha sbriciolato miliardi di dollari, ma ha anche minato alle basi la fiducia nel sistema.

Un disastro il quale, naturalmente, non poteva certo passare inosservato. Tra le tante reazioni che si sono susseguite nel corso degli ultimi giorni, occorre in particolare segnalare quella di Janet Yelle, Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, la quale non ha avuto eccessivi peli sulla lingua indicando in UST un esempio dei rischi collegati alle criptovalute. Una dichiarazione poi alleggerita dalla precisazione che il denaro virtuale non rappresenta un rischio sistemico per il sistema finanziario, la quale è stata però giudicata come un tentativo di non andare a confliggere con il recente ordine esecutivo con cui Joe Biden ha indicato le stesse come una necessità strategica per gli Stati Uniti, aprendo inoltre la strada al varo di un dollaro digitale.

Nel dibattito che si è presto riscaldato, è poi intervenuta anche Hester Peirce, commissario della Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti, in quota repubblicana, la quale ha affermato a sua volta di voler vedere regole normative estremamente chiare sull’uso di criptovalute e stablecoin. Una necessità da tempo indicata del resto anche dai settori più avvertiti dell’innovazione finanziaria e da una parte della politica la quale non aveva avuto eccessive remore nell’indicare i pericoli di una accettazione acritica degli asset digitali.

Accettazione che è stata duramente stigmatizzata nei giorni passati da una lettera indirizzata al Congresso da 26 personalità di rilievo del mondo informatico. All’interno della missiva, in particolare, si invitavano i rappresentanti a sfuggire ad una narrazione troppo rosea delle criptovalute, dietro la quale si nasconderebbero invece appetiti economici ben precisi, mascherati da parole d’ordine come inclusione finanziaria e democratizzazione della finanza che, in effetti, servirebbero solo a mascherare i reali intenti degli evangelisti crypto.

La stessa Hester Peirce ha poi aggiunto che proprio gli eventi che hanno condotto al crac di Terra forniranno un forte stimolo al Congresso per intervenire in maniera tale da riportare la situazione sotto controllo. Sembra quindi evidente il tentativo di non gettare il bambino con l’acqua sporca, ma anche di fare in modo che il denaro virtuale non vada ad aggiungere ulteriori problemi ad una situazione finanziaria che già ora appare molto precaria.

Si parla di stablecoin anche nel Regno Unito

Nel frattempo, di stablecoin si sta parlando sempre di più in altri Paesi dell’Occidente avanzato, a partire dal Regno Unito, ove il Tesoro sembra propenso ad assegnare alla Banca d’Inghilterra la possibilità di intervenire per supervisionare le aziende emittenti di stablecoin ove fossero ravvisati comportamenti in grado di minacciare la stabilità del sistema finanziario del Paese.

In questo caso proprio il crollo di Terra sembra alla base di una discussione la quale potrebbe dare presto frutti concreti. Intanto, però, la discussione sulle stablecoin continua a essere molto sentita, all’interno della stessa scena crypto ove, in particolare, ci si interroga sulla reale possibilità che le stesse possano sopravvivere a quanto accaduto.

In particolare è stato Changpeng Zhao, fondatore e CEO di Binance, ad affermare tutto il suo pessimismo in tal senso, nonostante abbia deciso di sostenere il Rebirth di Terra Network. Un parere che sembra divergere però da quello di Brett Harrison,  numero uno di FTX negli Stati Uniti, il quale afferma la sua fiducia nel fatto che non è ancora stata scritta l’ultima pagina in merito.

Un parere che sembra trovare sponda in MoneyGram, azienda che sta pensando ad una collaborazione con Stellar, tesa a dare vita ad un vero e proprio ponte tra stablecoin, criptovalute e valuta fiat, oltre che nella recente relazione annuale della Banca d’Italia, in cui il governatore Ignazio Visco ha affermato di ritenere stablecoin e denaro virtuale in genere un servizio all’economia.

In particolare, secondo Visco quelle fully-backed, ovvero emesse a fronte di attività reali e finanziarie e legate ad asset reali, si tratti di dollaro, euro o altro bene sono in grado, se regolamentante in maniera adeguata ed emesse da soggetti ben identificati, di svolgere una funzione positiva nel tempo. Mentre le cosiddette stablecoin algoritmiche, come Terra, sarebbero prive di un valore intrinseco e caratterizzate da volatilità troppo pronunciata, fungendo in ultima analisi esclusivamente per finalità speculative.

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