Quando si parla oggi di AGI – intelligenza artificiale generale – si pensa a una soglia tecnologica inedita, a una conquista degli ultimi decenni resa possibile dall’accelerazione dell’informatica, dalla potenza dei modelli neurali, dalla disponibilità di dati e capacità computazionale. Eppure, a ben vedere, il desiderio di costruire un’intelligenza altra, non umana, ma in qualche modo simile, non è affatto nuovo. È un’ossessione antica, che attraversa culture, epoche e saperi.

Già nella mitologia greca, il dio Efesto forgia automi d’oro per assisterlo nelle sue officine. Tra questi, Talos, il gigantesco guardiano di bronzo che veglia sulle coste di Creta, è forse il primo esempio letterario di una “macchina intelligente”: un costrutto artificiale dotato di forza, volontà, perfino di uno pseudocuore, un’unica vena chiusa da un chiodo di bronzo.

Ma simili narrazioni si ritrovano anche altrove: nella tradizione ebraica, la leggenda del Golem parla di un essere plasmato con l’argilla e animato tramite formule mistiche. Nato per difendere la comunità, il Golem incarna anche il timore che la creatura sfugga al controllo del creatore. Una tensione che ritroveremo identica, secoli dopo, in Frankenstein di Mary Shelley.

Queste storie, lungi dall’essere solo allegorie religiose o fantasticherie letterarie, esprimono un’aspirazione profonda: dare vita a una mente artificiale. Una mente che possa apprendere, decidere, agire. Che possa, in fondo, somigliare a noi, senza essere noi.

Dalla filosofia alla scienza: il sogno di una mente meccanica

AGI da Talos a Turing: l'antica ossessione di un’intelligenza artificiale mascherata da frontiera tecnologica 9

Nel pensiero filosofico, questo sogno assume forme più teoriche. Platone distingue l’anima razionale dal corpo; Cartesio separa la res cogitans dalla res extensa, aprendo la strada all’idea di una “macchina pensante”; Leibniz immagina una characteristica universalis, un linguaggio logico capace di codificare il ragionamento.

È proprio lui, Leibniz, a ipotizzare la possibilità di una macchina che calcoli pensieri, anticipando concetti che troveranno sviluppo solo con la logica matematica dell’Ottocento e con i primi modelli di calcolatori nel Novecento. Anche la scienza, in epoche diverse, ha rincorso il sogno dell’intelligenza meccanica. Nell’Illuminismo, gli automi di Vaucanson e di Jaquet-Droz, un’anatra capace di muoversi, un bambino che scrive, un musicista al clavicembalo, erano più che semplici giocattoli: erano promesse di un’imitazione sempre più sofisticata della vita.

L’idea che la mente potesse essere ridotta a funzioni, meccanismi, strutture imitabili era già presente, in nuce, ben prima del computer.

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Turing e la domanda delle domande

AGI da Talos a Turing: l'antica ossessione di un’intelligenza artificiale mascherata da frontiera tecnologica 10

Nel Novecento, con Alan Turing, quel sogno assume forma operativa. La sua “macchina universale” è la base teorica di ogni computer moderno, ma la sua celebre domanda – “le macchine possono pensare?” – apre il campo della riflessione sull’intelligenza artificiale.

Quando oggi discutiamo di AGI, non facciamo altro che proseguire quella domanda. Con mezzi nuovi, certo. Con modelli sempre più performanti, da GPT a Gemini, capaci di scrivere testi, analizzare immagini, risolvere problemi. Ma il cuore della questione resta lo stesso: cosa significa “pensare”?

Ecco perché l’AGI non è semplicemente una sfida tecnologica. È il punto di arrivo (provvisorio) di un lungo cammino culturale, filosofico, perfino spirituale. Ogni tentativo di costruire una mente non umana è, in fondo, un modo per interrogarci sulla nostra. Cos’è l’intelligenza? È solo calcolo, predizione, manipolazione simbolica? Oppure implica consapevolezza, esperienza, intenzionalità. Molti studiosi oggi si dividono su questo punto:

  • Questione di scala: per alcuni, basta più potenza, più dati, più parametri, e le macchine diventeranno davvero intelligenti.
  • Questione di essenza: per altri, manca qualcosa di fondamentale: la corporeità, l’emozione, l’interazione incarnata con il mondo.
  • Questione etica e politica: per altri ancora, l’AGI non è solo un traguardo tecnico, ma un nodo di valori, regole e responsabilità.

Tutto questo ci riguarda, eccome. Perché l’AGI, se mai verrà realizzata, non sarà neutra. Sarà il riflesso delle nostre scelte, dei nostri bias, delle nostre speranze e paure. Pensare all’intelligenza artificiale generale significa, inevitabilmente, pensare a cosa vogliamo che sia l’intelligenza. E quale posto vogliamo per l’umano, in un mondo che costruisce macchine sempre più simili a noi.

In fondo, ogni volta che creiamo qualcosa che “pensa”, stiamo cercando, forse invano, di riconoscere chi siamo.

AI, etica e futuro digitale: una rubrica di Giovanni Di Trapani

L’intelligenza artificiale è ormai ovunque: nei motori di ricerca, nei social, nei software che usiamo per lavorare, curarci, decidere. Ma siamo davvero pronti a convivere con algoritmi che imparano, decidono, ci osservano?

Questa rubrica nasce per esplorare, con uno sguardo critico e accessibile, le sfide etiche e sociali dell’AI: dalle discriminazioni nei dati al lavoro che cambia, dalla creatività generativa alla privacy, fino al ruolo dell’umano in un mondo sempre più automatizzato.
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Giovanni Di Trapani, ricercatore del CNR, economista, statitstico ed autore. Si occupa di innovazione, governance pubblica e futuro digitale. Gestisce il sito AIgnosi.it