La creazione di una rete unica in fibra ottica da parte di Open Fiber e TIM è qualcosa che in molti si augurano (anche il Ministro Luigi Di Maio) ma che necessita di diversi accordi fra le parti affinché avvenga.

Gubitosi deve prima fare una serie di passi all’interno della sua azienda, per sapere prima se resta amministratore delegato, poi se all’interno dell’azienda si vuole separare la rete e poi se si vuole unire con Open Fiber. Quando si chiariranno le cose si capirà”, ha dichiarato Starace a margine della presentazione del sito The voice of business di Italian Business & Investment Initiative.

Insomma, è necessario che TIM faccia chiarezza sul suo board dirigenziale prima che Enel, che detiene il 50% di Open Fiber (il resto appartiene a Cassa Depositi e Prestiti), decida che la fusione debba avvenire.

“Sono d’accordo con Bassanini e Ripa, sul fatto che si possono fare accordi commerciali, su cui Open Fiber ha autonomia, e anche possibili forme di co-investimento su alcuni tratti. Il resto spetta agli azionisti”, ha sottolineato il top manager.

Ricordiamo che come incentivo alla fusione delle reti, è stato eliminato il dovere di garantire una tecnologia almeno pari alla velocità fino ad un 1 Gbps, come requisito di massimizzazione per il player unico.

È bene notare che il testo dell’emendamento all’art. 23-bis del decreto fiscale (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria”), insieme all’iniziativa coercitiva consentita all’Agcom, prevede un’ipotesi di integrazione volontaria dei beni di accesso alla rete. Ciò significa che lo Stato non può far altro che invogliare le due parti a unire le reti ma non può costringere nessuno.